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Full text of "Storia del Basso Impero da Costantino il Grande fino alla presa di Costantinopoli fatta da Maometto secondo del sig. LeBeau Tomo 15, parte 1"

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BASSO IMPERO 


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OMO XV. PARTE 1. 



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Ajidrorico. ,,, 

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I .*■*'''•*' ■ <1 . ' ' ' ^ 

/ Catalani si ritirano a Cristopoli, Mòrte, 
di Bercngero^ Tirannia di Rocafort. Congìtt- 
re, tradimenti. Incendio di Costantinopoli, 
Arrogante condotta di Rocafort. ^ Vendetta 
crudele esercitata contro di lui. Suo termina. 
Assedio e presa di Rodi, Nuovi tentativi dei 
Catalani. S' impadroniscono dell* Attica^ e vi 
fermano stanza. Disgrazia e ritirata di Ata- 
nasio, Elezione di Nifene. deposto. Pro- 
getti dei pretendenti all' impero. Vittoria dei 
Turchi, Sono in seguilo assaliti e sconfini. 
Elezione di un nuovo patriarca. Morte d* .re- 


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4 

ne. Ella lascia immense ricchezze. Tmpie^ 
go che ne vien fatto. Del giovine Andro- 
nico, Rinunzia di Glicis, Morte di Michele. 
Andronico vuol diseredare il nipote. Impru- 
denza di tale condotta. Misure cui prendono 
il giovine Andronico e Cantacuzeno per la 
loro sicurezza. È determinata la perdita del 
giovine Andronico. Condotta e fuga di que- 
sto principe. Prima guerra civile tra i due 
A ndronici. Condotta rispettosa del giovane 
A ndronico riguardo a suo avo. Tratto di pa- 
ce, che in breve è rotto. Seconda guerra ci- 
vile, La pace è di nuovo ristabilita tra i due 
Androràci. Guerra contro i Bulgari. Elezione 
d' un patriarca. Maritaggio del giovine An- 
dronico. Ribellione di Giovanni. Conquiste di 
Olman^ e morte di lui. Progetto diuna crociata. 
Ribellione di Candia. Ingiustizia del vecchio 
Andronico verso suo nipote. Egli drizza con- 
tro lui una nuova accusa. Terza guerra civi- 
le. IL giovane Andronico si rende padrone di 
Tessalonica e di Costantinopoli. Trattamento 
fatto al vecchio Andronico» Esame di due 
storici che differiscono nel loco racconto. Con- 
dotta del giovane Andronico padrone del- 
V impero. Guerra contro Orcano. Riforma del- 
la giustizia. Resa dell’ isola di Scio. Scon- 
fitta dei Turchi. Malattia di Andronico. Suo 
ristabilimento. Pratiche di Sirgiana. Il vec- 


5 

ehm Andronico si fa. monaco. Guerra contro 
ì Turchi. }*roces$o di Sirgiana. Sua fuga, e 
morte. Morte dei vecchio Andronico., liitratto 
di lui. Guerra col re dei Bulgari. Elezione 
di Giovanni Calecas per patriarca.- Progetti 
4.** della riunione; 2." d* una. crociata; tutti 
e due senza effetto. Sottomessione di Lesbo. 
Conquista dell* Aearnania. Andronico nia~ 
rita sua figlia a Michele ^Asan. Deputazione 
al papa senza resultato. Ribellione nell* Acar» 
nania, ed è soffocata. Raggiri e viste ambi- 
ziose di Apocauso. Del monaco Bariamo. Ma- 
lattia del giovane Andronico. Sua morte. 
Giudizio su tal principe.^ 

La condotta ambiziosa di Rocafort^non era 
acconcia a soffocare il germe delie dissensio- 
ni che cagionarono più male ai- Catalani che 
tutte le forze dei Greci ed ì -tradimenti onde 
erano stati vittime le tante volte. ( ao. -i20b. ) 
Ferdinando lo avrebbe potuto smascherare 
Unendosi co’ suoi dne rivali. L’ avarizia di 
questo principe era un mezzo di unire i dif> 
ferenti partiti, di confonderli , e di non farne 
che un invincibile corpo. Con maggiore ge- 
nerosità e attaccamento alla causa^ Rocafort 
avrebbe approfittato di tale occasione , ed ì 
Catalani avrebbero conquistato facilmente lo 


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6 AirDBOIIICO 11. PAIBOIOOO. 

impero. Avevurif* Irtimeiite esauslo il paese « 
che non presentava che un deserto e rovine in 
una gran distanza da Gallipoli. La Tracia non 
offeriva più loro alcan mezzo, ed i coltivatori, 
stanchi di iseminare la terra per {stranieri , 
dopb averla lasciata incolta , si erano ritirati 
da quei distretto; I Catalani si vedevano nella 
tieeessitò di andar a cercare un’ altra contra> 
da; ma ^er 'determinarsi intorno alla scelta ed 
ai< mozzi di esecuzione, uopo era adoperare di 
concerto , e la discordia regnava tra i soldati 
come tra i duci. Malgrado i ginsti motivi di 
scontentamento che aveva contro V esercito, il 
principe Ferdinando offerse la sna mediazione 
per conciliare gii animi. Le sue cure non fu> 
roiio inutili. Mossi dal suo zelo e dalle sue 
rimostranze si uniscono i principali ufìzinli; e 
in una numerosa assemblea , stabiliscono la 
città dove fermar dimora, la strada da percor> 
rere , ed il giorno della' partenza. Fu scelta 
Cristopolì , (I) città che per la sua situazione 
accoppiava tutti {“vantaggi cercati dai Catala- 
ni. Posta sulla frontiera tra la Tracia e la Ma- 
cedonia offriva ad essi i mezzi di fare, secondo 
j loro bisogni , delle scorrerie in quelle due 
prpvincie, e la sua vicinanza al mare agevola- 
va I’ arrivo dei soccorsi dalla parte d’ occi- 

V 

Al presente Emboli. 


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trino CT. 7 

<3enle. Imitando i conquistatori che distruggo- 
no ciò che non possono conservare. « smantel- 
larono le fortiGcazioni di Redesta , di Madito , 
di Selimbria, di Nona, di Pactia, di Essamiies, 
Megarix e di Gallipoli. Contribairono cosi 
da lunge alla caduta dell’ impero favoreggian- 
do la invasione dei Turchi. Raimondo Munta- 
ner , che di governatore di Gallipoli fu fatto 
governatore generale dell' esercito, fece imbar- 
care sii trentosei galere le famiglie e gli effet- 
ti dei Calalaoi, e condusse il convoglio a Cri- 
slopoii. Onde allontanare ogni occasione de 
contesa , i generali dei due partiti misero tra 
loro nella marcia un giorno d’ intervallo. Ro- 
cafort entrò il primo in cammino., Ferdinando, 
Bereugero e Xiraenes gli tenner o dietro. Mal- 
grado la saggezza di tali precauzioni , non si 
evitò quanto si era temuto. A dne giornate 
da Crislopoli, Rocafort e la sua truppa fecere 
alto in un villaggio, nel mezzo di una pianura 
fertile coperta d’alberi fruttiferi. I soldati, 
sendosl dispersi da tutte le parti , non si tro- 
varono raccolti nel giorno susseguente all’ ora 
delia partenza , che fu differita. Al momento 
in che si era per effettoarU , le truppe con- 
dotte da Berengero , il quale per sottrarsi al 
caldo si erano poste in via alla punta del 
giorno , apparvero in faccia a quelle del suo 
competitore. Rocafort, che piobabilmeulo cer- 


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% ANDRdNiCO IT. PALBÓlOGO. 

cAva l’occasione di contentare ii sau odio, finse 
di credere che Berengero, violando le conveo- 
zioui, divisasse di assalirlo. Invece di chiedere 
ona spiegazione che Io avrebbe sgannato , si 
avventa alla guida della sua cavalleria sui sol- 
dati dei rivale, che vigorosamente si difendono. 
Berengero comparisce , e grida che depongano 
d’ armi. Ma <1 fratello di Rocafort ed un suo 
parente , di nome Dalman de-Saint-Martin « 
piombano sul guerriero e lo uccidono. Allora 
«i appicca una zufla ostinata. Gli Aragonesi 
furono malconci, pui.-}^:- la divisione di Koca> 
fori era più numerosa. Questi ,* temendo per 
r infante^ la cui morte sarebbe stata vendicata, 
fece terminare la carnifìcioa e ritirar le sue 
truppe. L’ Infanto sopraggiunge, strigue tra le 
sue braccia BerengePo , lo inonda delle sue 
liigrimc , drizza rimproveri amari a Rocafort, 
■il quale risponde che tal disgrazia derivava da 
errore. Furoii resi gli ultimi doveri al guer- 
riero , il cui destino era di perdere tra i suoi 
una vita che il tradimento avea rispettata. Xt- 
inenes d' Àrenos , malgrado le preghiere di 
Ferdinando risolse di separarsi dai Catalani , 
ben degno di scusa questa volta di fermare tal 
progetU) , che dall’ esempio di Berengero era 
giustificato a bastauza. Egli prende la via di 
Costantinopoli dopo aver fatto offrire i suoi 
servigi air imperatore che gli aveva accettati. 


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1 1 B E O GV. ^9 

Questo principe gli fece una onesta accoglien- 
za , e per affezionarselo gli ^ diede in moglie 
Teodora sua nipote, e la dignità di gran. duca 
cui Ruggero Deflor area posseduto, e die non 
io area preservato da uua sorte crudele, h* in- 
fante , avendo uu’ altra volta intimato inutil- 
mente air esercito di riconoscerlo per Idogo- 
tenente di Federico , s’ imbarcò sulle galere 
per l’isola di Taso , dove rinvenne Muntaner 
che non lo precedeva che di alcuni istanti. La 
relazione di ciò eh’ era avvenuto, durante V as- 
senza di quest’ ultimo , gli cagionò sdegno e 
rammarico. Riconobbe Ferdinando a luogote- 
nente del re di Sicilia, e ubbidì all’ordine 
che il principe gli diede di non separarsi da 
lui. Ottenuta la permissione di' andar a con- 
durre ai Catalani i loro figli e le mogli , si 
appressò al campo, riconsegnò i registri, i ti- 
toli ed il suggello dell’ esercito , e resistè alle 
vive istanze che i suoi compatribtti e lo stes- 
so Ruggero gli fecero di rimanere , con essi. 
Biasimò altamente la condotta eh’ era stata 
' osservata , e salpò 'affermando che reputava 
suo doverle il raggiungere il principe. 1 Ca- 
talani, cui ricondotti aveva al campo , si divi- 
sero in tre drappelli ; uno de’ quali andò a 
vagginngnere Ferdinando Xiinenes ; un altro 
UDÌ alte truppe di Rocafort, ed il terzo, che 
Oli volata stare allo stipendio di nessuno dei 

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j|0 ÀNDHOmCO li. PAXEOIOGO. 

passò nell’ iaola di Negroponti. Muntaner 
si trattenne per alcun tempo nell’ isola di Ta- 
so con Ferdinando. Vi furon 'essi ricevuti da 
Ticino Giacheria, che dimostrò la sua ricono- 
scenza al governatore di G^tllipoli, a cui dove- 
va la sua fortuna ed il possedimento della 
■miglior piazza dell’ isola. 

‘Rocafort si trovava senza rivale alla guida 
dei Catalani , di cui polca disporre a suo ta> 
lento , non avendo a render conto e non ri- 
conoscendo nessun potere superiore, al suo. 
L’esercito di lui , tutto composto di soldati 
agguerriti , era d* ottomila uomini. Egli divi- 
sò di andar ad assediare Grislopoli , ma era 
dessa al sicuro dai colpì di mano , ed i Greci 
ne ^avevano poc’anzi aumentato le forlifica- 
ziooi e la guarnigione. Rinunziando al pro> 
getto d’impadronirsi di tal piazza, valica il 
monte Rodope, entra nella Macedonia, e pren- 
de Cassandria, la qnal era l’antica Potidea , 
sitnata in una fertile provìncia , sul lito del 
mare. I Catalani vi presero le stanze d’ inver- 
no. Dal canto loro l’ infante e Muntaner si 
erano recati al porto dì Almiro nel ducalo 
di Alene. Avendo motivi di querela contro gli 
nbltanti, che maltrattate avevano le sue genti, 
il principe dando ascolto più al sno risenti- 
mento che alla sua prudenza , mise a guasto 
il paese, e malgrado le rimostranze del saggio 


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I t t» 1» o cv. \i 

Mantaner , volle sbarcare nell' ìsola Negro- 
ponte e visitare la capitale. Appena entratovi, 
fa arrestato mentre che i vascelli viniziani , 
eh’ erano vicini alla «piaggia, .assaltavano ì suoi 
e se ne impadronivano, ricnesso a.Tibcildo 
di Sipoisy francese inviato^dalla coite di Fi an- 
eia per far partigiani , al duca di Valois , il 
quale hoO rìnunziava ai diritti ohe dati -gli 
avea Caterina di Courtenaj al trono di Costan- 
tinopoli. Tihaldo consegnò Ferdinando al duca 
di Alene. Tibaldo, cercando i mezzi di dispor- 
re i Catalani in favore del suo padrone, inten- 
dendo che uno dei più eiEcaci sarebbe di cat- 
tivarsi Rocafort, sapendo finalmente che questi 
desiderava di aveie in suo potere Munlaner e 
Gomez Palacio , arrestati coll’ infante , parte, 
coi due prigionieri, si reca a Cassaiidria , e li 
consegna a Rocafort. Questi fece decapitare 
all’ istante Gomez senza altra forma di proces- 
so, e perchè sempre era stato favorevole a Be- 
rengero e a Ferdinando Xirnenes. Munlaner 
avrebbe sperimentata la stessa sorte, senza la 
stima e V amore dei soldati cui s’ era sempre 
affezionati. Dopo tale spedizione, Rocafort, ve- 
dendo che le corti di Sicilia e di Aragona 
non lo potevano considerare die per nimico , 
sentì la necessità di avere un appoggio. Ascol- 
tò le proposizioni di Tibalda di Sipois , lo 
acculse come luogotenente generale del conte 


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' ÀNDRÓ^ICO It. FALEÒLOGO. 

di Yalois , e lo fece riconoscere djl suo efier» 
cito , cbe prestò gioramento di fedeltà a quel 
principe. Muntaber 'fu ricondotto in JNegrò- 
ponte. Il duca di Atene gli accordò facilmente 
la permissione di vedere don Ferdinando nella 
sua prigione; ed egli ne approfiUò per ferma- 
re con lui i mezzi di ottenere la libertà. A ri- 
bUicsla del conte di Yalois > il duca di Atene 
mandò r infante al re di Napoli suo cognato. 
Tali aVveuitnenti sQcoeàsero nel corso di qiié- 
St’ anno ai Catalani. L’ ambizione d’ ano dei 
loro capitani li divise, gl’ indebolì , e ne ap- 
parecchiò la ruìna. Prima di proseguire al rac- 
conto di ciò cbe li risguarda, siamo obbligati 
a ripigliare quello della storia di Aiidrunico, 
cui siamo stati forzati d’ interrompere. / 

1 Turchi, devastando le provincie d’ Orien- 
te, impedivano a questo principe di abban- 
donarsi alla predominante sua passione per 
le discussioni religiose. Egli era costretto a ‘ 
pensare a quelli ed a prendere alcuna misura 
per respingerli. Olman s’ impadronì di tutta 
una provincia : Eftso cadde in potere di Sal- 
sa , emir turco ; essa fu saccheggiata: Nicea , 
Pa&a, Tricoccia soggiacquero alta stessa sorte. 

Il tradimento accrebbe i pericoli dell’ impero. ! 
Parecchi ricchi e potenti signori fecero trutta- | 
li u parte, o cogl’ infedeli , o coi principi la- ^ 
tini. Di tal numero erano CoslaDlino Ducas j 


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l I B B o icV. ^3 

Libadero , e Giovanni Monoiuacd' , gove/na(oi‘e 
di Ttissalonica, che muntenevano corrisponden- 
za col duca di Vatoìs. Uno dei generi deli* im- 
peratore, gran primicerio , di nome Cassiano , 
volle trar prohlto da tali circostanze per reik- 
dersi iudependente. Ricertito 1* ordine di ri- 
tornare da Mesotioia per discol pàrsi d- un suo 
delitto, ricQsò di ubbidire » si lifoggì a Ch'eia, 
piazza foitihcata io un' isola all’ ingresso, del 
Bosioro , e risolse di maatenervisi. Ma alcuni 
abitanti dell' isola il presero , e menarono' ai- 
r imperatore, che lo mandò nella prigione che 
Golunizo aveva occupata , perchè Cassiano' mi- 
nacciata aveva la corte di vendicarsi come quel 
ribelle. Un oscuro ventnriere, di nome Dtiiii.s, 
spacciandosi della famiglia dei Lascari, sì fece 
nel medesimo tempo un partito, cospirò, trat- 
tò coi Catalani. Essendone state intercelte le 
lettere , fu dannato a perpetua prigione. Tali 
congiure e tradimenti inspiravano timore e 
diffidenza all' imperatore. Un accidente vi mise 
il colmo , e fu r incendio di Costantinopoli. U 
fuoco s’ apprese vicino alla porta del Ciuegio , 
nel più bel rione della città, nel giorno d’ nna 
solennità religiosa. L' intollerante Atanasio rim- 
proverava sempre, e sovente minacciava il po- 
polo dalla sua cattedra; e talora vi accoppiava 
alcun castigo. Manifestatosi il fuoco 1» sera 
dopo una ptocessiuue, gli abitanti lo ricbtese- 


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■14 ATrt)ftoici<io n. pai^koioóo. 

To s' t^ra ^quellc^ii frutto Uelle sue iitaoie. Il 
patriarca rispose ascrivenido la disgrazia ai lo- 
ro peccati. 1 più belli albetrgbi divennero pre- 
da delle fìamme ,■ o del saccheggio da esse 
favorito. Essendo rimasi inceneriti un gran 
numero di,. atti e documenti, molti debito- 
ri , negarono i loro debiti. Quindi contesta- 
zioni e liti non poche. L’ imperatore stabilì 
per giudice Atanasio dei qual sempre egaal- 
luente si fìdava. Gii sacrificò il patriarca di 
Alessandrin , che si teneva sempre lontano da 
quello di Gustanlinopoli. Questo prelato rice- 
-vette ordine di tprnare alla sua diocesi. Egli 
ubbidì senza rrpugnnnza, s’ imbarcò, ma con* 
trariato dai venti fu costretto a metter pie’ a 
te;*ra nell’ isola di Negruponle. Essendo in un 
albergo a Gulea, città popolata di Latini sareb- 
be .stato bruciato come eretico, se un proprie- 
tario non avesse rimostrato ai suoi compatriolti 
che gli Alessandrini potrebbero vendicare la 
morte del loro vescovo. Gli fu fatto grazia 
della vita a condizione , che senza por tempo 
io mezzo ascisse dell’ isola. Mentre si recava 
alla sua diocesi , Atanasio s’ impadronì de’ di 
lui beni. Questi profittò del favore di Andro- 
nico per . perseguitare gli ecclesiastici senza 
<iistinzioj»e, spoglitnulo gli ani do’ loro impie- 
Aggravando gli altri di penitenze , cagio- 
nando in lutto il clero disordine e tmbaineu- 


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L 1 B n o CT. ^ 

,lo. Questo 9 » raccolse per far delle rispettose 
rimostranze ; esse tornarono inutili ; e I’ iw»pe- 
' ratore non mostrara che maggiore 08 serv«nzn 
al fanatico Atanasio , cui tenera in conto di 
santo protetto dal cielo. Un trattalo", comunque 
puerile in sè stesso , merita di essere riferito 
per dare una idea dell* inesprimihilei acceca- 
mento di Andronico. Un Armeno, abbandonala 
hi chiesa romana per abbracciare il rito* greco, 
ricevette rimproveri per la sua apostasia. Mi- 
nacciava i suoi compalrìolli dello/, sdegim di 
Atanasio. Uno di essi parla dei palria»ca con 
disprezzo ^ e mentre si ritirava ^si «torpja il 
piede. Andronico in quell’ accidente .scorge un 
miracolo, convoca iin* assemblea numerosa, vi 
fa trasportare il ferito , lo mostra come^un e- 
serapio della protezione che il cielo accoj^dava 
visibilmente al patriarca. Egli prese pre- 
ponderanza sull’ imperatore, che quest/ .u,iente 
faceva senza consultarlo, passando interi gior- 
ni a pregare eoo lui , e colmandolo di pre» 
sesti. 

Roenfort, la cui audacia e V ambizione cre- 
scevano coi lieti snccesui , e colla impunita, 
- difBenticBVftsi che non comandava a schiavi , 
ma a soldati. ( ao. -1309. ) Egli diveniva di 
gi'''flrno in giorno più orgoglioso ; aveva verso 
cU nffiziali un’ alterigia nmiliantp; nell’ eccesso 
■cRa sua superbia non riguardava nemmeno a 



16 AWDBOmcO li. PALCOLOGO. 

Tibaldo de Stpoiò, quautunque io avesse fatto 
iricotiuscere per laogotenente di Carlo di Va- 
lois. Volendo scuotere un giogo che loro sem- 
brava intoppo rtevole, gli ufiìsinli s’ indrizzaro- 
DO a Tibaldo per pregarlo di liberarli dalla 
tirannia di Rocafort. Tibaldoy temendo che ciò 
non fosse un lacciuolo che gli tendesse Roca- 
fort I rispose con prudenza e in maniera di 
non armarselo contro ; poi fece al generale » 
con tutti i convenienti riguardi y delle rimo- 
stranze sulla durezza della sua condotta verso 
gli uibziali del suo esercito. Ma Rocafort le 
ricevette con asprezza , facendo intendere a 
Sipois, che gli era debitore del grado che oc- 
cupava alla testa de 'Catalani , e ch’era sem- 
pre da lui dipendente. Tibaldo sdegnato risol- 
se di vendicarsi. Aspettò I' arrivo di suo figlio, 
'che doveva essere partito da Venezia per con- 
durgli sei galere. Nou sì tosto queste furono 
nel porto , eh’ egli si concerta coi nimici di 
Rocafort , e convoca il consiglio , annunziaedo 
che aveva da comunicare un affare importante, 
e che non ammetteva indugi. Rocafort vi si 
reca senza ver un sospetto e nella piu grande 
sicurezza. Egli è appena entralo, che ole moU - 
ti rimproveri. Da uomo avvezzo a farsi ubbi- 
dire, risponde con audacia, frammischiando (e 
minacce alle ingiurie. Tutto il consiglio si al- 
za spoataueataenU) e forma uti circolo intoruo 


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t I u à o cv. 

* a‘1aì. Sassegaita all’ audacia il timore; egli 
àmmatisce a quel movicnento. Viene invilup- 
pato e preso con suo fratello ; entrambi ^oo 
dati in potere a Sipois « che li fece condurre 
sulle sue 'galere. 1 soldati si'unisconoy si reca- 
no air alloggio del loro generale , e ne sac- 
cheggiano i tesori. Ma nel giorno susseguente, 
udendo che Tibaldo era partito cV suoi va- 
scelli, cooducendo seco lui il loro generale, si 
rimproverano la loro condotta, assalgono quel- 
li che avevano msggiortncote contribuito alla 
mina di Rocafiart, e si battono contro di essi. 

Il sangue scorre, quattordici dei principali 
uffiziali sono uccisi, e T esercito dei Catalani 
non presenta più che una truppa disunita , & 
perciò anche facile da viocersi , e che non è 
più da temersi. Sipois 'consegna Kocafurt a ^ 
Roberto, re di Napoli, che fece mettere i due 
fratelli in Una prigione nella città di Aversa , 
con ordine di lasciarveli morir di fame. 11 
conte di Valois aveva poc’ anzi ceduto^ i suoi 
'diritti a Filippo , principe di, Taranto , figlio 
di Carlo II, re di Sicilia , che' doveva sposare 
sua figlia. La morte recente di Caterina - di 
Courtenay rendeva que* diritti ancóra più iìi- 
certi che non lo erano. Tale circostanza spie- 
ga la condotta di Tibaldo di Sipois. 

I cavalieri spedai ieri dell* ordine dì a. Gio- 
Vimni di Gerasalcmme , cercando un asilo do- 


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A5DB05IC0 If. PAIEOIOGTK 
po la presa di Toleinaldu l’atta dal soldano eli 
JBgiltu, lo trovarono primieramente nella isola 
di Cipro; ma alcnni contrasti col sovrano del> 
J’ isola che si opponeva alle loro operazioni li 
«leterminarono a inalar residènza. L* isola di 
B.odi conveniva ad essi. 1 Greci ed i Tarchi 
la ocuapavano^ e siccome apparteneva ai pri- 
vai, i secondi pagavano an tributo all* impera- 
tore di Costantinopoli ; ma erano più padroni 
deir isola òhe gli altri. I cavalieri non essen- 
do potenti abbastanza per conquistar T isola , 
ricorsero ad^ alcune potenze europee. Il loro 
^raii maestro , Fulco di Villaret , si recò a 
Poitiers , dov' erano allora Filippo il Bello e 
Clemente V, uniti per consumare la ruina dei 
tempieri. Conoscer lece ai due sovrani la im> 
portanza dell’ isola di Rodi per secondare i 
progetti de’ crociali , proteggerne le Gotte , e 
nuocere ai Saraciui ed ai Turchi. Il papa ed 
il re di/Fvancia accolsero tale idea , incorag- 
giarono VilUrel, che ricevette dal sommo pon- 
tcGce 'novantamila fìorini , coi quali armò al> 
cuni vascelli, e fece leva di truppe. Molli cro- 
ciali^ si raccolsero sotto le sue insegne. I Mu> 
sulmani ed i Greci vivevano in una profonda 
bicurez^a , credendo che non si trattasse che 
del luoghi santi, [ quando la Gotta sbarca all’ im- 
provviso nell’ isola, e Villaret assedia la capi- 
tale. Con uegozidzioui presso ÀndrouieO) I’ Or- 


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fc I 8 B O )CY- 

din<* soUecltava in ^pari tempo la cessione del- 
J’ isola , profferendo di tenerla sotto fede e 
omaggio , e di aver trecento cavalieri sempre 
|jr«>nti a marciare contro gl*, infedeli. Anziché 
dare . ascolto a tali proposizióni, il principe, 
per coi Rodi non era che un possesso oneroso, 
fece molti sacrifizi per s, occorrere agli abitanti^ 
e mandò ad essi truppe che da Villaret furo^ 
no vinte dopo on sangainoso, coinbatlimento. 
Questa vittoria apri le porte della città , che 
8Ì arrese nel giorno l5 agosto 131^0. La con- 
quista di quest’isola si trasse dietro quella 
dell’ isole vicine, e d’ una , unione df cavalie- 
ri formò una potenza , la cùii forza influì più 
volte negli affafi dell’Europa. Alla concitò da 
principio r odio de’ Greci, qqello de’Musjjlma- 
ni, e la gelosia della repubblica di Genova. 
Ella si era vedalo rapire ^due volte Rodi da 
Vatace e Michele ^Paleolpgo; naa perdendojtfe il 
possesso, aveva conservato le sue pretensioni 
sull’ isola. Non ravvisò dunque ne’ cavalieri che 
usurpatori. Un motivo particolare la inaspriva 
contro di essi. Genova cqotrabjaaiidl, ed 

in certe occasioni non riconosceva amici , 
nè alleati, inalberando la bandiera dei TTurchi 
per combattere i cristiani, vendendo ài Musul- 
maoi le donne ed i garzoni che i suoi vascelli 
prendevano sulle spiagge di Europa , compor- 
tandosi, a dir curio, come una società dì pira- 


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20 A5DB0iriC0 IJ. PALB01.0O0. 

ti che 8Ì fa giucco del diritto delle genti. Un 
Tascello genovese era stato preso dai cavalieri, 
i quali ricusarono di restituirlo. La repubbli- 
ca, per vendicarsi , suscitò i Torchi contro di 
loro.'Otman andò ad* assediare Rodi, che fa 
difesa con tal valore, che gli assediatori uoo 
ebbero altro partito da prendere che di rim- 
barcarsi vergognosamente. 

I CaUilani, privali dei loro generali e dei 
principali uiRziali, erano abbandonati a se stes- 
si. Conobbero finalmente , che la discordia gli 
avrebbe coodotti a certa e pronta rovina. Si 
riunirono, e convennero di eleggere quattro 
cavalieri per comandarli e dirigere le militari 
operazioni sotto -gli ordini del consiglio dei 
dodici. Continuavano a soggiornare in Cassan- 
dria, non avendo nessun progetto , quando vi- 
dero 'arrivare Ruggero Deslon, cavaliere di Ros- 
'^igliooe, accopipagnato da parecchi inviati che 
ad essi deputava Gualtiero di Brienne , duca 
di Atene. Erano incaricati di propor loro di 
passare agli stipendi cK qnel principe, per ri- 
trarne tutti i Vantaggi che Andronico aveva ad 
essi promesso, una paga' più generosa, e anti- 
cipata di sei mesi. La loro distanza dagli stati 
del duca, dai quali erano separati per una 
vasta estensione di paese , per monti e 6umi , 
li metteva nella impossibilità di contrarre i 
proposti impegni; ma accettarono tutte le of- 


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t I B B O CV. , 21 

■f<*rle coo^lizloni , «opponendo di rinvenire i 
mezzi di recarsi iu À^uc. Essendo Cassandria 
so breve estenuata, si videro i Catalani forzati 
a pensare ai mezzi di uscirne. Tessalonica. 
tentava colla sua posizione ,e col suo vigore : 
era dessa il soggiorno delle, due imperatrici , 
che vi aveano depositato i lóro tesori. I Cata- 
lani risolsero di farne la conquista ; ma non, 
essendo stato tenuto secreto tale divisamenlo , 
)* imperatore fece forticare Tessalonica; vi rac^. 
colse troppe e provvisioni , costruì un muro 
che impediva I* entrare nella Tracia. Sfccome i 
Catalani, quando si presentarono, erano aspet- 
tati, furono respinti. Essi , trovando ‘^chiusi i 
passaggi, traversarono la Macedonia^ e, presero, 
le stanze d* inverno in Tessaglia, nella valle 'di 
Ternpe. In primavera «'internarono nella pio-^ 
vincia ( aii.13^1. ) Giovanni Angelo Dntas ,, 
genero deH' imperatore Andronico, quantunque 
inimica tu con questo principe, non vide senza' 
inquietudine i Catalani nel mezzo dei suoi stati. 
Essendo incerto il successo delle armi eoo un 
esercito agguerrito che niente aveva da per- 
dere, ricorse alle negoziazioni, e fece offrire a^ 
quegli ospiti pericolosi denaro, provVissioni e 
guide per condurli negli stati del doca di A- 
tene. Accettarono senza esitare. Non appena 
furono sulle frontiere delTAttira, che Gualtie- 
ro di Brieone mandò loro dei deputati per ri- 





22 ANDRONICO II. PALEOLOGO. 

cbianiBi'U ‘ o>;li impej'iil che ovrvano contratti 
con lui. 1 Catalani li ratiBcarono , e servirono 
sotto gli oi'dini del duca, il quale col loro soc- 
corso ritolse ai suoi vicini trenta città, di cui 
si erano impadroniti in una guerra precederjte, 
Racquistati i suoi antichi dominj,, trattò gli 
alleati con indifferenza, si rifìutò di pagargli y 
e terminò coll’ intimar loro che sgombrasse! o 
il paese. ( an. 'Ì3'I2. ) 1 Catalani, sommamente 
irritati^ prendono parecchie piazze, e mettono 
a contribuzione il distretto in cui sono situate. 
Il’ duca raccoglie le sne truppe, ben superiori 
di numero aì niraici ) la cui armata era com- 
posta di quattromila fanti e tremila cinque- 
cento cavalieri.^ Questa ,afmatella si pose a cam- 
po nel mezzo di una vasta pianura. Aspettan- 
dò Gualtiero di Brienno, trasformano una par- 
te di quella pianura in àna palude fangosa, la 
mercè di numerosi canaletti cui scavarono per 
divertire le ncque di un ruscello e di un acqui- 
dotto. L’ erba era tanto alta che nascondeva il 
lavoro. Gitaltiero arriva colle sue truppe e si 
dispone in battaglia. Sapendo quanto era ter- 
ribile il primo uffror)to dei Catalani , li vuole 
> prevenire , e piombn sopra di essi colla sua 
‘cavalleria. Questa si trova tosto impigliata nel 
fango, fuor di stato di avanzarsi , e rovesciata 
dalla susseguente che è mossa dallo stesso im- 
pulso. Il duca fu ammazzato tra i primi, e U 


f 


' li B a o cr» 23; ' 

sua armata intieramente sconfìtta. I Catalani ^ 
dopo tale TÌttoria / entrarono adccessivainenta 
in Tebe che 'li ricevette, ed in Atene che non 
fece resistenza. Tutte le città e le fortezze invi- 
tarono tale esempio, e, cosi divennero ì Catala- 
ni possessori dell’ Attica.’ Si accorsero che uo- 
po avevano di un copo che li ^reggesse. Due 
cavalieri si erano sottratti alla «morte nell’ ul- 
timo combattimento, ed erafno' Bonifacio di 
Verona , e Ruggero Deslaa , cui Gualtiero di 
Brienne aveva inviati ad essi a Cassandria. Il 
primo era signore dell’ isola di Negroponte, ed 
alleato de’ Viniziani e de'Frandesi che dimo- 
ravano in quell’ isola. Tale circostanza ^ forse 
determinò i Catalani ad eleggere Bonifacio; ma 
egli li ricusò. S’ indirizzarono poi^a Ruggero 
Desiau, che nom durò fatica ad accettare. Git 
fecero sposare la iiedova di TommasU di Suola,, 
signore di parecchie isole situate nei dintorni 
del Peloponneso. , - 

Andronico, cui lo stabilimento de/ Catalani 
nell’ Attica rendeva' sicuro , tornò alle- occupa- 
zioni non mai da lui abbandonate cbea'malin.^ 
cuore e momentaneamente,'' cioè agli atfari del- 
la Chiesa. Si aveva finalmente otteoùto di di- ' 

• « ' 

•gustarlo di Atanasio. Gli storici non si accor- 
dano intorno al motivo della loro inimicizia, gti 
uni attribuendola ad una pitturo fatta saliai 
predella del patriarca , e che rappresentava lo 


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24 àWDBOmCO li. PAIBOLOGO. 

«mperntore con un morso ed una b»'iglia iq , 
bocca, e condotto in paradiso da Atanasio; gii 
nitri all'avarizia del prelato, il quale, malgrar 
do il decreto di Andronico , permetteva ad un 
suo' nffiziale di mettere a' contribuzione quei 
che ricevevano gli ordini sacri. F’orse concor- 
sero Iptladoe le cagioni alla disgrazia del pa- 
triarca. Rincresciuto gli era che gli autori del 
dipinto non fossero stati condannati da Andro- 
nico che ad nna prigione perpetna , in cambio 
della morte cni voleva che soggiacessero. Ri- 
cusato avendo T imperatore di pnnirli più se- 
veramente^ Atanasio si ritirò in un monistero, 
non volendo più esercitare le funzioni patriar- 
J cali. Rimase per due anni vacante la sede di 
Costantinopoli. Stanco dell' umore di Atanasio, 
prese finalmente Andronico il partito di dargli 
un successore, e di raunare un sinodo per far 
procedere alla elezione eh’ ei diresse ■> come 
sempre avea fatto. E da credersi, che il clero, 
se fosse stato libero , avrebbe eletto tuli’ altri 
che Nifone i uomo ignorante che non sapeva 
scrivere , e nè tampoco segnare il suo nome , 

, ma destro negli affari e nel rigiro, d'uo carat- 
tere arrendevole e d' ano spirito disinvolto. 
Egli seppe far fruttare il sao offizlo con un 
talento eguale alla suo avarizia, presiedendo al- 
)' .iranajnls, trazione dei'. conventi, obbligandogli a 
fabbricare onde immergergli in tali spese,.clie 


L I fe (I o cv. 2S 

ei ne potes*^? rìtrar vantaggio. Ero legittimo a» 
suol occhi qui'ìisiasi mezzo di far acquisti , di 
guadagnar denaro. Egli aveva un lusso straor- 
dinario, oscurando T imperatore per la magni- 
ficenza degli equipaggi . la splendidezza degli 
orredi, la profusione della mensa, e la bellezza 
elei cavalli. Non era verisimile che un prelato, 
il quale si comportava in tal guisa, volesse iiu- 
Tiiischiarsi negli affari ecclesiastici; ma fu allri> 
menti, e ciò produsse la sua perdita. Egli non 
ignorava quanto Andronico desiderasse di far 
rientrare nella Chiesa gli Arsenili che n’erano 
disgiunti sin dall’ anno -1264. Nifone propone 
nll' imperatore il proseguimento di tal proget- 
to, che sino allora non era riuscito. Andronico 
vi acconsente sollecito. Era questo un errore , 
mia imprudenza, perchè ad una setta caduta 
in obblio ed avvilita si rendeva tutta l’impor- 
t<iiiza che aveva perduta. Continuando a non 
più occuparsene e a lasciarla nella oscurità , 
rlln era spacciata. Di fatti gli Arseniti , ridotti 
nll’ estrema miseria, eriavano da tutti i lati, 
coperti di cenci, e non inspiravano alcuna pie- 
tà, perchè tollerar non se ue potea la dottrina 
e 11 ’ era crudele il fanatismo. Essi inonteneva- 
1)0 sempre nel loro avviliineuto le stesse pre- 
tensioni. Alla chiamata di Nifone risposero esi- 
gendo condizioni ridicole. Ciò sono la iriislazio- 
ne del corpo di Arsenio nel teaipiò di sauta 
le-Bcau T. Xr, P. I. 2 


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26 AKDRORICO IL PALF.OLOOO. 

S<ifia , la sosptaisiojiti . dot' clei<» per quaranta 
gioiti!; un digiuoo, pubbliche preghiere, una 
onorevole nimaenda. Andronico si dovea ver- 
gogiiHte ili assentire a simili dimande, ma era 
inclinalo agli Arseoiti, e non potendo aspiraro 
ad alcuna maniera di gloria, la riponeva nella 
riurione di que’ settarj. Niente negò, e Nifona 
che non era molestato da scrupoli , accordava . 
quanto si dimandava. Ha luogo la pubblica 
penitenza, si fa la traslazione con gran pompa. 

In nome di Arsenio, e inn^anzi al corpo di esso 
il patriarca dà una soleiiiio assoluzione al po- 
polo. Gli Arseniti risguardavuno tale tiioofo 
come illusorio, se non si mettevano a loro di* 
sposizione latte le cariche importuiitu Andro- 
nico incominciava a .spitzientarsi. Accordò pen- 
sioni ai principati, e non diede ascolto agli 
altri. Questi^ malcontenti , rinnovarono lo sci- 
ama , ed uscirono di Costantinopoli. Per con- 
solarsi di tale resultato, Nifone che si era reso 
più odioso al clero con un passo tanto sconsi- 
gliato che colta sua condotta, si abbandonò di 
nuovo al rigiro. Gol buon successo e culla im- 
punità , crescendo la insaziabile sua avarizia ^ 
fece pubblico mercato degl’ impieghi, e cagio^, 
nò tale scandalo , che fu giuoco forza depoilo 
in un sinodo con una sentenza che fu pronun- 
ziata agli <14 aprile 4 345. Si ritiiò in uo ino- 


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» l B R O CT. 2^ 

raslcro, dopo avere occupato il tròno potriar- 
'cale poco rtiono di quattro anni. 

l ■pretendenti all’ impero greco fecero nel 
corso dell’anno Ì313 dei progetti per ripren- 
derlo e dividerlo, e tali progetti recarono in- • 
quietudine all’ imperatore Andronico. Caterina 
di Valois aveva portalo in dote a Filippo di 
Taranto il titolo d’imperatore di Costantinopoli. / 
Quel trono immaginario era tanto pregiato, che 
il dac« di Borgogna volea sposare a di lei mal- 
grado la principessa Caterina, che gli era stata 
promessa. Non hastarono nè il rifiuto , nè la 
protesta di essa contro un atto coocbinso nella 
sua infanzia , 'liè le istanze di papa Clemetilé 
V. e del re di Francia. Uopo fu compensare 
il duca , e per ottenere eh’ ei desistesse , il 
principe di Taranto fu costretto a consetiilre 
che si dismembrasse il suo futuro impero. Ta- 
le sacrifizio toglieva ogni scusa al duca di Bor- 
gogna; egli cedette. Sì 'fece il matrimonio , e 
nel contratto che fu scritto alla presenza del 
re di F rancia, vt furono stipulate infinite clan- 
sole, tutte relative ai diritti provenienti ai 
casi di fortuna che si prevedevano; ma si tra- 
scurò il principale, comunque il più probabi- 
le. Questo era «I non possedere l’ impero che 
veniva diviso , e la ìnsutficienza o piuttosto la 
nullità dei dei mezzi necessari ripigliarlo. Fi- 
lippo non 'aveva che daetuìla cavalièri e quat^ 


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^8 • AWDnoSfCO If. PAlEOLOnO. 

Iromìla fanti. Pupa Gietnenle ^ anima pro- 
getto, concesse aicane indulgenze a tale arma- 
ta , e fulminò contro Andronico una scomuni- 
ca. Il re di Francia, Filippo il Bello , cui il 
triste eifetto delle precedenti crociate non ave- 
va disgustato dì spedizioni tanto arrischiate a 
lontane, promise a sno nipote nomini, denaro, 
a la saa intercessione presso a suo genero £- 
duardo, re d’ Inghilterra, per ottenere soccor- 
si. Egli sperava che la ripresa di Costantino- 
poli agevolerebbe ranella della Palestina; ma il 
re mori nel 1314; e tulli que’ progetti rima- 
sero senza esecuzione. Siccome uvevan essi fat- 
to un gran rumore, Aodronico- non era senza 
inquietezza. 

1 Turchi, di cui si dimenticava, erano nn 
nimico più da temersi per I’ impero greco che 
il papa, il principe di Taranto ed ì re di Eu- 
ropa. Dopo essersi divisi dai Catalani , cui ri- 
cusarono di ‘ seguire nell* Attica , risolsero «li 
non ripatriare. Andronico volle render facile ad 
ospiti tanto incomodi la uscita dai suoi stati. 
Convenne con essi di provvederli dì viveri e di 
vascelli se consentivano ad astenersi dal sac- 
cheggio. Per proteggerne la ritirata , lì fece 
scortare dallo strato pedarco Seniiacherira , cha 
capitanava un corpo di tremila uomini. 1 Tur- 
chi, arrivati a Gallipoli , erano pronti ad im- 
barcarsi, quando questo uBziale s* avvisò che 


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i ! B R O CV. 

lórnereLlxe a vergogna il Ia<?ciar cosi partire 
dei liarbari carchi delle apoglie del suoi com- 
patriotti. Risolse adunque di scannarli di notte. 
Tale progetto non si poteva effettuare senza 
premier misure che inspiravano una difhilenza 
confeimata da indiscretatza. 1 Turchi stettero 
all' erta, occuparono una fortezza, o vi si trin- 
cerarono, determinati a difendersi 6no agliai- 
timi e^t^erai. Sennacherim mandò ad Androni- 
co il ragguaglio della situcyi^iooe in che si era 
posto, e a dimandare i suoi ordini. L’ impera- 
tore, che lo avrebbe lodato, se fosse venuto a 
capo della sua impresa, non diede nessuna ri- 
sposta, riservandoci a dichiarnr^i dopo il fatto. 
Durante colesti ritardi, i Turchi chiamarono . i 
loro compatì iotti c in breve si trovarono in 
tal numero da poter far fronte ai Greci, e ten- 
tare senza imprudenza la sorte dei combatti'* 
nienti. Michele riceve T ordine di suo pa<lre 
(li .ammassare un’ armata, e scacciare i Turchi. 
Onesta armala più numerosa che forinidobile, 
ria formata d’ una moltitudine d’individui stra- 
nieri allo fatiche della guerra. Essa nvanza 
senza precauzione, è battuta ai primo assalto, 
e non si salva che con una fuga pronta e ver- 
gognoso. L’ imperatore Michele sarebbe stato 
preso, se gli nfìziali della sua guardia non si 
avessero lo'JC'aii nccidere per salvai lo. Egli riv 
parò in Andrinopoli. I Turchi s’ impndrooiro- 

2 * 


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^ ÀS'nftOTIICO n. fAlfiOlOOO. 
no de* suoi p<[uipnp{:»i, de’ tesori , 6 delle 
corona imperiale. Gbales, loro capitano, se !’«- 
dagiò stiila testa con derisione , insultando al 
principe, cnì perteneva. Desolò il paese, e ri« 
mase padrone della Tracia. Costantinopoli er.» 
attonita, e 1* imperatore non sapeva a qual par- 
tito appigliarsi, quando un signore dì nome 
Filès, si presentò a lui, offerendosi di marcia- 
re conira i Turchi e discacciarli. Filès, parente 
di Palenlogo, vivevi nel ritiro, e menava una vita 
contemphttlva .Andronico ne accetta le offerto, ben 
persuaso cb’ei sia inviato dal cielo, q lo lascia pa- 
drone di formare la truppa che giudica necessaria, 
e di prendere le disposizioni che gli sembrano 
le più favorevoli ai suoi disegni. Filès sceglie 
i suoi Soldati , lì disciplina , gli addestra allo 
mosse, ed arriva a inspirare in essi confidenza. 
Quando so^ a bastanza esseroitati, li inette iu 
campagna, e marcia incontro a Chales, che ri- 
tornava carco di bottino. Lo assale , compiu- 
tamente lo «configge dopo uua vigorosissima 
resistenza, e Io incalza nel Cbersoneso di Tra- 
cia. I Turchi non ne potevano uscire che im- 
barcandosi, e l'Etlesponto era coperto di va- 
scelli greci e genovesi. Won ebbero altro scam- 
po che quello di chiudersi in una citlà forti- 
ficata , c ivi difendersi. Filès , ricevuti alcuni 
riuforzi, ve li assedia. I Turchi fecero due sor- ;] 


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t T 8 R O CV. n i 

tile senza baon successo. Vedendo cader 1« 
mura sotto gli attacchi' dei Greci, prendono il 
partito di fuggire nel più fìtto della notte « 
darsi ai Genovesi. Parecchi s' ingannarono , n 
rifuggirono sui vascelli dei Greci, che li fece- 
ro a pezzi. Gli altri poi furono dai Genovesi 
caricali di catene e veiululi come schiavi. An- 
dronico creò Fllcs protoslratore , e ricompenso 
i suoi compagni d* arme. 

Il trono patriarcale di Costantinopoli era 
sempre vacante. L’ imperatore, stanco di veder- 
lo occupato da preti fanatici o scandalosi, ten- 
ne che sarebbe più fortunato nella sua scelta 
facendo eleggere un laico. Era questa un’ in- 
giuria al clero, ma il clero servilmente ubbi- 
diva all’ imperatore. Il sinodo adunque dietro 
la di lui racconiaitdazinoc , desse Glìcis , so- 
prastante alle poste, ch’era molto stimato, ac- 
coppiando alla intelligenza degli' affari un^ 
specchiata probità, e talenti per la istruzione , 
esprimendosi con facilita e con grazia. Non si 
tosto fu egli eletto, che la moglie sua si riti- 
io in un convento. Egli volea cominciare dal 
farsi monaco, ma siccome sarebbe stato obbli- 
gato ad un’ astinenza contraria alla dilicafezzi 
della sua salute , e dalla quale il pati iarcr.l«i 
non lo dispensava, Andronico si oppose a tal 
disegno. Egli sempre trattò Glicis con grando 
osservanza^ e lo consultò negli aftati. Co’di lui 


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32 INDRONICO 11. PALEOIOGO. 

consigli, e più ancora con quelli «li Toptlorò 
Metochila , gran logolela , governò 1’ impero. 
Questo ultimo godeva di tutta la di lui con- 
fìdeozR, ed era prirtiò ministro e favorito. I 
contemporanei delìnearono di Melocliita il piik 
lusinghiero ritratto, dotandolo di tutti i talen- 
ti, di tulle le qoali*^ , e della più estesa dot- 
trina. IVla se déK^^ore di tali elogi si giudi- 
chi o ddlle opere di iVIetocbita giunte sino a 
noi, o dai progetti od alti della sua ammini- 
strazione, forza è convenire che fu e mediocre 
autore e cattivo ministro. Non pochi errori ne 
comprovano la negligenza e la inefattézza; i quali 
non tolsero che Andronico lo ricolmasse di fa- 
vori e eli onorevoli ulHzj. Gli diede per gene< 
ro Giovanni Palcologo , suo nipote , figlio di 
Costantino Porhrogenilo , cui lasciava nella o- 
scurìlà. ( an. 13t6. ) Questo giovine principe 
ne USCI, mediante la manìa di Andronico pei 
niatrimonj, e probabilmente perchè era allora 
il solo della famiglia imperiale, del quale 1' im- 
peratore potesse disporre. Il favore di Melo- 
,chita rimbalzò sul genero. Giovanni fu fatto 
panipersebaste , e a tale dignità vennero ag- 
giunte nuove prerogative. Ebbe la permissione 
di portare una toga e calzari gialli , e di fre- 
giare d’ un ricamo dello stesso colore la sella 
e le gualdrappe del suo cavallo. Tale circo- 
stanza, di poco rilievo per se stessa^ meritava. 


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l 1 15 R O cv. 33 

01 essere riferita, pcicUÌ'; il color giallo si ri- 
servava ai personaggi del più alto affire, e «ma 
avevano nemmen tulli questi il diritto di por- 
tai lo. 

La imperadrice Irene, separala da Androni- 
<co, siccome abbiamo notato, passava la vita ia 
Tessrtlonica, e si annojava nel mtv.zo della sua, 
corte. ( nn. ^347.) Per distrarsi iacea tVequen- 
ti gite a Drames, città di Tessaglia. In quella 
che vi fece in quest’ anno, fu rapita in pochi 
giorni da una febbre infiammatoria. Siuionida,. 
moglie del cralo di Servia, le fece rendere gli 
ultimi doveri. Ne fu trasportato il corpo in 
Costantinoipoli nel monastero del Pantocralorc. 
Irene non venne compianta. Ella, per la sn<« 
cupidigia smunse il tesoro , non che pel suo 
lusso e per largizioni fatte senza discernimen- 
to. Ebbe ad un tempo due passioni che sem- 
brano incompatibili, ma trovò il mezzo di sod- 
disfarle tuttadue. Era avara e prodiga. Si può 
calcolare quanto questa imperatrice costò allo 
stato, sapendo che, malgrado tante larghezze , 
lasciò i suoi scrigni pieni di così considerabili 
tesori da arricchire i suoi figli, cui 1’ impera- 
tore ne fece distribuire una parte, e da iocoii- 
trare le spese richieste dalia capitale , i cui 
monumenti cadevano in rovina. Con tali som- 
me di danaro furono rialzate le mora di Co- 
stantinopoli^ e riparate le 'chiese. La colonna 


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34 AWDRONICO 11. PALEOtOGO. . . 

di Giastloiaiiu, tlannpggirìtu ptiniitranieole dal 
Latini che nel 1204 ne avevano tolto gli orna- 
menti, e di fresco da ona procella, abbisogna- 
va d’ an pronto riparo, ma dispendioso. Lh rie- i 
chezze d’ Irèue somministrarono il mezzo ili 
farlo. Andronico fece costruire tutto all' intor- 
no lina ac alinata di legno , dalla cui bellezza 
gli storici furnno rapili come dire in estasi , 
senza dubbio per la novità di tal gènere di 
lavoro. Alla colonna era soprapposta una sta- 
tua equestre, che fu resa più solida dopo aver- 
la ristorata. 

-ÉHernpo di parlare del giovine Andronico , 
nipote dell’ imperatore, e quello oh’ egli amò 
più di tutti gli altri suoi figli, ‘éd i! quale ne 
signoreggiava maggiormente 1’ animo. Egh non 
polca fare a meno di contemplarlo e di ammi- 
rarlo , non repotandosi felice che «1 suo lato. 
Questo fanciullo aveva ricevuto dalla natura 
Inttociò che poteva chiarir giusta tjótesla pre- 
dilezione ; ma apparar non potè Va l’arte di re- 
gnare nella famigliarità d' un principe debole, i 
senza carattere , senza sincerità, dato in preda 
a mistiche occupazioni , alle fastidiose dispute 
della teologia. Quando il giovane Andronico 
aggiunse 1’ età, nella quale fanno le passioni 
udire un linguaggio imperióso , prese a noja 
la compagnia del padre, si legò di amicizia con 
giovani e libeilin i cortigiani , e rinvenne prò 

/ 


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\ 


L, I B R 0 CV. 55 

facili esempi da imitare che quelli non fossero 
dell’ imperatore. Piaceri <l’ ogni maniera usar* 
pano tosto lutto il suo tempo. Ei si rosinò. 
Per pagare i suoi debiti, ricorse ai Genovesi 
di Galata, che gli,- prestarono a sV gravoso, in- 
teresse , che i debiti si accrebbero. Si allonta- 
nò dalla corte , vplle. impadronirsi del Pelop- 
ponneso e ^clle isole del mure Egeo , e for- 
marvisi un principato. Ma naufragò nella sua 
impresa. Tale condotta sediziosa terminò di 
alienare da lui T imperatore, il quale si piac- 
que di umiliarlo tostocbè ritornò in Costanti- 
nopoli , invece di ricondurlo al dovere colla 
dolcezza , o contenerlo con una severità snfu- 
tare. Un giorno che il giovine principe lo com- 
pliva, gli cadde la corona di testa al momento 
che s'inchinava dinanzi. Questi esojamò che 
Dìo ^ad evidenza ratifìcava il giudizio eh’ all’a- 
vo egli aveva già pronunziato contro di lui di- 
chiarandolo indegno del trono. Secondo le idee 
dei superstizioso Andronico era un ragionare 
giusto il trarre da quell'accidente un somi-' 
gliante presagio. Ma suo nipoto, colpito da tale 
riflessione, non dubitò piò dell’odio dell’ im- 
peratore. Parecchi esempi, tra gli altri quello 
di Costantino, traltatò da suo. fratello con sì 
crudele ingiustizia, provavano che quell’ odia 
era da temersi quando si dipendeva da Andro- 
oico. Non potendovi far fronte, il giovine priu- 


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36 MICHELE PALEàLOGO. 

cipe tentò di calmarlo. E vi riuscì, scegliemfo 
per far aggradire le sue eomniessioni un per- 
fionaggio che domiiiava sull’ animo dell’ impe- 
ratore ; è per tal mezzo ne ricovrò in parte la 
grazia. . 

Simonid» non era sollecita di abbandonare 
Costantinopoli , dove T aveva condotta il perr- 
^iero di rendere gli ultimi doveri ^ilT ìmpera- 
Irice Irene, sua madre. Venutagli in fastidio la 
^>elvla ed ancor più il marito , ella in segreto 
rftivisava di non ritornare giammai presso a lui. 
Il cralo , stanco de’ di lei ritardi, minacciò !o 
imperatore di venire armata mano a cercarlo. 
Andronico spaventalo da tale minaccia, ordina 
che all’istante parta la figlia. ( an. '13'! 9. ) 
Elia supplica inutilmente un padre in cui it 
timore soverchiava la tenerezza. Non potendo 
superare la sua ripugnanza , Simonida risolse 
di prendere il velo piuttosto che di recarsi in 
JServia. L’ autorità suprema rispettava il chio- 
stro. Simonida , eseguendo il suo progetto in 
Costantinopoli, metteva in comprome.sso il pa- 
dre, iKquale sarebbe sialo considerato dal cra- 
lo per troppo connivente alla figlio. Edla dun- 
que s’ avvisò di dovere attendere T occasione, 
e.'si mise in viaggio. Arrivata a Serres^ s’ in- 
finse indisposta dalla fatica del viaggio, onde 
riposarvi alcuni giorni. La prima notte prese 
gli abiti monastici, e si presentò nel giorno siis- 


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L T S R 0 cv. 37 

sn^iieRtft così vestita agli sguardi di quelli che 
la scortavano. Allo stupore da cui furon presi 
alla vista di tale trasformazione susseguito il 
furore. Si sarebbèro fprse trasportati a qual- 
che estremità, quando il principe Còslantino, 
fratello di Simonida, cb' era in Serres,' Usò deb 
la sua autorità per forzar la sorella a ripigliare 
le prime sue vesti. La consegna poscia ai Ser- 
vj, e gl’ incaricava di condurla al era to'. ' 

La salute del patriarca era tanto alterata , 
cb’ eì non poteva continuare ad esercitare le 
sue f^u^ioui. ( an. 1 320. ) Domandò e ottenne 
da Andronico la permissione di rimettersi. Lo 
imperatore gli assegnò il monastero di Ciriq- 
tissa. La virtò^ la dottrina, la regolare sua con- 
dotta conciliato avevano a Glicis la generale 
estimazione , e rendevano difficile il dargli, nn 
successore. Fu eletto Gerasiuio , sacerdòte e 
monaco, veeebio ignorante e sordo. Andronico 
presiedette, siccome sempre aveva fatto, a tale 
elezione. 

Andronico aveva dato io moglie a suo ni- 
pote la principessa Irene> figlia d’ un dnca di . 
I^runswick, credendo di fargli tenere una con- 
dotta più regolare ad infrenare le passioni. Ma 
il giovane principe continnò a soddisfarle. Egli , 
vedeva sovente una dama di aitò affare i cui 
costumi erano scandalosi. Sospettando ebe gli 
venisse antiposto un rivale , fece investire la 

Le- Beau T. XF, P, /. 3 


“1 


38 ANDRONICO, PAtEOtQOO. 

casa di e«a dalle sue guardie coll’ órdine dFt 
ticcidere colui che si presentasse. Uno stranie- 
ro passando'vicino ed essi , lo trafìssero colle 
loro frecce. Egli era il principe Emi'nanuele, fra- 
tello di Andronico. Fu trasportalo nel suo pa- 
lazzo, dove tosto morì. A tal nuove, .suo padre, 
3’ imperatore Michele , |a cui salute da gran 
tempo' era languente , soggiacque al peso del 
dolore, e non sopravvisse che otto giorni al fì- 
glIoi'Mori nel giorno '12 d’ottobre “1320, non 
avendo che quarantatre anni. Egli era no priu-^ 
cipe mediocre, figlio d’ Un padre ancor più me- 
diocre, e la cui memoria è. atata oscurata dal-r 
3a perfìdia colla quale fece assassinare Rugge- 
xO Deflor, Del resto , siccdm’ egli non aveva 
che il titolo d’imperatore, ed era ciecamente 
sottoposto alla corte di Costantinopoli , niente 
" SI può presumere intorno ai snoi talenti nella 
arte di «regnare, non avendo fatto che nbbidi- 
xe durante la sua vita. 

Il giovane Andronico non vide nella morte 
di suo padre e del principe Emmannele cbe 
un felice avvenimento che lo^ avv icinava al tro- 
no,. Anziché essere afflitto della loro perdita o 
provarne de’ rimorsi, durò -gran fatica a dissi— > 
raulare la sua allegrezza. L’ imperatore j sde- 
{>nato per la insensibilità e le sregolatezze di 
lui, determinò di diseredarlo , e di farne pas- 
sare là corona sopra no altro. Simiglianli pro- 


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t I B a.o' cv. , 39». 

noti rìscn'olòno In- gener»*l(^.' approvazi«>*ie 
su noti se quando , si ierma la scella sopra qhq 
che si nttiri taUi ci suffragi* altrimenti st richia- 
ma rinteresso.sjopra quello che vuoisi escludere, 
o non si fa che accrescere forza ai di lui diritti. 
£ ciò appunto avvenne. imperatore destinò 
la sua successione a. (Michele * C atarro’, bastardo 
figlio del principe Costantino, il quale, sposata 
a suo uialgrado là figlia di Musalone , 'e non 
volendo vivpr con essa > avea per concubifia 
una douna , di nome Cuiarra.. Andronico fece 
venire alla sua corte questo bastardo, innalza- 
re sotto i suoi occhi, e rivestir lo volle della^ 
porpora imperiale. Lo aveva sempre al fianco 
nelle assemblee , nei sinodi , quando riceveva, 
{:;li ambasciatori, nei consigli, finalmente in tut- 
te le cerimonie. Esigeva per Ini tutte le di- 
mostrazioni di rispetto dovuto al legittimo ere- 
de. Michele Catarro niente aveva ehe potesse 
chiarir giusta la sua elezione. D’ ona limitata 
intelligenza, d' un carattere altiero , non aveva 
tanto di buon senso da conoscere che piacere 
almeno doveva al suo benefattore ; sovente gli 
resisteva, e correva pericolo di alienarlo da se 
colle indocili sue maniere. Ma T odio era la 
pHHsionc, coi Andronico meglio amava di sod- 
disfare. iNon solo sopportava i difetti di. Miche- 
|r> pei vendicarsi del nipote, quantunque il ba- 
stardo spiacesse a tutta la famiglia imperiale» 


4fì' . AìH>ROinCO fi. VAICOLOOO. 

ma colmava. d> carezze. Tale' coh^otla rnt- 
trìstava assai il giovane' Andronico , clje sulle 
prime lion T attribuì che ai caprmci d’ no vec- 
chio ma non tardò a concepirne somma ìn- 
qnietadine, quando gli apparve decisa’ la' in- 
tensione di esolnderio dal trono. L'imperatore 
la mostrò' con nn atto di antoritò, che n^n la- 
nciava più nessun dubbio. Micbelè' Paleologo 
aveva fatto- una legge, per . cui tutti i pubbli- 
ci ininistrì militari o civili dovevano, nella mor- 
* # • ' * 
te del principe associato all'impero, prestar 

giuramento a sua moglie, ai suoi figli o nipo- 
ti, e rinnovar qnello che fatto avevano all’ im- 
peratore; Tale formalità doveva essere osserva- 
ta nella morte del principe Michele , e quindi 
il giovane Andronico, suo figlio, ricevè i giu- 
ramenti prescritti. Ma I' iniperatore vietò ai 
suoi sodditi di rendere omaggio ad altri che 
a Ipi solo, e comandò che riconoscessero quel- 
lo cui gli piacesse stabilire par successore. 

La violazione, per parte d’ Andronico , del- 
)e leggi di cui egli stesso si era giovato, ecci- 
tò delle mormòrazioni. Una risoluzione sì ri- 
gorosa verso il suo proprio figlio suppone da 
on iato energia e mezzi , dall’ altro gravi col- 
pe, o piuttosto alcun delitto odioso per cni 
non vi .sia perdono ; e quando si prende tal 
risoluzione , la politica richiede che sia tosto 
Arrestato chi »’ è l’oggetto, al fine di metter- 


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ì ricusare di conformarsi all'ordine di Andro- 
ico, dichiarando che la sua coscienza »i;- f... 


aa laje nUulo ; 

laato piu che osservava non esservene stalo al- 

cuo altro, il giovine Andronico, dal canto ano 
anziché dimostrare alcun timore all’ avo, o la- 
meularsi , conliimava a rendergli delle utleu- 
zioni rispettose. L’ imperatore ne concepì so- 
spetto , non potendo dubitare che ai giovino 
principe non rincrescesse la esclusione ond’ era 
minaccialo, e temendo non si portasse a qual- 
che eccesso. Tenne adunque che fosse pruden- 
te partito il farlo soprav vedere, e avere pres- 
so a se alcuno che gli rendesse conto delle di 
lui azioni. Gettò lo sguardo a tale oggetto so- 
pra Sirgiana , Gglio d’ un signore imparentato 
colia famiglia imperiale. tgU aveva aiuto due 


A 

. « 

u 

' ; 1 



A2 ANnnn7»rcn ii. PAi.noL<?no. 

Volte 1’ amministrazione <V unsi' prov'incla , ed 
era stato due volte deposto suoi arnìiizìosi 
progetti : uomo dotato di gran talenti, e par- 
ticolarmente di quello del raggiro. Sapeva con- 
ciliarsi l’amore del snidate r d*'.' cittadini colle 
sue profusioni. Convinto di volersi fare ìnde- 
pèndente e sovrano nella provincia affidata ul 
suo comando j fu condannato a una perpetua 
prigione. Ma l’ imperatore, assediato da sollc* 
citazìoni, gli rese la liberti, dopo aver ricliie- 
slo da' lui giuramento di fedeltà sopra una 
immagine della Vergine. Egli ricomparve alla 
corte, piacque ai cortigiani, e tosto •’ insinuò 
nella grazia di Andronico , che lo scelse per 
esploratore , e gli diede tutta la sua confiden- 
za. Slrgiano aveva da far la sua fortuna: l’im- 
peralore era vecclno ; pareva che una lunga 
carriera si aprisse pel giovine Andronico. Tali 
sono le circostanze , nelle quali il confidente , 
non consultando che la sua ambizione , le sa- 
ciifìcò il suo dovere, e tradì l’ imperatore. An- 
dò B trovare segretamente il giovine principe , 
e gli fece nota la iriissione oiid’ era incaricato , 
consigliandolo di ritirarsi nella Tracia, di far- 
visi un pallilo, la qual cosa lo scontentameli lo 
degli abitanti renderebbe facile; preferendo fi- 
iinjinentc di dirigerei la esecuzione di tal pro- 
getto, di esserne 1’ nnimu, di consecrai vi la sua 
fuiluna e le sue cure, e non imponendo altiu 


' ■ - t T B'B O ' QV. ' Vv 43 

tondizìone 'fuorché quella d’ occupare egli il 
primo posto nella confVdènza di Andronìcb. Il 
principe lo riograzio, ma volle consultai e-Gio- 
Tanni Gantacuzeno, maggiordomo^, suo amico « 
d»e comandava- nella Tracia , dóve Sirgianó do* 
veva èssergli sostituito. Questi si reca presso 
Gantacuzeno. Entrambi si’ accordano. Il rnSg- 
giordonio è “d^ avviso.'di osservare, di essere ar- 
mati senza parerlo, *di. stare sull’ intesa , e di 
Apparecchiarsi ali' avvenimento. Sirgiano fu ob- 
bligato a cedere , quantunque volesse un par- 
tilo violento o pronto. » 

l)opo avergli rimesso il governo della Tra- 
cia, Gantacuzeno s’avviò verso GostantinopulJ y 
lasciando in Gallipoli la sua famiglia, onda 
riservarsi un pretesto per far viaggi in essa 
città seiiza recare sospetto. Arrivò j>ressu al 
principe al mòraeuto in cui avea questi acqui- 
etato una nuova prava deli’ odio del suo avo. 
INelle Joro precedenti contese avea egli offerta 
all’ imperatore di rientrare nella classe dd cit- 
tadini, onde levargli ogni ombra: raa Andro- 
nico' avea ricusato. Egli, cresciuto'il stio odio,-^. 
ai ìrteorda' dell’' offerta fetta in un momento di 
sdegno, tre anni innanzi ; e deputò ai nipoto 
un senatore per dirgli che accettava la pro- 
posizione da. lui fattagli, come se fosse recen- 
te, promettendogli, amore ed osservanza, vòuie 
al principe cui doveva un giutvro apparlcnei'o 



44 INDROWtCÒ I!. PAlBOtOGO- 

'il trono. An'ironlco rispose cbe ritraltaya on« 
jjroferta fàlt» da si gran tempo’ e. senza- ri- 
flessione’, poiché sarebbe ano scimunito se. ri- 
gettasse una corona che Dio gli aveva destina- 
ta ; che gli si doveva fare il i^rocesso se avea 

" meritato di perderla ; aggiungendo chey relati- 
vaibente alle colpe leggiere che poteva avec 
commesse, supplicava T imperatore di perdo- 
nargliele. Tale risposta non fece che accresce- 
te la collera di Andronico, 'In quella circo- 
stanza arrivò Cantacuzeno. . Ambidpe si accor- 
darono sul partito che'doveano prendere, a 
fermarono di procacciarsi unii piazza forte che 
potesse loro servire di asilo e, di convegno pec 
i loro patteggiatori. Gristopoli , piazza forttfì- 
cala dàlia natura e dall' arte, fu preferita ad ^ 
Atidrinopoli,- troppo vicina alla capitate, e trop- 
po lontana dai mare. Stabijito questo primo 
piìnfo, uopo fu pensare ai mezzi di aumentare 
il pai'titò e di renderlo formidabile. Cantaca- 
zenu si assunse 4ale incarico. In breve guada- 
gnò Alessio Apocauco è Sinadeno. li primo si 
era colle sne pratiche e co’snoi talenti arric- 
cliito nelle finanze rapidamente^ il secondo -era 
protostiàtore, e ritornava allora da un governo | 
che' gli era stato aifìdato. Cutrainbi sì dedi- 
caronu alla causa del giovane Andronico. Can- 
taouzeno gli procurò un polente allealo nel 
craio di Servm. Questi avea maodatu pcessQ 


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‘M cf. ^45 

bU’ imperatore un monaco, di oome Galliaìcd-, 
per reclamare, na • corpo di dnemila Gomani , 
oai il principe riteneva a’ snoi ,atipeiulj oltre 
iti termine convennio. Mon andò guari che il 
monaco 8Ì accorse -della maio intelligenza che 
regnava tra T avo ^ ed il nipote.^c Visitò: in se- 
greto il secondo, e' da tali conferenze resaltò 
ìin trattato tra il oralo ed -H giovine- Androni- 
co. Dipoi si fecero arrolamenti. lo , riguardo 
a Sinadeno , la oni famiglia abitava in Addrt- 
nopoli, si scelse questa. città per convegi^ , e 
si tenne di dover rioanziàre a Gristopoli. 

Durante latte coleste pratiche andava sem- 
pre il principe a complimentare T imperatore, 
che trattavaio con disprezzo alla presenza dei 
senatori , i quali faceva sedere , lasciando, in 
piedi il' nipote. Questi tranghiottiva in stleu- 
aio tali oltraggi. Ma l’ordine che il padre gli 
diede di non più comparirgli innanzi , gli fe- 
ce perdere la pazienza- e inalberare lo sten- 
datdo. Fa Venire Sirgìano a Costantinopoli , .e 
raduna i capi della confederazione per con- 
saltai li intorno alle misure da prendersi. Si- 
nadeno e Sirgiano proposero .mezzi ..violenti ^ 
il primo di. arrestare Androaico^, ed il secon- 
do di sbrigarsi di esso. Gantacuzeno espresse 
la indignazione , a cui lo provocava tale con- 
siglio. Sirgiano, geloso di questo personaggio, 
''he più di lui era innanzi nella grazia deh 

3 * 


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V^B ANDB5MIC0 PALEOLOGO. 

giovine pt'iucipe , replica con jnprczxa e gli 
rinfaccia la intenzione di voler 'sempre far do-' 
minare le sua opinione. • Caiitacuzeno si appli- 
ca a far conoscere la enormità *"del delitto 
che si voleva cumiuetlere y i pericoli ai quali 
sarebbe da esporsi} e rimette in campo la qui- 
sllune che era di salvare'il giovane Andronico, 
e. non di precipitare l’avo dal trono, e meno 
ancora. di privarlo di vita. 11 principe, parlan- 
do alla sua volta, dicliiara che , lunge dal vo- 
ler. niente attentare contro I’ imperatore , si 
offrirebbe ai colpi di lui piuttosto che difen- 
der se stesso, se impossibile gli fosse la fuga : 
esorta i congiurati a non permettere ncssup. 
discorso ingiurioso contro 1’ avo. Si disaminò 
s’ era Decesturio uscire dalla capitale per met-. 
tersi al slearo. Tutti ne convennero ad una* 
voce, ed il principe era pur égli di tale avvi- 
so, quando tatto ad un tratto lo sì vide per'* 
plesso, e coDcbiudeie, eh’ era d’ uopo aspettare 
ancora-, • poiché .Andronico potrebbe mutarsi 
riguardo a lui. Così tornò inutile quella con- 
ferenza. Sirgìano riparti per la Tracia , e 1»? 
cose rimasero nel medesimo stato. Egli veniva 
informato dei pas.si che facevano il gran con- 
nestubile , ed il gran logotcta Metochita , per 
riconciliarlo coll’ avo , e teneva che tali pa«i 
sortir .dovessero un lieto successo , sapendo il- 
favore .di cui godeva Metochita. Di fatti An- 


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i 


■ l I B B o cr. - 4'ì 

r 

ironico , che .lu credeva un grande u>lrologO', 
si rinserrava sovènte e per lungo tratto du/SO' 

10 a solo > con esso per conoscere 1’ avvenire. 
Ma r odio signoreggiava il vecchio , ed il glo 
ville piinoipe si lusiiigavu in, vano., Fu ferma- 
ta la sua perdila. , Andronico decise che fv>sse 
giudicato in u,n' assemblea composta dei ves- 
covi , e delle persone Costituite >n dignità, e 
condannato a perpetua prigionev Tale progetto 
si doveva mandare ad. elfeUo nei primi giorui 
4]i aprile. Ai 5 di esso mese l’imperatore la 
ordinare al nipote di. recarsi immediatamente 
fi palazzo. Il' giovine Andronico ne dimanda ,iL 
motivo al messo> il quale gli dice che sospet- 
ta lo si Voglia sottoporre ad un interrogato- 
rio. Dietro tale, avviso , gli amici cd i parti- 
giani vengono avvertiti.' Gantacuzeuo eia as- 
sente. Il protostratore solo fa vedere^ al princi- 
pe , il quale pareva determinato di ubbidire 
uir ordine poc’anzi ricevuto, fa vedere in qual 
pericolo si trovava , avendo 1’ imperatore per 
giudice e parte. Tali rimostranze sono inter- 
rotte dall’ arrivo di un secondo uHìzIale che 
rinnova l' ordine in termini più pressanti, li 
principe ubbidisce. Sinadeno lo segue sino al 
palazzo. Cantacuzeno , rientrando iiì sua casa , 
e inteso avendo ciò che accadeva, va a tioVaro 

11 protostratore : entrambi raccolgono i loro 
coiihdeuti e gli uflìziali del giovine Androni- 


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-48 ^ AKDRONlCO IT. PALEOLOGO. 

CO ; ciircondtino il palazzo al numero, di tré* 
cento. L* inrperatore , malgrado la- sollecitudi*- 
tiè che ave<fa tisatd , non comparisce , ed il 
giovane 'Andronico, stanco .di aspettare, esce e 
viene ad informarsi delle misure 'prese dai 
suoi amici. Menlrechè le approvava, raccouian'^ 
dandosi al loro .valore^, I* eunuco Gallicrioito 
venne ad avvisarlo eh' era giunlp 1’ imperatore^ 
Aiulronico entrò solo nella sala del consiglio. 
Tra i giudici si osservava il patriarca Gerasi» 

■ rno, Téolelto, vescovo di Filadelfia , Metochita 
e Aciop'olila, aiubidue grandi logoteti, e Nice> 
foro Cjmuo , guardia del Gaoicleo. L’ impe- 
ratore prendendo a parlare accusò-senza pream- 
bolo il nipote d’ essere un uomo duro, mtrat' 
labile , ariogante , che non dava ascolto che 
alle sue - passioni e ricusava di ubbidirgli, il 
giovane principe gli ruppe le parole, pria che 
concliiudesse , domandò rispettosamente di di- 
fendersi, ed il vecchio Andronico non osò im- 
pedirneio. L’ accusalo rammenta i rimproveri 
.che gli erano stati, fatti , e che nient’ altro 
provavano che una grande ieggerezza nella sua 
condotta: corse a cavallo , partite di caccia e 
di allreltanti divertiiuenli , ai quali a torto si 
era abbandonalo , .poi che l’ imperatore biasi* 
mava sì frivoli trattenimenti; ma che noti era- 
no delitti, e ebe da gran pezza aveva cangialo 
di condotta. Andronico furibondo rinfaccia al 


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i 1 B B 0 c¥. Ì9 

nipote di non es3er ‘ cristiano. Quàssia era. e in 
, più grande ingiuria « e I ' accusa più grtìvè. 
Ganlacnzeno e Sinadeno, accortisi -che V impe- 
ratore alzava la vocfy si avanzano per soccor- 
rere al loro'giovane padrone , cui credono in 
pericolo. Il vecchio Andronico , avvertito di 
quel rnovimento, si salva a precipizio nel foir- 
do del suo pglazzó ; consulta' Metochita, e lo 
incarica di andar a trovare il nipote , e dirgli 
eh* eì lo risgnarda sempre come reb , ma > ohe 
si piace di perdonargli a condizióne jshe si 
obbligherà con giuramento a persevdi^are nella 
fede, a non mai congiurare , a rivelare i snoi 
complici; Buatmeiite a non fuggire gliaminai 
da Costantinopoli. Il giovane principe rispose 
dicendo ' eh’ era inutile un giurauienlo , s’ ei, 
siccome veniva accusato, non era cristiano, che 
non era si ricco da formarsi un partito ; che 
i suQt amici non gli avevano mai dato cattivi 
consigli, e che fioalmente, se mai udisse par- 
late (il alcun progetto contro di lui , anziché 
aspettare , prenderebbe prontamente la fuga. 
L’ imperatore che aveva seguito i patti di Me- 
lochtla, e che origliava alta porla , eutra furi- 
liondo , indrizzaudo violenti i iniproveri al di 
lui figlio, il quale si prostrò^ e malgrado al- 
r opposizione di ÀudrCuico , gli baciò i piedi. 
JLra ailura un dovere il rendere il bacio sulla 
faccia. H vecchio iuipeialore non vi si potè 


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60 AhniaoNico n. PAtfeoLoCd. 

rifiutare} e iu creduto o si fece scmbiunte dì 
credere "che i due principi si fosflero riconci- 
ìiati ; ma lì padre voleva Sempre conoscere i 
nomi dei pqrtrgianl di suo (iglio, e questi per- 
sistè nel 6UÒ rifiuto. Il primo prese il par- 
tito di separarlo dal 'suoi più fedeli emici» 
Cantacuzeiio ricevette I’ ordine di andare nel 
Peloponneso in qualità di goveruutore: egli ri- 
cusòj perchè aveva ivi perduto suo padre. Alt- 
iera T imperatore Io mandò in Tessaglia per 
opporci ut progressi dei Catalani } i quali, do- 
po^ che Si erano impadroniti del ducuto di 
Atene , s' ingi audivano a scapito dell’ impero^ 
Avevano di fresco invaso una parte degli siati 
di Giovanni Ducas , despoto e principe di 
.Tessaglia } la cut morte rendeva Andionico 
crede de' suoi domili]. Gantacuzeno non si po^ 
tea sottrarre ad ima missione così ragionevole} 
ma dimandò II denaro , le truppe^ e le prov- 
vigioni necessari. Tutto gli venne ncrordatok 
ISon gli furono assegnati che cinque giorni 
-per uscire di Costantinopoli. Il protostratore 
ricevette 1’ uidiiie di partire senza indugio pel 
suo govei uo. Sifi'atte misure , per isolare il 
'giovane, Andronico , non erano di buon augu- 
rio. Da un aronimobigìielto fu egU avi ertilo 
che r avo suo lo voleva far arrestare. 11 pa- 
triarca Gerasimo, che s* interessava alla di lui 
sorte f gli coufermò quell’ avviso. Cantacuzeno 


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i’^ì s n o cv. 5^ 

ed il protoslralore si accordano di non 'disco* 
starsi dal ' toro- padrone , e d’ un convegno a 
qualche, distaiiisa dalla capitale , 'dove il ^jiiova- 
iie principe li doveva < rsig^iugnere. Sirgiano 
leime iu pronto alcune truppe al tìiie di prò» 
tergerne la fuga. Un giorno, al primo romper 
deir aurora , il giovane Andronico osci dalla 
capìiale' con un gran numero di. hraccHi , con 
uccelli di falconiere cd equipaggi da* caccia, 
Si recò presso ai suoi amici, e prese con loro 
]a Istrada di Andrinopoli, dove la sua presenza 
riempi di gioja gli ' abitanti, che, dopo la mor- 
te dell’ imperaloré Michele , non avevano più 
veduto alcun principe nelle loro'murà. 

'Il vecchio Andronico, infoi luato di tale par- 
tenza , comanda ad Enimanuele 'ì'agari , grande 
stratopedarco che prenda una scorta sudi*' 
ciente , e gli riconduca suo Bglio coi ceppi 
alle inani e ai piedi ; ma Tagari gli fece co- 
noscere la difficoltà dell'* impiesa. IT giovine 
principe non era partilo senza essersi concer- 
tato cogli amici, senza aver preso tutte le mi- 
sure per assicurare la sua ritirata , senza cs-ie- 
i c detei minalo a una vigorosa difesa , non po- 
tendosi ingannare sulla sorte che gli era de- 
slinata. D* altronde non solamente s’ ignorava 
il numèro de’ suoi partigiani, ma non si aveva 
iicssona< certezza sulle disposizioni dell’ eserci- 
’o. o non si sapeva esso fosse più propenso- 



>AHDaONICO II. PALB0&060. 

alt’ avo che ai uipote. Tali cunsiiieraatoai ao> 
campato da Tagait distolsero il vecchio dal sao 
, progetto» Cobfì'iando sempre assai nei giara- 
melili, ,ne fec' egli prestare dai suoi tadditi un 
nuovó^ per cui si obbligavano a non prendere 
il partito di Andronico PaLeologo^ Così lo 
chiamava per far conoscere che non lo consi- 
derava pih come principe imperiale; ma facen- 
do in' tal guisa pénsare al bastardo che gli 
voleva sostituire, stabiliva un paralello tutto a 
vantaggio di quello cui pretendeva escludere . 
Malgrado il giuramento si videro uscire da Co- 
stantinopoli , senatori, uffiziali , personaggi co- 
sUtuiti ili' dignità , cittadini che si recarono 
presso il giovane principe. Le altre città imi- 
tarono tale esempio. In breve tempo Androni- 
co ebbe un esercito numeroso ; ma non essen- 
dovi magaz/.ini , perchè tale avvenimento uou 
era stato preveduto ^ vi fu un gran disordiue. 
Alcuni ladri uè approfittarono per saccheggia- 
re da tutti i lati. Le pubbliche casse furojno 
rapite, le messi devastate) e molte case «b- 
bruciale. li vecchio imperatore ricorse ai con- 
sueti suoi mezzi , ct^ al clero; ma invece di 
fallo pregare^ lo arma dei fulmioi delta chie- 
sa , e per suo comando tutti i parligiaui del 
figlio furono sconiunicali. li .patrìarca. Gerusi- 
uio era morto il giorno della fuga del principe. 
Si cieùc che «e fosse vissuto « àviebb’ egli 

ir 

V 


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’b I B a 0 «V. 53 

fatto all' imperatore delle rimostranze intorno 
alle arme, che adoperava , e che soltanto ser- 
virono ad accrescere il partito del giovane 
Andronico. Da tutti i lati si andava ad arro- 
larsi sotto le di lui insegne , e i’ imperadore 
vedeva abbandonate le sue. Spaventato^ dalla 
generale deserzione , deputò verso il nipote il 
primo cetonita Gallicrinito, e Teoletto vescovo 
di Filadelfia. Io tal guisa quest’ ultimo , di 
giudice del giovane Andronico , che gli era 
comparito innanzi come reo, divenivano amba- 
Bciatore. I due inviati erano incaricati di of- 
frire la pace, e di sottoscrivere a tutte le con- 
dizioni. La madre di Sirgiano gli accompagnò 
come un’ altra Volunnìa ; ma suo marito non 
era un nuovo Corioinno. Apparvero gli ambo- 
sciatori mentrechè il principe faceva una ge- 
nerale rassegna delle sue truppe. L’ oggetto 
della loro missione circola tosto di bocca in 
bocca; i soldati gl’ inviluppano minacciando di 
ucciderli. Gallicrinito spaventato cade in gi- 
nocchio; il vescovo alle sciabole alzale snlla sua 
testa oppone un portamento tranquillo, e par- 
lando da uomo che non teme la morte, li di- 
sarma col suo coraggio. Andronico, appartato- 
si con i due inviati , dichiarò loro che non 
aveva preso le arme che per difendersi; che 
in (juel punto non le poteva far drporro ol- 
1 esercito, perche era troppo riscaldato; cUq 


$4 ANDRONICO «. PALBOtOOOw 

per tal ragione 'non* poteu concliìudcre nessun 
ttaltato ) ma che potevano rendere tranquillo 
suo padre, ed accertarlo che tra non molto 
sarebbe' contento di lui. Dopo la loro parten- 
za il giovane Andronico raccoglie 1’ esercito 
per lamentarsi della maniera nella quale erano 
stati ricevuti gl’ inviati di suo padre, e comuni- 
care le proposizioni dell’ imperadore, che offe- 
riva di accordare tuttocìò-cbe si dimandasse. 
Invitò quella moltitudine a dire il suo parere. 
Tutti gridarono che non volevano la pace ; 
eh’ era necessario esigere la rinunzia di An- 
dronico , o marciare .verso Gostaulinopoli ; di- 
chiarando che se il giovane principe non adot- 
tava tale opinione , provvederehhero essi me- 
desimi alla loro sicurezza. Rispose, ringrazian- 
doli’^del loro zelo, e rimettendo l’ assemblea al 
giorno susseguente per occuparsi di tal affare, 
che' meritava il piu maturo esame. Il giovane 
Andronico passò la notte in conferenza con 
^ìirgiauo , Cantacuzeno , il protostralore e L 
principali capi. Tutti approvarono la risolu- 
zione dell* esercito , convenendo nulladimeno 
ohe non si poteva assalire la capitale senza 
esporre la vita dell’ imperadore , e che non 
coifveniva abbandonare il disegno eh' era stato 
tutto di non mancare ai riguardi che gli eran 
dovuti. La dornune Andronico' aringa le trup- 
pe, ed espone, vedendole aempre esasperale, 


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i I n, n o CT. 5j 

che saiehhe imprudente il ixiArciare contro 
Costantinopoti prima <li essersi assicurali del- 
le disposizioni dpi paesi e delle citlù situale 
dietro alle spalle ddl 'esercito. Fu inutile que- 
sta osservazione ; si fece seidìre un grido ge- 
nerale , e tulli i soldati diinandarono di mar- 
ciare all' istante. Essi intimarono a Cantncuze- 
no di spiegarsi. Questo ulTiziale parla nel senso 
del suo padrone , ne sviluppa maggiormente 
la opinione, e dimostra i pericoli dell' atlao' 
co di una immensa città che poteva resi- 
stere ed essere sovvenuta. La sua voce non 
l’u ascoltata, e le truppe insisterono con tale 
ostinazione , che non contentandole si corre- 
vano i più gravi pericoli. Andronico adunque 
si vide costretto a dirigere la sua armala so- 
pra Costantinopoli. Ma fedele alle sue mas- 
sime, scrisse all’ avo, lo informò di quanto av- 
veniva , dei vani sforzi da lui falli per ralle- 
nere i soldati; gli tracciò la condotta che do- 
veva egli tenere per opporre un’ apparente 
resistenza^ di cui profìUerebbe, esagerandola, 
per far prendere al suo esercito un’altra di- 
rezione. Avendo soddisfatto a tal dovere , si 
avanza a piccole giornate. S' incontrò in un 
corpo di trecento uomini che Venceslao, re di 
Bulgaria, metteva a sua disposizione sotto gli 
ordini di un uflìziale di nome Martino; ma lo- 
blo si è saputo cb’ era incaricalo di lupirci il 


‘56 ' ANBBOlllOO II( PAI,Eaf<0GO. 

principe. L! imperalore aveva mandato e) nU 
potè la. sua cognata Engenia, nipote di Miche- 
le Palaologo; casa andava a ringraziare il gio- 
vane principe da parte del .vecchio Andronico 
di aspettare per far entrare . 1' esercito in Co- 
stantinopoli, eh' ei atesso avesse i.snoi giorni 
al sicaro, ritirandosi in au convento, divisando 
di farsi monaco. Ciò era un ^^po’ tardi .pel bene 
dello.sUto. Ij 'priaoipe, commosso 6no a pian- 
gere, adf^na i principali suoi- uffiziali, e gli a- 
ringa pel^ dimostrare ad essi che senta empie- 
tà non poteva ricusare la pace offertagli dall' 
avQ> Ha^cara di nasconder loro il progetto di 
rit.iio, temendo non. forse venisse forzato, a la-, 
sciarlo "eseguire : circostanza degna di osserva- 
tipue per apprezzare la sinceri là delle inten- 
tiont del giovine Andronico. Avendo il suo di- 
scorso prodotto l’effetto ch'ei desiderava , ri- 
mandò iminediàtamente Eugenia all*imperadore 
con una lettera rispettosa , nella quale addo- 
cendo in iscusa la necessità delle circostanze 
divepute imperiose a tale , eh’ ei aou le avea 
pptulo signoreggiare , propone un accomoda- 
mento, le cui condizioni erano, la cessione del 
paese compreso tra Selivrea e Cristopoli , non 
meno che della imposizioni , delle truppe e 
delle città di e^so paese. Il vecchio Andronico 
riservavasi la capitale ed il suo territorio ^ |e 
Città .d' Asia, le isole, e di*-!!* parte deli* Occi- 


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2 I B. B O CT. 57 . 

^ente la Macédotiia e le proirincie sitnate ni dì 
là dì Cristopoli sino alle frontiere delia Dal- 
mazia. -La impossibilità di - congedare' lé -^sne 
frappe, ohe non vóleTano servire 1* imperaddre^ 
forzava tale ripartimento. li principe iermi> 
«lava palesando ia' speranza di rimettere un 
giorno air avo tottociò che sembrava che ora 
si attribnisse, come pare là saa medesima per- 
sona. Non sì pad richiamare in dubbio ia siili-, 
cerità di tale lingaaggio. L' imperatore passò, 
air improvviso dnll’ eccesso della costernazióne 
a quello della gìoja , e provò di nuovo che non 
sapeva piò moderarsi nell’ amore che nell’odio. 
Loda suo nipote colla piò grande esagerazione, 
e vuole che sia riconosciuto per imperatore; fa 
levare la scomunica vibrata contro di lai ; e 
questo reo di stato,' di una condotta scandalo- 
sa, degna di esecrazione , che meritati aveva 
tutti i supplizj , è tutto ad un tratto un eroe 
ed il piò saggio degli uòmini. A tali lodi>ben> 
presto susseguitarono i rimproveri. Apocauco. 
aveva accompagnato la principessa Eugenia ; 
egli era portature deb trattato. L’ impeiatore , 
che dolevasi di costui, pretese che suo nipote 
non lo sceglieva che per contrariarlo. Riman- 
dando il trattato sottoscritto , fece indirizzare 
questi rimproveri per mezzo di Burdaio suo 
primo segretario, e di Caiiicriiiito, uno de’suoi 
ciamberlani , al giovane principe , il quale ri- 


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58 ANDBOPrrOO li. PAtEOtOOO. 

«pose Obe Apocaaco non aveva nenstin car.itto- 
re^ e non duveasi considerare che come uti 
privalo portatore 'di atti.' Go»\ terminò questa 
prima guerra civile; nna la pace non- ebbe che 
una brevi.ssiraa durata. ' Androntèo* riconduase 
ii< suo esercito in Andrinopoli: Irene , sua spo> 
sa, andò ivi'^a raggiungerlo.. Egli visitò lecittà 
da lui dipendenti, e vi si fece riconoscere per 
imperatore, distribuendo: ricompense ai suoi 
partigiani. Cosi trascorsero alcuni’ mesi ,'e la 
pace sembrava fafiermata quando il principe 
rrcevette una lèttera, in cui veniva avvisalo 
delle pratiche di Sirgiano per minarlo presso 
1’ imperatore. L’ avvertimento si'trovò fondato. 
Sirgiano era geloso di sua moglie , a cui il 
giovane Andronico faceva un* accoglienza che 
lo inquietava, e di Gantacuzeno , il cui credilo 
era più grande che il suo. Il principe non mu- 
tò maniere; ed eziandio , dopo avere comuni- 
calo al. governatore della Tracia gli ovvisi che 
gli .si dovano, gli ’ propose di renderlo libero 
per posHore al servigio dell’ imperatore, accer- 
tondoio che non lo troverebbe cattilo. Sirgia*' 
no rispondeva con proteste, dolevasi con in6n- 
ta collera dei sospetti ingiuriosi de’ quali era 
1’ oggetto, e gridava alla ingiustizia La pron- 
ta sua ritirata iri Tracia e la condotta che vi 
tenne fecero conoscere quanto era il suo' candore. 
-iQuando s’ intese che recalo sì era presso al 


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» I B B O CV 5c) 

vecclilo Andronico , non si daMtd, più del Ih 
guerra. Andronico ragana senza indugio le sues 
troppe, annunzia ad esse che io onta ai tratta- 
ti I’ avo suo apparecchiavast ad Hwsalirlo, e che 
fa di mestieri prepararsi alla guerra. Gli vien 
risposto con acclamazioni. Dopo aver presp le 
convenienti misure per la, difesa dello sue pro- 
■vincie, andò a cinger di assedio Eraclea,,! cui 
abitanti si erano testé ribellati. Ma essendo la 
ciltù fortifìcata^ e rigida la stagione, il suo e- 
sercito non tardò a perdere il coraggioj ed el- 
la pure non dissimulò il suo desiderio di ve- 
der la pace ristabilita. Essi col consenso di 
Andronico inviarono all’ imperatore un soldato 
<li nome Calocherete, incaricato di una lettera, 
nella quale si facevano ai principp alcune os- 
servazioni sulla violazione dei trattati, scila neceW 
sita di ristabilire la concordia nella famiglia Impe- 
riale, e sidimandava la pace framrniscbìando allo 
preghiere! rimproveri e le minacce. L’inviato fu 
ricevuto assai male. Il giovine Andronico im- 
paziente si avanzava verso Costantinopoli per 
andare egli stesso a conoscere le disposizioni 
deir avo. Da Rhegia gli mandò nuovi amba- 
sciadori che avean ordine di tornare senza di- 
mora. Ciò era un conoscere assai male il vec- 
chio Andronico, borono ritenuti per due setti- 
mane. Il giovane principe arriva alle porte del- 
la cnpitale, la intimare alle sentinelle di avvi- 


6’) "jrroi«oinco n. 'pài,ìoì<'o<t. 

saine l’imperatore; ma*i suoi inviali sono aC>^ 
colti' con ona grandine di frecce , che li coti., 
«Iritrge di ritirarsi. Le troppe rirnasero accam- 
pale per Ire giotni nei taoghi jcircóstanli. ,La 
intemperie della stagione forzò il principe a 
ricondurle a Dtdimolica , a prendere le stanze 
d’’ inverilo. Il 'fratello del cralò di Servta lo ah- 
bandonò per passare alle insegne deirimpero ^ 
Sirgiano lo inquietò con ^sollecite e' vigorose 
misure e colla corruzione. Egli guadagno il* 
governatore di Stenemaca e di Sepena, s’ iui- 
ìpadronì di Kedesta, di Asprcs e di Sergenza , 
)a prinia per tradimento, le altre due colle 
arme alla mano. Tali avvenimenti rammarica- 
rono talmente il giovane Andronico, che cadde 
malato, e la^ sua salute non si ristabilì mài più. 
L’' imperadore avea* opandato in Tessalonica soo- 
bglio, il despoto Costantino, con ordine d' im- 
padronirsi della imperatrice, vedova di Miche- 
le e madre di Andròiiico, per farla condurre a. 
Costantinopoli. L’ ordine fu eseguito con una 
brutHlilà stomachevole. In quel mezzo Drosc , 
era lo di Servia, chiuse i suoi giorni , e Simo- 
nida ne fu liberata. Ella tosto' partì per torna- 
re a Costantinopoli. Siccome Urosc aveva co- 
strutto quarantotto monisleri, alctini lo crede- 
vano un santo; ma egli ebbe ad un- tempo due 
mogli, visse in conenbinato con una terzo, fe- 
ce allo stesso istante due trattati, uno con An- 


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I— » * 7 *^" 


l I B R O CTv 6f 

ironico, e 1* altro con Carlo di V«loÌ3 , si ob- 
Lligò con giuramento a molar religione , se r 
Latini ripigliavano la capitale, e rimase scisma- 
tico; prese nella guerra civile il partito del fi- 
glio còotro il padre , tradì poscia il primo , e 
sempre si fece giooco delle convenzioni che a- 
vea conchìuse. 

Il giovane Andronico si trovava in una cri- 
tica situazione, non avendo più i mezzi di sti- 
pendiare la sua armata. ( an. t322. } Cautuco- 
zcno glieli somministrò coi suoi proprj denari, 
e andò a soccorrerlo. Essi cominciarono la cam- 
]jagna dall’ assedio e dalla presa di Aspres. 
IVIindò sulle prime ad intimare a questa cittù 
eli rientrare sotto la sua dominazióne, promet- 
tendo di porre in dimenticanza il passato. Ma 
gli abitanti ricevettero tale proposizione eoa 
insultante disprezzo , ed anche tirarono contro 
gl’ inviati. Il principe fece dare l'assalto , e sì 
impadronì della piazza. Trattò con dolcezza gli 
assediati, fece render loro ciò che ad essi era 
stato preso dai suoi soldati, e lasciò la guarnir 
^ione libera di ritirarsi o di' passare ai suoi 
btipendi. La fanterìa si arrotò sotto i suoi sten- 
iJardi; la cavalleria , noo volendo abbandonare 
la causa dell’ imperatore, usò detta libertà che 
^li veniva conceduta. 11 giovane Andronico fu 
gii generoso di far dare ad essi denaro e provvi- 
A questo primo successo ne sus^eguita^ 
le-Btau r. Tr. P. 1. 4 


62 AlfDaOBlCO II. PALEOLrtGO. 

rono parecchi olir». Gurella, Redastn, Sergens0i^ 
si arresero , e gli affari del giovine principe 
cominciavano'^ a ristabilirsi. Egli avrebbe potu- 
to gustare i piaceri della vendetta , se avesse 
avuto un animo men nobile. Poc’ anzi gli era 
Stato consegnato Costantino Paleologo , grande 
sliatopédarco, che lo avea iiKb guatnciite tradi- 
to, non solamente corroinpenclò le truppe afì&- 
dule al siup, comandò, ma trattando con barba- 
rie tulli quelli che restavano fedeli a^gìuvine 
principe. Uno dei più affezionati-. era Sirpano. 
Paleulogo lo separò dalla moglie e dai figli 
Suoi, la fece percuotere ogni giorno dai car- 
nefici, marcar nella gota con un ferro ardenti», 
e cacciar finalineote io prigione. Sirpano arri- 
vò a fuggire, e a racc-nre partigiani abbastan- 
za per coinbuttere Costantino. Questi fu dato 
dai suoi in ppterc del giovane Andronico, a cui 
Sirpano chiese grazia pel suo tiimicu. Tal di- 
luatula sembrò tanto più straordinaria , cb’ ei 
.portava sopra la persona la marca degli oltrag- 
gi ricevuti. Tocco da siffatta giaudrzza d’ ani- 
mo, Andronico gli accordò li» grazia di Costan- 
tino, esclamando che un imperatore doveva i- 
mitare T, esempio che gli dava un, barbaro il 
quale rendeva bene per male. Le truppe del 
principe batterono compiutnmeote quelle del- 
r. imperatore a Tessalonica, e presero il prin- 
cipe Costantino, fi ulello del vecchio Audruuicu^ 


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l I > R O CV. 63 

a cui qiiosli dostinavA la corona. Fo egli con- 
dotto «I giovino principe, e siccome temeva la 
mori*', proso 1’ abito monacale. Tutti i soldati 
lo avrebbero fatto in pezzi, se il nipote non gli 
avesse cnlinnti Fu creduto di soddisfare le pas- 
sioni del giovane Andronico mnltrattandone il 
zio. Posto nel fondo di un pozzo gli venivano 
gettati gli alimenti. Andronico fece terminare 
quel trattamento subito che ebbe notizia, e 
comandò che suo zio fosse trasportato in un 
luogo .sano , e si avessero per lui lutti i ri- 
guardi dovuti al suo grado. Si presenta di nuo- 
vo la 'ocrasfone di vendicarsi, ed il principe v? 
si rifiuta. Costantino Paleologo^ gran-pnpia, Za- 
ride e Sennocherim, protalhgalore^ sonò a lui 
condotti coi ceppi ai piedi e alle mani. Tutti 
e tre insultato aveano alla madre del principe 
dandola in potere del vecchio Andronico. Me- 
ritavano elei supplizi pei trattamenti che avé- 
vano fatto provare alla imperatrice; ma il prin- 
cipe si contentò di far tagliare la barl)a ed i 
capelli ai due ultimi, e di mettere il primo in 
prigione. Tra non mollo perdonò a tutti e tre. 
L* imperatore avea chiamato ì Turchi in suo 
soccorso contro il nipote. Essi eransi u nitì ai 
Greci, e marciavano contro il giovane Andro- 
nit:o. Questo piincipe non gli attese : partì da 
Didimotica, si avanzò cóntro di loro e li rup- 
pe. Si rifuggirono in Costantinopoli, dove IMm*- 


I 


^64 ijjDROTrico II. 

peratore li volle ritenere, ina iumno. Nel mr» 
desiino tempo V isola di Lenno mandò deputa- 
ti al giovine Andronico per dimandargli oa 
governatore, dichiarando che non voleva pili 
riconoscerne T avo. Il quale vedendo i progres- 
si che faceva il partito di suo nipote, consultò 
per sapere ciò che far doveva, non il senato od 
i consigli y Uia la sacra Scrittura. L’ aperse q 
caso, divisando di ciecamente conformarsi al 
consiglio che trovasse nel primo versetto offer- 
to ai sdoi occhi. Gli storici non accennano il 
versetto, dietro il quale il principe superslì- 
zioso si decise. Gonserrarono solamente la let- 
tera che scrisse al nipote' in uno stile divoto q 
nei termini i più sommessi. Essa lettera fu re- 
cata al giovane Andronico da Isacco , monaco 
del monte Atos. Malgrado la esperienza, che 
non gli permetteva di dubitare più della rnnU 
fede che della incapacitò deH’avo, il giovane 
principe inclinava a rimettergli la sua armata, 
le sue provincie e la sua persona. Cantacuzeno 
era della stessa opinione. Ambedue. credevano 
di ottenere con questi generosi sacriBzj nnu 
solida pace. Ma era necessario il consenso de- 
gli, uffizialì e delle truppe; e per ciò si tenne- 
ro parécchie assemblee. La giusta diffidenza 
degli Xini, r ambizione degli altri resero dìfficilo 
la negoziazione. Finalmenté il principe strappò 
pii/ltoslp die non oUenoc una adesione al par** 


Di" iu/Google 


t I * t» o fcv. 

Ilio cui proponeva (rtj. Il «uonaco Isacco fu in- 
caricalo tli andare a render conto all’ iinpera- 
U»ro di lultociò che avveniva,’- e particolarmen- 
te della ripugnanza mostrata dall’ esercito. Il 
giovine Andronico dimandava, rimettendo ogni 
rosa nir avo, che ciascun soldato conservasse T 
arpente di terra che gli era stato accordato , 
che il soldo delle truppe fosse pagato ; final 
mente, quanto ai suoi proprj interessi , riuiet- 
tevasi in luì. La. sorpresa dell’ imperatore fu 
pari alla gioja. Egli cosi ritornava ad esser 
padrone di tutto l’ impero. La capitale fece 
pubbliche leste; la corte ammirò il disinteresse 
del giovine principe; il vecchio usci di Costan- 
tinopoli per andare incontro al nipote, che si 
avanzava per rendergli omaggio. L’ ahhocameii' 
to fu commovente, Andronico passò quindici 
giorni nel palazzo imperiale , dove fu traltatu 
siccome autore della pubblica prosperità, e non 
si mancò di colmarlo di elogi, aspettando l’oc- 
casione di tenere un linguaggio contrario, co- 
me si aveva già fallo. 

!Non appena il giovine Andronico aveva de- 
posle le armì^ che fu costretto di ripigliarle , 
non ancora contro l’avo, ma contro i Bulgari. 
{ an. 1323. ) Venceslao re di questi e cognato 


(u) Gli fu dicLiai'ar.o per acclamazione ch’egli eia il 
padrone e larebbi; ciò che più gli piacesse. 

4 * 


D 


Aijfitioinoo IT. f VLEOtortn. 

di Amironico, non ha guari era niorlok El tà'^ 
sciava la corona a suo figlio Terlero. Le co* 
stai truppe fecuro scorrerie sulle terre dell im- 
pero e s’ impadronirono di Fill'ba , ciltc\ fab- 
bricala nnlicamente dal padre di Alessandro, e 
ceduta al giovine Andronico dall’ avo. Padroni 
di' tal piazza, marciano i Bulgari contro An- 
drinopoli- Il principe, che .era tornalo in Di- 
diniolica, raccoglie truppe^ batte que’ baibnn, 
gl’ incalza, e li fa rientrare nel loro paese. Vi 
entra egli flappoi con ^un numeroso esercito, 
che tornò carico d’ immenso bottino. Termi- 
nata la campagna^ Andronico 'si recò presso l 
imperatore. Intese al suo ritorno che Sirgiano 
era in prigione. La riconciliazione dei due 
principi non gli poteva' essere che svantaggio- 
sa. Vedendo la sua ambizione delusa e inutile 
le sue pratiche, ne concepì un violento dispet* 
to. Lagnavasi amaramente) cercava^ tutti quelli 
che supponeva malcontenti , e piu particolar- 
mente Asan, cognominato Andronico, x\ quale 
discaccialo dal nipote dal Peloponneso, di cui 
era -governatore , non aveva ricevuto alcuna 
compensazione dall’ avo. Egli era figlio di Asan, 
antico re dei Bulgari, e despoto di Romania. 
Diede ascolto a Sirgiana, fece le viste di adot- 
tarne le opinioni, e lo denunziò oU’ imperato- 
re,, che fece mettere in prigione il malconten- 
to. Onesto ambizioso era odiato dal popolo a 


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~ »*V r ; ’T ' 

l I ft o cV. . , G.*! 

tale, die ne fu saccheggiala la casa, e Jìslrnt- 
ta da imo a sommo. Fu. processato. Mille voci 
si alzarono contro di lui; ma le accuse non e- 
rano fondale sa 'nessuna praova. Andronico 
conanltò il nipote, il, quale si sottrasse, perchè 
avendo a doleisi dell ' accusato, non poteva o.s- 
seroe giudice. L’ imperatore lo condannò a un^, 
perpetua prigione, io cui doveva essere incate- 
nato ad una colonna. 

11 giovane Andronico ripigliò un’ altra volt.^ 
le armi contro i Bulgari, ed ecco In quale oc- 
casione. Terlero II non regnò che pochi m'csi. 
Morto lui, parecchie citlò si soggettarono allo, 
imperatore. Sin d’ allora v’ ebbe due partiti iu 
Bulgaria. I grandi ed il più gran numero dei 
cittadini decretarono la corona a Michele, gpvor- 
natore di Videna, e lo insediarono In /Ternove. 
Un partito si dichiarò per Boesilao , fratello 
deir ultimQ re , il quale viveva in Costantino- 
poli. Boesilao uscì in campo , conquistò una 
parte della Bulgaria, ed olFer.se air imperatoro 
di rfconoscersi per suo vassallo, se voleva per- 
mettergli di assumere il tiloIodidespoto.il gio- 
vane Andronico,, alla sua volta ripigliava I» 
città da Tetterò tolte ni Greci. Egli fu. ratte- 
nulo innanzi Fiiippopoli, in Tracia, per quat- 
tro mesi. Dovendo concertare le sue 6 pertizio- 
ni con Boesilao, allidò l’assedio a Giorgio Bricu- 
ne, che prese la citlade io pochi giorni e si 


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68 ANDnoÌSIC(> 11. TALFOLOGn. 

avanzo Torso Portoca, dove.Boosilao doveva àH- 
dare.- Mi questi non giunse , ritard ilo dg urt 
accidente; e tjoindi andò a vuoto la campagna. 
•Micheìè, suo rivale, fece liipUi progressi, e Boe- 
sllao fu costretto di rifuggirsi a Coslàntinopo- 
ir. Michele, «posala Teodora Paleologina, vedo- 
va di Venceslao e sbrella del giovane Andro- 
nico, fece la pace coll’ imperatore, e concilia - 
se pur anche un trattalo di alleanza. Centoven- 
, tiaoila Tartari settentrionali entrarono in Tra- 
cia e la desolarono : Andronico venne a capo 
di hatteisi presso Andrinopoli, e liberò il suo 
paese da’ que’ ìiarharl. 

Il vecchio e divoto imperatore, mentre il ni- 
pote cònihalleva i nìuilcr dello stato,, potè dar- 
si interamente alla stia passione per gli affari 
della chiesa. Uno dei più importanti era la e- 
leztone d' un patriarca per lo morte dì Gera- 
simo accaduta l’anno precedente. Andronico 
elesse un monaco del monte Atos, di nome I- 
sain, allontanalo dal sacerdozio pe’ suoi scan- 
dalosi Tostami e per' la sua incapacità. Fu e- 
letto a’ ,30 novembre 1323. La prima, sua cu- 
ra fu dì ottenere il richiamo del coppiere A- 
lessio' Filanti openo, al quale, ventott’ anni in- 
nanzi, eraho stati cavati gli occhi per aversi 
voluto far ' dichiarare sovrano dal siìo esercito. 

Il giovine Andronico , appena tornato a Co- 
stantinopoli, intese la morte di sua moglie, 


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/ l t t? R O CV. GO 

ta principessa l»enc. ai». 1324. ) L’ avo- U* 
volle rimaritare, ftopo avervi ttiUafiue pen- I 

Rato per gran tempo , fissarono la loro sciali H ' 

sopra Giovanna, figgila vii AmaclM V, co;»to «Jc i 

Savoja , e mandarono a chiederla due amba- 
sciatori al principe reggente , il q.ual era g'ù, j 

entrato per lo stesso oggetto in canferen/.^ j 

cogl'inviati del l’e Francia. Il conte di'S.t- i 

vója preferì la parentela di Andronico , perchà | 

Giovanna riceveva il titolo d’. imperadrice. Cai»T- 
tacuzeno ' nella sna Storia dei due Andronict ' 

( Ub. a. 40. ) conchiude da tale preferenzm 
elle non solamente ì barbari , ma eziandio gl? 

Ittiliani e gli altri popoli più civilizzati, Con- | 

tessano che il romano impero supera tutti gli 
stati della terra in, magnifigenza e grandezza^ 

E probabile che la ca^a di Savoja pensasse 
come Canlacuzeno 7 ed è certo che questo im- 
pero non conserv-ava nessuna ^ traccia nè deHai 
lingua , nè dei costumi degli antichi Roman»* 
e che i suoi principi degenerati si àbbellivanr» 
dei vani titoli di cesaré'e. di augusto. ( Gib-^ 
boa ; su delta decada t. ) Per uno strann 
abuso di parole veniva cbi-amato i/Tipero rom/7- 
wo. Per carrispondere all' idea del conte , i( , 
vecchio Andronico volle far eonsec**are il ni- 
pote , onde la nuova ''sposa fosse ricevuta ia 
qualità d’ imperatrice. Gnntacuzeno entra ju 
tale occasione n^i particolàri delle ceremonie 


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!JÒ ANDBONICO II.^PAIEOLOG'O. 

deWe cfmsecr anione, «Ielle quali non fi» inolile 
riferirne alcune. Essa avvenne li 2 febhrajo 
+325. Il patriarca, i dignitari gli ùffiziali ed 
il popoTo si radnnano nel palazzo. 11 principe 
vien posto sopra ano scado , la cui parte an- 
teriore è sostenuta dal padre e' dal patriarca , 
e la posteriore dai despoti e dal Sebastocrato- 
re. Essi alzano lo scudo quanto più possono , 
e mostrano il giovine imperatore al popolo. 
Dipoi è condotto alia chiesa , e posto in un 
gabinetto a bella posta costrutto, è che in se- 
guito è disfatto ; ivi è vestilo della toga pur- 
purea , e della corona gli vien cinto il capo. 
Esce , sale sopra un palco , e siede sopra nVi 
trono d’ oro. Ne discende aj terzo della messa^ 
e si va a porre al leggìo presso al patriarca, e 
depone la corona. Il- prelato fa le consuete pre- 
ghiere, dopo le quali il padre dell' imperatore, 
ricevendo dalle mani dei diaconi la corona, la 
ripone sulla testa di suo figlio col patriarca, il 
quale canta le parole j E^ii n* è degno. Que- 
ste' parole/si ripetono tre volte dagli' astanti 
e dal popolo. Il primo dei diaconi indirizzato 
al’ nuovo imperatore dice; - « Regna di nia- 
u nìcra che Dio si risovvenga del tuo impero 
« nel suo regno, ora enei secoli dei secoli. » • 
La sera di quel giorno il principe fa gettare 
al popolo da un senatore \e epiìr.ornbe : secclietti 
di lino cootcDenti ciascuno tre monete d* oro, 


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1. t.B il O CY. Ti 

tre di argento, e ^ e di rame. Tali sonò le ©è- 
remoni© che erano osser^va te nella cónsecraziòne 
degl’ imperatori greci^^a che lo fifrono ih quel- 
la di Andronico; (a) L’ avo 'cadde nel- marcia- 
re ; funesto presagio per lul^ e che gli fece rin- 
Bovare contro il nipote le antiche sùe dispo- 
sizioni. La imperatrice! che prese il nome di 
nou^ arrivò ©he 1’ anno sussegnente ( ah« 
■1326.) alla coite di Gostautinopoli. Vi ìconipar- 
ve con uno splendore e • una ' pompa , che -pro- 
vavano, pei sacrificj. che faceva la casa, di Sa- 
voja, quanto ella pregiava la parentela di An- 
dronico. La principessa era uccòm pugnata da 
un gran numero di cavalieri, di signori , lùlti 
riccameiiti equipaggiati. Essi introdussero' in 

(a) Una parte è slata'cooservala nella conserrazióue degli 
imperatori dì Germania, dei rs di Frsacìa ec. lo questi, 
le -obbligazioni che il principe contraeva verso il popolò 
erano meno implicite. In Costanti no poli bastava acclamare 
ch’egli era degno, e ricordargli che Dio lo soppiavyede- 
va : ciò era sempre on avrisarlo che aveva alcurìi dor- 
veri da adempiere. In Germania 1’ elettore dim.Viidava*'al 
ptincipe, se vuol governare l' impero cqn giustizia y di^ 
Jenderlo con valore, conservarne i diritti, proteggere i 
diboli ed i poveri» Non era coosecratp che dopo aver da- 
to risposte convenienti, confermate da un giuramentfi siri 
Vangeli. Nell' o/ihco seremoniale dì t rancia, venivano as- 
sùnti gii stessi impegni. Vi è di' più nnn forùialità osser- 
vabile; il ouneso<bile si avanzava dai lato: del popolo, e 
gii dimaudata se voleva il tale perire., . 


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52 . ANDRONICO II. FAtEOtOGÒ. 

CostÀntinopoli' I’ USO dei tonici , che prime^di 
tal’ epoca' vi. eraDo totalmente sconoscioti. 

Poteva essere un germe di divsenzioni il prò» 
^«’tto cui \precedenlemei»te aveva avuto il vec- 
chio Andronico di cangiare róndine di su.c- 
cessione al Ironoj e di escluderne 'il legittimo 
erede ( un. -1327. ) Scorgendo che 1* impera- 
itorc eleggeva un bastardo, i principi della fa- 
miglia imperiale dovettero credere di avere 
fondate pretensioni e diritti alla corona. Uno 
tl» essi , Giovanni^, figlio di Gostantiiio Porfi- 
Togeiiito e' nipote dell’ imperadore , si volle 
rendere indejpendente. A tal fine ricercò la 
.jjnmnteia di Stefano , nuovo oralo di Scrvia , 
io fece suo genero, e si accordò con lui intor- 
no ai mezzi di erigersi in sovrano. 1 due 6- 
gii di Metecbita, gran logoteta , entrarono nel 
jirogettò. li cralo'fece invadi truppe è le con- 
dusse con Glov'anni sulle tetre dell’ impero , e 
}u misero a guasto; Andronico il vecchio of- 
ferse a suo nipote la diguità discesa re.' Questi 
P accettò , pruiiiettendo ‘^di starsene tranquillo. 
IVla non godette a lungo di tal dignità , morto 
essendo ‘ 'iinprovvisaineiue pochi giorni dopo 
che gli era stata iionfenta. 

il giovine Andronico aveva stabilito in sua 
curie in Didimutica. llecundovisi intese che 
una banda di Turchi desolava quel territorio , 
c uidiuiò contro di essi. Li battè, ma fu ferito 

> 


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t I B R o CV. 73 

e corse i pivi grandi- pericoli. Nel medesimo 
tempo le provincìe asialiclie orano devastate 
da Olrnan. Egli tolse iii Greci una moltitu- 
dine di cillh situ'ilo su! Meandro, la Bitinìa , 
e la cilth, di Pru^a, eh’ era importante, e, che 
senv'pre rimase sotto la dominazione dei Tor- 
chi. Ofman dopò’ tale conquista mòri a Neo- 
poli. I Greci, alla cui potenza diede «n crollo' 
mortale, ed i Turchi, i quali gli devono la lon» 
propria , esagerano il male ed il bene parlan- 
do di esso. Ma egli non Fu nè si. crudele co-- 
me lo dipitis^ro i primi , nè si perfetto come 
Io rappresentano i secondi. 

Nel medesimo tempo in Europa inutilmen- 
te si bandi Q(»a nuova crociata. Un nobile, vi- 
niziano, di nome M>rin Samifo, studiando ac- 
curatamente i merzi adoperati in' tali spedi- 
zioni, ed il cninniino che si era tenuto, iiiuna- 
ginò un progetto di operazioni che anche al 
giorno d'oggi non si legge senza interesse pei- 
particolari che somministra .su la geògroGa, 
la marineria , la costruzione delle galere., il 
commercio dell’ India e dell’ Arabia. Cono-, 
scendo che una crociata non poteva succede- 
re senza I’ intervento d» Andronico, per otte-, 
nerlo dimostrava ai sovrani di'- 'Europa la ne-.- 
cessità di rinunziare al disegno di conquista- 
re il trono di Costantinopoli. Pressava ad un 
tempo il vecchio imperatore di rinunziare al- 
le-Bcau T. Xr. P. I. ; 5 


Digiii2m; Googli' 


74 ' AJJDROmcO ir. PALEOtOGO. 

lo scisma e tli riunirsi ai Latini contro gl' in- 
fedeli; si esiliava per mediatore in’ questa im- 
portante negoziazione. Andronico non rispose 
alle di lui offerte. I principi europei parvero 
meglio disposti , e aggradirono il. progetto di 
Sanuto , cui il silenzio dell' imperatore fece 
abbandonare. Un principe più amabile del 
debole veglio avrebbe tenuto probabilmente la 
stessa condotta ^ non .dimenticando quanto il 
soggiorno di un esercito di crociati fosse sta- 
to funesto air impero greco nei secolo tra- 
scorso. w 

jVeI momento che proponevasi il progetto, 
gli abitanti di Greta o Candia ribellarone 
dai >Viniziani , che mandarono in quell’ isola 
Giustiniano Giustiniani per ridurre ’i ribelli 
a|la ragione. La sedizione fu tanto considerabi- 
le, che la repubblica si vide sull' orlo di per- 
der qiieir isola, che aveva comperata dal mar- 
chese di Monferrato. La storia conservò la me- 
moria della condotta, di Michele Psamerilingo 
capo dei ribelli. Vinto dai Viniziani uccide il 
sua cavallo,' e presentando la sciabola a uno dei 
suoi schiavi: - « tagliami la testa, gli dice, e por- 
« tala al generale nimico ; egli ti premierà, 

« e tu - mi risparmierai T orrore di vedermi 
« nelle mani dei nostri tiranni. Godi con essi 
« Della mia morte. - Dopo alcuni fatti d'ar- 
me sanguinar], tornarono i Greci all’ ubbidien* 
za. L’ imperatore ricusò di soccorrerli. 


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fc I B B o cv. 75 

S<»mbra cbe niente perturbar dovesse T ar- 
monia che regnava^ tra i due principi. La,ge» 
neroaità deli* non che dne volte padrone del- 
T imperO) lo aveva due volte restitaito all’ avo; 
la riconoscenza che l’altro aveva espresso fa- 
cendo consecrare e incoronare il nipote y sem- 
brava che guarentir dovessero la pace, e ren- 
derla solida e durevole: ma'cod un prìncipe 
debole , superstizioso, , accessibile alle preven- 
zioni , non v’ ha guarentigia , nè sicnre 2 za.-< Il 
giovine Andronico ricusò di prestar fede agli 
avvisi che ricevette. &Ii si dava contezza che 
r avo ripigliar Voleva le arnie contro di lui: 
fale avviso non tolse cb’ egli andasse a visita- 
re il cognato 'Michele , re di Bulgaria. Con- 
cbinsero ammendne insieme un trattato segre- 
to di alleanza . offensiva e difensiva secondo gli 
avvenimenti. Essa era necessaria ad entrambi. 
Uno temeva il oralo di Servia , la cni sorella 
Bvea ripudiato per (sposare quella di Andro- 
nico: V altro era inquieto intorno alle disposi- 
zioni dell’ avo. Al suo ritorno ricevette nuovi 
avvisi. Ne fece comnnicazione a Cantaouzeno 
ed al protostratore Sinadeno, e li consultò. Sio- 
come il giovine principe non aveva > dato al- 
cun motivo di querela , conchiusero che se 
r imperatore fosse mal disposto ‘contro il ni- 
pote , ciò non, poteva essere che effetto della 
influenza che sull’ auimo di lui esercitavano tl 


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96 ANDRONICO il. PALKOtOGO. 

^ran logoteta Metochita , ed il protovestiorio 
PaJrologo, 6glio d’ una sorella del vecchio An> 
dronico , tuttadoe nimici giarati del giovine 
principe. Ecco la cagione dì tale odio: i 6gU 
di Metoohita erano entrati , siccome abbiam 
detto, alla cospirazione di Giovanni il' panì- 
pérsebaste. Scrissero lettere, che caddero 
Je mani del gravine Andronico. Questo princi- 
pe le fece passare in quelle del padre anziché 
mandarle all' imperatore. Metocbita invece di 
mostrarsi grato a tal servigio , corrispose con 
insultante alterezza. Trattò nel tempo stesso 
con pari arroganza il protovestìario, il qual^ 
lonfidò al giovine prìncipe il progettò di farlo 
spirare sotto il bastone. Andronico volle di> 
stornt'lo^.e nulla potendo ottenére gli proibì 
con autorità , e minacciandolo di castigo, di 
niente imprendere contro il gran logoteta. Me- 
tocbita e Paleologo si riconciliarono in segui- 
to, e si unirono contro il principe , la cui su- 
periorità li disgostava. Il protovestìario, eletto 
governatore in Belgrado , ricevette ordine di 
recarsi in questa piazza,'^e prepararsi alla guer- 
ra. Il giovine Androi'ico , accompagnate da 
Gantacuzeno , risolve di portarsi a Costantino- 
]^oIì per chiarire- lo stato delle cose ; ma ri- 
ceve per via il divieto di entrarvi, perchè avea 
violato la pace. Il principe scrisse per iscol- 
parsi , render tonto di sua condotta, e pregar 


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, i. I B R O CV. , 17 

r avo di palesargli le querele ohe credeva di 
avere contro di lui. Diipandava che Bt ascol- 
tasse Gantacuzeno, se la sua presenza era odio- 
sa. Il gran domestico scrisse alla sua volta per. 
fare all’ imperatore rispettose rimostranze , 
scongiurandolo di non creder^ a* malintenzio- 
nati , e di permettere che il nipote venisse ’e 
trattar la saa causa. Il vecchio Andronico sa- 
peva che il principe avea < nella capitate un 
gran numero di partigiani , ed era amato dal 
popolo. Conobbe il^ pericolo^ della di lui pre- 
senza, e ne rigettò la dimanda, il giovine An^ 
dronico per non trascurare nessuno dei .mezzi 
di conservare la pace, tenne di doversi indi- 
rizzare al patriarca Isaià. Per le istanze del 
prelato consentì 1’ imperatore a creare una 
commissione composta di vescovi , di senatori 
e di archimandriti, al numero di ventiquattro, 
i quali si recarono presso il nipote per co- 
municargli i capi d’ accusa , e riceverne le. 
risposte. Nel giorno dopo il loro arrivo , An- 
dronico radunò.! suoi priaoipali uffiziàli coi 
commissari mandati a lui. L’ arcivescovoV di 
Bulgaria espose V oggetto della sua % missione. 
Andronico rinnovò le proteste della sua inno- 
cenza, e fece osservare che nel corso della di- 
scussione sarebbe forse costretto di, chiarire la 
ingiustizia dell’ avo verso di lui , ma che noi 
farebbe che per I* ialcresse delia sua difesa : 


\ 


) 


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^73 ANDRONICO li. PAJ.EOLOOO. 

provocò il rigor» della leggi , se fosse reo , e 
dimandò il preciso' indizio delle colpe che gli 
venivano apposte. Tre principali capi’ d' acca- 
sa furono posti in mezzo dai commessarj. Mei 
primo si pretendeva che , la soa uondoUa fosse 
scandalosa , e eh' ei si abb-audonasse al liber- 
tinaggio. Tali asserzionii essendo senza pruove, 
furono facilmente confutate. 11 secondo capo 
consisteva natie misure prese dal giovine prin- 
cipe > verso alcuni u;£zlali impiegati dall'avo, 
e- eh’ egli aveva scacciato dal loro governo. 
Rispose provando eh' erano tiranni che anga- 
riavano il popolo con vessazioni. Colla terza 
ed ultima accusa u' imputava al priuctpe di 
avere forzato i custodi del tesoro à rilasciargli 
quattromila monete d' oro senza 1' autorizza- 
zione dell’ imperatore, a cui si era impegnato 
di ubbidire come un suddito al tuo sovrano. 
Andronico non negò il fatto g ma lo giustificò 
provando eh’ ei nou era pagato, e phe gli si 
dovevano somme assai maggiori. Dopo aver dato 
tali spiegazioni, entrò a particolarizzare ì pro- 
getti che il vecchio Andronico aveva contro di 
lui. Con docomeuti alla mano , provò ciascuu 
fatto.> Egli aveva intercettato alcune lettere 
scritte ‘dal 'principe al protovestiario , e nelle 
quali era chiaramente, espressa la intenzione 
di 'prender le arme , contro il giovine Andro- 
nico. Le fece tutte couoscere, e ue terminò la 


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L f B « o cr. 7g 

lettura con un'altro indritta al 'protovestiario 
dal suocero Cocaia, gran logarista, cb' era pre- 
sente all' assepiblea. Questi raccomandava a 

t. / ^ ^ 

suo genero di usare tutta la precauzione net 
carteggio, ondo non cadessero le lettere nelle 
mani del prìncipe; lo avvertiva che quest* ul- 
timo era attorniato da creature vendute all* avo, 
le quali non aspettavano che un cenno per 
darglielo nelle niàui. Prima- di tal' lettura, il 
gran lógarista aveva preso un tuono imperli- - 
nenie con Andronico; «gii fu colpito come da 
folgore , e per nascondere la su,a confusione si 
ritirò nel folto deli’ assemblea. Tutti 'i còm- 
znessarj^ convinti della innocenza del priucipe) 
e della ingiustìzia, a cui era bersaglio, le esor- 
tarono a non, leclamare all’ istante le totalità 
delle somme che gli eran da più anni do- 
vute, sia per la sua casa, che per la paga delle 
truppe. Essi dipoi npartirono ' per andare a 
render conto^ della loro missione , ma erano 
stati precorsi dal gran lógarista. Quando si 
presentàrono all’ imperatore , ne ricevettero 
un’ accoglienza incivile, l’ ordine di ritirarsi, « 
di non ricomparire sinattanto eh’ ei giudicas- 
se convenieote di farli chiamare. 1 cotòìnisSar) 
non lasciarono ignorare 1’ accaduto, ed il rac- 
conto che ne fecero' accrébbe I' interèsse che 
si prendeva pel giovane Andronico. L’ impe- 
ratore ne fu costernato, ma invece di calmare 


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-80 XNDROHICO 11. PALEOtOGO. 

gli animi , dìifamò di nuoto il nipote , e le 
ifuerele òhe drizzava contro di lai er.Tno il 
'> bOggcUo de’ suoi intertenimentì. Arrivò fino al 
ponto di dar^oi’dini per radunare il patriarca 
ed i vescovi, e deputò ad essi un senatore in- 
caricato di accusare da sua parte il principe 
di avergli voluto rapir la corona. - « Ei non 
a poteva lasciare il trono ad uno stordito sem- 
a pie inteso alla caccia, che nutriva una muta 
tt dì mille bracchi , altrettanti uccelli da ful- 
« .couiere, ed un numero uguale di ufiìziati e 
«1 di servi ; ad uno che vivea nello stravizzo, 
a che aveva fatto pugnalare' suo fratello , che 
« finàlmente non sapea amministrare i suoi 
a propri affari. L’ interesse dello stato richie- 
tt deva imperiosamente la espulsione di tal 
« uomo. » - Tali furono i gravami del vecchio. 
Eran dessi que’ medesimi che aveva esposti 
nella prima loro rottura ; e non fucea che ri- 
peterli. Terminava chiedendo che sì cancellas- 
se il nuiiie dei g^iovine principe dalle orazioni 
delia chiesa. Il clero fece delie rimostranze , 
insistè^ che i commissari fossero ascoltati , ag- 
giungendo che darebbe uh’ odiosa ingiustizia 
li- rigettarli. Tale resistenza non fece che ina- 
sprire Andronico, il quale rispose che ninno 
aveva diritto di dettargli la condotta che do- 
vea tenere ; e sapendo che il patriarca pren- 
deva lapeiptaiacute la difesa di suo . nipote, gli 


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. ;L 1 t A O ,.CV. _8f 

fece dire ehe a^li udari, della chio‘> 

s»f e non s’ immischiasse in quelli dej lo stato, 
isaia, anziché intimorirsi, tenue un Uoguag^iu 
più ardito. Dichiarò coiì energia' , che saleodo 
.sulla sede di Gostautinopoli, non aveva assttHtu 
r obbligo di ubbidire ai capricci dell’ iiuperat 
torej^ ma quello di ricondurlo al , suo dovére 
quantunque volta se* ne discostasse. RaVn^nenlò 
la bella . condotta .. del giovine ^Andronico , nei 
tempo in coi si comportava. coll’ avo da ugunle 
a uguale fece oéservare che come patriarca 
doveva difender quelli che fossero .ingiusta- 
uiente perseguitati ^ « quindi proteggeT^ .ii 
principe ; cho commetterebbe un . delitto se 
lo abbandonasse ; fìaaimente ricordando T du> 
gusta ceremonia della consecrazione > termi-! 
nò coll' eccitare l’ imperadore a non dare a- 
scollo cosi facilmente alla calunnia. Il vec-, 
cbio disdegnando tali rimostranze , fece im- 
mediatamente condurre jo prigione que|li che 
gliele ave, vano fatte in nome d’ Isaia., Questa 
prelato, anziché ammansarsi , raccolse il' popp; 
lo, e pronunziò un interdetto contro qualun- 
que ecclesiastico sopprimesse, conforme all’ or- 
dine deli’ imperadore , il nome di Andronico 
dalle pubbliche preghiere. Il prtneipe furibon- 
do fece rinserrare nel monistero di Mangana 
i) patriarca, dopo aver forzati alcuni vescovi a 


B2 ^ >KDB01llitk> U.‘ PllBOLOOOk 

pronuoziare coulro di esso Una sebtedza d*in~ 
terdetlo. 

Xate vtoleuza ' mostrava abbastanza a) gio- 
vine Andronico , eh' era svanita ’ (|ua)siaBÌ spe- 
ranza di riconoiliaziòne. ( ao. 432b. ) Egli ra- 
dunò il suo consiglio. Oantacuzeno e Sina- 
deho faron ‘d*' avviso di prender le armi , e 
tneUersi sulla difesa/ perchè tutti i mezzi era> 
no esausti. Comechè il principe ne cònvenis- 
86} volle persistere nel sistema che aveva adot- 
tato , e tentare nuovi espedienti per rignada- 
guarsi avo. F u d’ avviso di andare a Costan- 
tinopoli, e di avere un abboccamento col vecchio 
Andronico, accompagnato dal gran domestico 
e dal protostriitore. Si avanza verso la capita- 
le con una scorta dì mille trecento oomìni, fa 
sostare la sna truppa a qualche distanza dalla 
città, si avvicina alta porta Giroliana con tren- 
ta persone a lui addette, e due amici. La por- 
ta era chinsa e le mura coperte di soldati. 
Ricònoscendo Marules che le comandava , lo 
prega ottenergli dall* imperatore la permissio- 
ne di salutarlo e rendergli ossequio^ Ei gii 
riporta V ordine di ritirarsi senza i ndngio. Un 
messaggero ‘ incaricalo dal vecchio di accom- 
pagnare tal ordTne d’ ingiurie triviali, sì sdebitò 
della sua commestione. Andronico, senza tisen- 
tirsi, saluta IVlaruies e la di lui' truppa , si ri- 
tira,, raggiunge la sua scorta, e recasi a Seli- 


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f 1 B R o CV. 83 

vrea. Si apparecchia alla guerra ; raccoglie la 
sua armata , ne inette nna parte sotto gli or- 
dini del protostratore, cui incarica di difender 
la Tracia contro le imprese della goarnigione 
di Costantinopoli , e muove alla guida delle 
sue truppe verso la Macedonia, dove osteggia. 
vano t|Qelle del vecchio Andrpnico. JE|lsse era- 
no capitanate 'da Michele Àsan , nipote del- 
r imperatore, dal despoto Demétrio, suo< figlio, 
u da Paleologo pfótovestiario» Il giovine prin- 
cipe fa appendere sopra uno stendardo il giu- 
ramento ed il trattato dell' avo , e marcia in- 
trepido sotto tal. bandiera , chiamando il- cielo 
a tealioionio^ della sua innocenza e>della bontà 
della sua causa. Scrive dipoi a Demetrio suo 
zio, ed ai principali ulfiziali, che sapendo che 
lo cercavano per combatterlo , uvea reputato 
suo dovére, essendo, il più giovine, di francarli 
da una parte del' cammino; e che gli avvisava 
del suo arrivo, al .fine di non sorprenderli. Tal 
tuono impose ad essi ; comechè il loro eserci- 
to superasse quello di Andronico, essi in cam- 
bio di attenderlo si ritirarono nella città di 
Feres,. fortissima e ben provveduta. Il princi- 
pe si pose à campo da presso a' tal piazza , e 
tenne il suo quartiere generale a Sienóe , che 
gli avevo aperto le porte. Fa’ riposare le sue 
truppe per due giorni. Nel terzo le schiera in 
Laltaglia , e le conduce a pie’ delle mura di 


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84 ANDRONICO II. PAlEOtOGO. ' 

Feres ; esse vi passarono tutto . Jl gior-tfo e la | 
notte successiva senza essere assalite. 1 genera- 
li del r oste nimica si . aooordano per sapere \ 
qual misura convenga prendere.. L’ ardore dei 
soldati del'principe , il> sembiante corarggioso « 
il bell’ ordine che regna nelle die , riempiono 
di timore quelli dal contrario partito. Si pren- 
de la risoluzione di' non uscire della città. 
Impaziente di non vedere a‘ comparire alcuno!, 

Andronico manda a sfidare il nimico: inseiisibi- 

« 

li alla sfida , i generali i rispondono che. sì sta 
sulla^ difesa , e che. non si uscirà dalla città. 

, Un assedio poteva esser lungo , incerto , sendo 
fòrte la piazza ; ih buon successo eziandio non 
era decisivo. Andronico si determina a rien- 
trare in Sièone. Egli vi è avvertilo che se vo- f 
.lesse avvicinar.si a Ttìssalo.nica, gli sarebbe fa- i 

Cile impadronirsene , perche' vi ^l'a un partito ' 

considerabile che gli farebbe aprire le porte. 
Approfitta dell’ avviso, pprtp ^senza indugio coti ‘ 
Canlacuzeno, e qòljfiore delle sue truppe, fingc^ 
di prender^ la via,,vdi Drapa e si reca' , sopra 
Tessàlooica. N' era. governatore Gumno, grande 
stialepedarcq.,;Egli informato'^chc alcuni ami- 
, ci del giovine 'lAndrotiico doveano presentarsi, 

- Olanda loro V arcivescovo /per avvertirli che 
. sarebbero trattati come esploratori. I! prelato 
• stupì di. trovare , invece di que’ protesi mau- ^ 
daUij, il prrneipe od i suoi ullìziaii, seguiti da 


Digiii? : 1: . Goojjle 



^ , ,,-l I B R o cv. . 85 

tin eserpitQ. Trasecolapdo' a tal vistai si ritira 
senza rompere, il silenzio. Andronico si accosta 
alle mura ; i suoi^ partigiani si fan vedere .in 
folla sui bai nardi, impongono alla guarnigione, 
di cui rifugge unu, parte nella cìttadelià , che 
non tardò ad arrendersi tostochò il principe fu 
entrato nella città.. 

Da Tessaiouica si dirige sopra Edessa , .il 
cui governatore lo .ricevette cogli opori della 
guerra. .Casloria , Berear , Àcride , si arresero 
senza neppure^sguainàre la spada. Il prptove' 
stia rio vedendo tpli successi, ricorse al princi- 
pe di Servia, che aveva in piedi, un esercito 
considerabile. Ma questo principe , avendo in- 
teso che le truppe di Andronico erano ben di- 
sciplinate, e cUe si battevano con ardore, (en- 
ne dì non doversi tnUutare con lui. Kieusò di 
sposare la contessa del vecchio Androniep.' So- 
lamente proiferse ài Greci. Ire cillù fortiBcate, 
dove sarebbero sicuri se consentisse r^o a rinser- 
rarvisi.' • Essi accettarono la proposizione. . -Il , 
" pruluvestiario morì di ^ rammarico. 11 giovino 
imperatore rientrò in Tessalon-ìca. Ivi ripetet- 
te un corriere di Sina.deno che gli faceva pai te 
della viltoria cui riportata uvea poc’anzi siillu 
. esercito imperiale, condotto da Costantino Asan. 
Egli uvei a inseguiti i nitnici sino a Costanti- 
nopoli, fenili molli prigionieri , e travato il. ge- 
nerale tra i molti. Àùdrooico, che non peidff- 


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•586 Ai(rD:Roiirco ii. pkttxAOGo. 

yiBt lem po, fece lina rassegna generA le delle sue 
truppe^ ne rese compito il' numero, racconciò 
‘la -cavalleria , volendo mantenere T esercito in 
buono stato. Avvisalo cl’un^ alleanza delibavo 
cont-hiusa col re dei Bulgari , ntuové verso la 
capitale, sajìendo clie un corpo di tremila Tàr-^ 
tari , assoldati e mandati dal re , si appressAva 
a quella città. Manda a quel monarca un coC' 
riere per avvisarlo che, se non richiama i snoi 
'Thrtari, egli è per farli passare a filo di spada. 
Michele, che si era fatto' render conto dello 
stato degli alFàri del giovine Andronico, fu spa- 
■ventato dalle sue minacce, e ordinò che retro- 
cedesse la sua truppa. Il principe, «hrigalosi da 
tal nimico,' continuò a rnarciarc. Dn • acciclcnle 
lo favorivo. Dna contesa tra Genove«i e Vini- 
ziani avea determinato questi- a diligere una 
flotta di quaranta vascelli sópra Gelala , ricco 
magazzino del commercio di Genova. Questa 
flotta impedendo 1’ ingresso ’di Costanlinopoli', 
la città fa' ridotta agli estremi. Tale strettezza 
non durò guari, perchè l<? due repubbliche si 
riconciliarono. Càmari venne ad offrire al gio* 
vine Andronico di dargli in potere la capitale' 
'Il principe accetta ; aramendue si ^ accordano ; 
Camari rìenlra, si abbocca co' suoi complici, fa 
avvertire il principe del giorno in cui la guar* 
tli.a dei baluardi esser deve loro affidata, e del 
luogo dove sarebbe il suo posto. Sono pi epa- 


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l I S R'O ,CT. . 

rato lo scale; piccloU drappelli «ì avaiwaoo di 
uoUe eoo l ulte le couveuieuti precaaziooi. Si 
fa la «calala felicemente; la guarnigione è -sor- 
presa; l'esercito errivu; in un attimo il giovi- 
ne principe è padrone di 'Cóslantinopoli secira 
sparger sangue. Era il gioruo "24 di' maggio 
dell’anno 1328. Non vi avea accecametìto pari 
a quello del vecchio imperatore, se pure non 
lo era quello del vecchio logoteta, il quale, mal- 
grado reiterali avvisi , soaleoova che il giovine 
principe non sarebbe mai tanto aui^àce di lare 
un serio tentativo contro la capitafe. Essi non 
si disìogannarono' chc quando non era più tem- 
po. Andronico, accompagnato da oUocenlo sol- 
dati, entra nel palazzo. L’ avo gli manda a chic-, 
der la vita con parole supplichevoli. Il princi- 
pe era ben lontano dal volernelo privare. Ave- 
va dato gli ordini più severi perchè si avessero 
tutti i riguardi cui meritavano I’ etade ed il 
grado di lui. Arrivato nel suo appartamento si 
prostra a’ suoi piedi. 11 vècchio lo rialza , è si 
accusa; Metochila, presente, gli esorta alla' pa- 
ce. Il giovine Andronico non gli risponde 
con ano sprezzunte silenzio, il quale - gli' fece 
conoscere eh’ ei non ne - aveva dimehtìcàlo la 
condotta. Si reca di poi al monistero di Man- 
gana, vi prènde il patriarca Isaia, ivi rinchiu- 
so da zelo che aveva avuto per la di luì causa, 
.. In mena egli 'stesso al palazzo patriarcale. ^ 


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ÀNtWROlflCO II. PALBOLQOO. 

Dopo, avete così satislatlo ai doveri delta 
gtastiua e della, riconoscenza, Andronico tornò 
«I palazzo imperiale. Diede il goi^rno di Co- 
slantinopoii al prolovejstiarioy con istruzioni re- 
lative alla tranquillità di quella capitale. Do- 
,veva rintracciare quelli che avevano lolFerto 
dui'Rute questa ultima guerra' e ricompensarli. 
Prese queste prime ^disposizioni ,- si applicò il 
principe nel suo consiglio alla sorte del vec- 
chio Andronico. Egli non poteva, senza essere 
egli stesso accusato- di demenza, lasciare lo scet- 
tro in sì deboli maniw La esperienza gli aveva 
insegnato due volte che quel vecchio mancava 
ai più sacri impegni , e non inspirava nessuna 
hducia. L’interesse adunque e dello stato e 
del -giovine principe richiedeva imperiosamen- 
te’ che- il vecchio Andronico te/minasse di go- 
dere un’ atilorilà lungo tempo esercitata senza 
che avesse npparato a farne buon oso. Le opi- 
nioni furono discordi nel consiglio. II principe 
ne rigettò «li rigidissime, e volle che l’avo 
conservasse tutti gli onori dovuti ella dignità 
iihperiaie, lo stesso numero di domestici , lo 
8tes^so (ceno, nel palazzo imperiale, e gli assegnò 
una pensione di veniiquattromilo monete d’oro, 
delle quali dovea la metà essere somministrata 
dal tesoro , e I ’ altra presa sol prodotto della 
pesca di' .Costantinopoli. Continuò a rendergli 
ogni 'giorno i suoi doveri, talorg por aiiche lo 


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i I B « o cv. 89 

consultò , meno senza dubbio per averne con- 
sigli cbe indizi; gli clic finalmente tutte le di- 
mostrazioni d’ uu profondo rispetto. Ma il gio- 
vine principe fu costretto d’ assentarsi sovente 
dalla capitale; non si visitava l’avo cbe per 
piacere al nipote. Cessaron le visite al primo 
viaggio di ({uesto. Non si . tornò più al palazzo 
pcrcbc si aveva trascurato di andarvi. 11 vec- 
chio Andronico , spogliato del suo potere , fu 
in breve posto in dimenticanza , e cadde nel 
disprezzo. Qui torna in acconciò far osservare 
quanto differisca il racconto degli storici del 
legno di questo vecchio, Niceforo Gregora e 
G-intacuzeno. Sovente -si contraddicono, ed of- 
irono entrambi una qualità per sè stessa lode- 
vole, ma col difetto che n' è pressoché sempre 
inseparabile, gettando nell’ imbarazzo per di- 
scoprire la verità. Niceforo aveva al vecchio 
Andronico e Cantacuzeuo al giovine uu attne* 
ciicnento illimitato. La loro testimonianza uduiiT 
que non è, e non può essere del tutto impai'r 
zia le. Noi ci siamo attenuti a Cantacuzenb , e 
dubbiamo render ragione di tal precedenza. Ni- 
cetoro non loda mai l’avo 'che a scapito del ni- 
pote , mentic C<«nla 9 uzeno tiene sempre un de- 
cente linguaggio sul vecchio Andronico. Quel- 
lo di Gregora è sempre ingiurioso. E mosso 
«Ja due passioni, amore ed odio. Cantneuzeno 
non ha che la pritna; od almeno dissfmnia eoa 


190 AWIWOWICO «. PjàLf.OtOGO. 

tal diligenza la seconda, che iM>ns,i lascia giam- 
in-ai sfuggir jiarola che ne dia seniore. Grego- 
ra è in contraddizione, con sè medesimo, per- 
chè racconta dei falli, dei qnali sarebbe inca- 
pace il giovipe Andronico, se si ammettesse la 
opinione che ne dà -lo storico dell’ avo. E ben 
certo che questi due volte cadde nella dipen- 
denza dal' nipote; chequest’ ultimò restituì due 
\olte il trono a suo padre; che riportò parec- 
chie Vittorie, mostrò ingegno nelle sue campa- 
gne, e, ciò che non giova meno dell’ ingegno, 
mostrò ptire -abilità' nella perseveranza con cui 
mantenne le sue truppe bella disciplina mili- 
tare: non è menò certo che ai comportò genq,- 
ròsaràenle co' nimici. Come conciliare tali fatti 
coir* accusa di una smisurata ambizione, d’una 
vita da crapulone , d’ una passione illimitata 
per Ifi caccia; accusa, quanto ai^due ultimi ca- 
pi, -meritata dal principe nella prima sua gio- 
' vinezza^ ma riprodotta contro la veritè dei fat- 
ti , ò ripetuta da' Gregora sino a infastidirci. 
•Questo istorico riduce a diecimila le ventiqual- 
trouìik monete d' oro accordate al vecchio- Am- 
mettendo tale restrizione, t’ amministratore del- 
ie casa del vecchio imperatore aveva sempre t 
mezzi d* impedire olle ’ gregge del vicinato di 
entrare nei cortili del suo palazzo, ed ai vola- 
tili dì» scorrerne gli appartamenti ; circostanze 
riferite» accuratamente' da l'ilceforo. Egli prc- 


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fc I n H O CT. 

tende clie sia «tato, forcalo il veechio a fiirst 
monaco, e Caotacuzeoo accerta che il giovine 
Andronico n* ebbe on estremo rammarico, per- 
chè voleva rendere all' avo i) supremo potere. 
Intorno a ciò non è da credersi uè all' uno, nè 
all'altro. Abbiamo veduto che, quando il prin- 
cipe fu padrone dell' impero , V imperatore si 
prefleri d’ indossare V abito monastico. Como 
mai più tardi sarebbe stato costretto à -farlo , 
e quando, spogliato del potere, non poteva più 
intimorire ? Egli terminò col prendere tale a- 
bito, e r Osarne della suo condotta pel corsodi 
un lungo regno fa rincrescere che da ciò nou 
abbia incominciato. Egli avrebbe fatto un mo- 
naco assai commendevole nelle idee di quel 
tempo. Quanto al ranrmarico del giovine An- 
dronico , e principalmente al divisamento cbo 
in lui suppone Cantncuzeno di resti tuire |lo 
scettro air avoj lo storico ha troppo confidalo 
nella credulità dei suoi leggitori. Qua ndo un 
principe ha portato per alcun tempo la coro- 
no, non s' invoglia di deporla, ed ancora assai 
meno di cingerne la testa a quello che per 
beo due volte ha voluto disonorarlo con un 
processo criminale. A dir corto , i‘ fatti impor- 
tanti sono i medesimi nei due storici : differi- 
scono noi particolare delle circostanze e dei 
mezzi per arrivare a tali fatti ; il buon senso 
prescrive che si Irascelga quello fra i due ; il 


92 AnDROffJGO U. PAI^EOLOGO. 

coi rpccorito presenta alcan’ analogia tra i mez- 
zi e gli effetti; e questi è Gantacnzeno: per Bif- 
fati motivi ci è parujto che la testimonianza di 
lui debba essere preferita (t). Ritorpìamo al 
giovine Andronico. 

• Non sì tosto fu assiso soP t'ronO) che intese « 
correggere gli abusi deiPamministrSzione e del- 
r ordine, g indiziario. Avrebbe potato gustare]! 
piaceri, della vendetta. Metochita, gran logoteta 
era suo nimico personale. £gli avealo grave- 
mente offeso. Sempre concitò il vecchio impe- 
ratore contra il nipote : sapevasi ch'egli era 
l’autore delle guerre civili. Come nimico per- 
sonale del giovine principe, ne aveva meritato 
ì^ disgusto, e come gran logoteta un rigoroso 
castigo colle sue prevaricazioni. Andronico si 
contentò di mandarlo a Didiwotica in un nio-, 
Desterò.- Ma il popolo cui egli avea per gran 
pezza yessaito, ne saccheggiò il palazzo, ne di- 
strusse le fabbriche, ne rapi gli effetti. Si tro- 
vò nel saccheggio un inventario dei snoibeni, 

• ^ ; 

(1) !a altre circostanza adottiamo, come ci vedrà, q nel- 
la, di GrcgOra, Forse ci verrà rinfacciato di cangiar Ita- 
guaggio ioturno Cantacuzeno, ma non facciamo che seguir- 
lo nella sua condotta. Can'acuzeno generale, ma ggiordomo, 
reggente, non rassomiglia a Canucuzeno imperatóre; meno 
eziandio a Onntacuzeno monaco, e Cantacuzeno storico è 
pnr anche,' sebbene il medesimo, ua aluxi personaggio. 


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L I s B o cv; ' 1)3 

fatto da Melochita medesimo, col nome dei do- 
positari', Cai gli aveva af&dati. Le irmneuse sné 
ricchezze furono attribuite al fisco. Andronico 
fece venire il messaggero, che per ordine dell’ 
imperatore lo aveva caricato d’ ingiurie , e si 
chiamava Caballero. Si presenta costui più mor- 
to che vivo innanzi al principe, che gli diman- 
da con dolcezza ciò che fatto gli avesse per 
meritarsi un linguaggio tanto oltraggioso, -e lo 
congeda' senza punirlo. Non dubitando che il 
patriarca Isaia , ministro di pace , non perdo- 
nasse ai vescovi che si erano dati al partito del 
vecchio Andronico, volle il principe riconciliar- 
li con esso ; ma lo trovò inflessibile. Vedendo 
vane le sue istanze, gli deputa Cantacuzeno, il 
quale, dopo molte difiìeoltà, ottenne d» convo- 
care un sinodo, dove i vescovi sarebbero giu- 
dicati. Nel giorno deli’ assemblea, il patriarca, 
portandosi da accusatore, citò i vescovi a ri- 
spondere alle sue'' accuse. Cantacuzeno tenne 
allora un discorso sul perdooo delle ingiurie , 
dopo il quale, prendendo gli accusati ed i g»u- 
<lici, si getta con essi appiè del pontefice, che 
non potè ricusare il perdono ; ma accusò il 
maggiordomo di avergli teso un’ insidia. 

II re dì Bulgaria , cognato di Andronico^ pre- 
tendeva che tarqualitò gli desse diritto alia 
successione del vecchio imperatore; e inalgra- 
<lo il soleuoe trattato precedentemeute concbìu- 


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94 ATIDROIflCO 11. FALEOLOGO. 

So col giovine principe^ ,teee ana scorribanda 
sulle terre dell’ impero, e sNuipadrunì di pa- 
recchie città. Gli toglie Andronico alla sua 
volta una. delle più impoitanti piazze della sua 
frontiera , e per mezzo di ambasciatori gli di- 
manda poi conto della epa condotta. Michele 
risponde accennando le sue pretensioni. Gii fa 
osservare cne per godere a titolo di erede dei 
possedimenti dell* impero , deve incominoiare 
dai riconoscersi vassallo di Andronico. Michele 
replica, che sendo egli medesimo sovrano, do- 
veva essere independente. Propose non già di 
rendere le piazze prese, ma di scambiarle con 
Sozopoli, città grande situata sol Ponto Enssi- 
no, congedandoli fece ricondurre gli amba- 
sciatori da uffizialì che rapportare dovevano la 
risposta di Andronico. Essi trovarono questo 
prìncipe alla guida delle soe troppe, accampate 
presso Andrinopoli. Ne dovea fare la rassegna. 
Esse erano numerose, ben disciplinate, ben ar- 
mate, ben equipaggiate. Da gran tempo non se 
ne vedevano che presentassero una sì bella or- 
dinanza. Andronico percorre quell’ imponente 
esercito cogli ulbziali mandati dal re bulgaro , 
‘ e dice loro dipoi che vadano a ragguagliarne 
il loro padrone, sògglagnendo che, ricusandogli 
quello la pece, era per assalirlo al fine di ot- 
tenerla, rimettendo la giustizia della sua causa 
nel Dio delle battaglie. Michele perdette la vo- 


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glia (li miflararsi cqn Aniironìco, rendè le piaz> 
ze che gli avea tolte, .fece la pace , e si ritirò 
nei SUOI stati. ’ ; 

Cantacuze'rio ottenne la l|};>ertò di SirgianoV 
cui r antico imperatore avea fatto caricare di 
catene e legare ad uqa colonna. La madre del 
giovine Andronico gli seppe mal/ grado .di (ale 
indulgenza, affermando che Sirglatio era un .no- 
mo pericoloso; nè prendeva abbaglio. Il gran 
maggiordomo adempieva presso T imperatore, 
le funzioni che per I’ orclinario sono assegnate 
a più ministri . Volle dimettere la soprante n dan- 
za delle fìnanze, la guardia dei sigilli, la rece- 
zione delle imposizioni. Andronico vi acconsenti,, 
lasciandolo padrone della sedia d* un ministro^ 
Cantacuzeno presentò Apocauco. paracemoineno , 
che fu approvato dall’ imperatore. Questa era. 
la peggiore scelta che far si potesse. 

li principe,, volendo che il suo popolo fosse 
felice , diminuì le imposizioni , e procacciò di 
evitare le guerre ( an. 1329. ) A tale oggetto 
si recò a Gizico per conchiudere un trattato 
coir emir Tamer-Can , sovrano di Frigia , che 
poteva iropunemenfe balestrare le citlè dell' im- 
pero siluìite sull’ Ellesponto. L' emir accettò 
più facilmente che non si. avrebbe creduto le 
proposizioni di Andronico, e la pace fu fatta 
fedelmente osscvrvata. Ma gli altri capitani tur-, 
chi aveaiio più ostili intenzioui. Creano , figlio, 



Pfi AN0BOÌriCO u. PAtEOtnO», 

e successore di Ofman, cairiininavB sulle orme 
di suo padre. Vojeudo essere con<]oistatore co- 
me lui, forma il progetto di scacciare i Greci 
dati’ Oriente, e comincia dall’assedio di Nicea. 
Questa* città è in breve ridotta agii estremi. L’ 
imperatore, avvertito d*i Contofro , governatore 
della Mesotinìa , raccoglie truppe in. fretta e 
tragitta il Bosforo. Orcano , informato di tal 
marcia, stacca dal suo esercito ottomila domini 
eletti e muove alla volta di FUocrena, picciolo 
città marittima, presso alla quale osteggiavano 
i Greci. All’ avvicinarsi di lui, mette Androni- 
co -le sue troppe in ordine di battaglia, le a 
ringa, e le informa della maniera onde il nimi- 
co si batte, al fine di adottare una tattica di- 
versa, dalla consueta: questa era di marciare in 
ordinanza, a piccoli passi , e di piombare a 
precipzio sui Turcbi al momento che si fosse 
a tiro d’ arco , perchè ih tal foggia si scanse- 
rebbe d’ esserne colpiti. Appiccusi il combatti- 
mento; i Greci adòpei'ano secondo le istruzioni 
di Andronico , "e .rispingono ^'il nimico. Ma ri- 
portare non si poteva una compiuta vittoria 
senza forzarlo nei luoghi , ove si rifuggiva , i 
quali erano pressoché inaccessibili strette. Can- 
tacn/.eno fece abbandonare il progetto che si 
aveva di tentare una impresa assai rischiosa. 
Essendo padrone del campo di battaglia, si po- 
teva ritirarsi negli alloggiamenti senza vergo- 


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■ i I r R o. r.T. 

^na. I Turchi >e*Jondo che i Greci facevano un 
movimento retrogi;otlo , escono dall’agguato e 
li balestrano nella ritirala. Si appicca una nuo- 
va zuffa; i Turchi, hntluti di nuovo, rientrano 
nelle loro montagne. Ma Andronico fu ferito 
e siccome rimase per alcuni giorni nel suo pa- 
diglione, fu data voce della morte di lui^ A 
tal nuova i soldati si vogliono sbandare. Can- 
tacuzeno fa inutili sforzi. In quella confusione, 
alcuni uflizialì spaventati idal tumulto traspor- 
tano V imperatore sopra un vascello per farlo 
passare a Costantinopoli. I soldati si dividono 
in più corpi. Creano , che non li perdeva di 
vista , manda contro essi de' drappelli che ne 
uccidono uri grandissimo numero. Parecchi gc- 
nernli perirono. Gli equipaggi dell’imperadore, 
il bollino, tutto fu preso. Nicea, così ahlrundo- 
ivata, si vide costretta di arrendersi al vincito- 
re, che umanamente ne trattò gli o])ilanli. In 
essa cittò divisò di formare nei suoi stati una 
solida e durevole" amministrazione. Creò dei 
basciù per governare lè provincie in suo no- 
me, dei cadì per giudicare le cause, fuialuren- 
te una disciplina militare per tenere in freno 
j soldati, che non riconoscevano nessun giudi- 
ce quando erano in campagna. Creano fermò 
)a sede del suo impero in Prosa, la (juole ub- 
bellì con un gran numero di monumenti , e 
Le fkan T. Xy. 1\ 1. 6 


98 xanaoniGo u.' palboiooo. 

ftbbWdonò il titolo dì emir per qaello di sal- 
tano. 

Andronico ritornalo a Costantinopoli ^ dopo 
essersi risanato della sna ferita , attèse alla ri- 
fortìaaj'ione dei tribunali, centra i quali gli e- 
rano sfate drizzate • le più gravi querele ( a«.‘ 
1330. ). Depose tutti i giudici , e ad essi sur- 
rogò uonaini noli pér dottrina. Fece loro giu- 
rare di render giustizia * gratuitamente , e per 
gnarentirli dalla corruzione, li provvide di suf- 
ficienti onorar]. 

L’ inaperatore rislabililòai ’ in salate fece un 
viaggio in Tracia, e soggiornò saccessivamente 
nelle città di.Didiinolica e di Andronopoli. Era 
accompagnato dal fedele Cantacuzeno , di coi 
non potea far a meno. Camuiìn facendo , An- 
dronico lo «mise 'a parte del progetto che area 
formato di assocciarlo all’ impero , e dividere 
con essò I’ autorità suprema. Egli pacticolariz- 
ZB per minuto ( Oantacnz. 1. 2. c. 9. ) 1’ in- 
.tertenìmento ch’ebbero insieme su tal punto; 
r. uno esponendo i motivi che avea di fare tal 
divisione, e 1’ altro quelli del suo rifiuto. Ben 
prevedendo che il silenzio degli storici rende- 
rebbe dubbioso tal fatto, che da lui solo pote- 
va essere riferito , Cuntacuzeivo chiama Dio in 
testinv)nio dello, verità della sua narrazione. Il 
progresso degli avvenimenti potrà- forse con- 
durci alla opinione che si deve avere delia sua 


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l I B B o Cr. 99 

sincerità. Clìecciiè np sia, I’ oggetto del viaggio 
dell’ iniperiilore in Tracia era di abboccarsi 
colla madre di Cantacozeno , a cui era stato 
proposto di far ritornare 1’ isola di Scio sotto 
la signoria de^ Greci. Essa n’ era stata» separa- 
ta sotto il regno del vecchio Andronico, da poi 
che Benedetto Zaccaria;, nobile genovese, ven- 
duto sa n’ era padrone. Il principe, troppo de- 
l)ole per vendicare tale ingiuria , aveva dissi- 
mulato. Egli ne lasciò in possesso Benedetto a 
condizione che l’ isola non cessasse di far parte 
del patrimonio dell* impero. Tale condizione, da 
prima accettata , fu in breve disconosciuta . c 
non andò guari che 1’ usurpatore si comportò 
da sovrano independente. Sustituì allo stemma 
imperiale il suo, costruì porti, impose tributi, 
c commise tali concussioni che suscitò un ge- 
nerale disgusto. Suo fratello medesimo ebbe 
motivo di lamentarsi di lui. Io quelle circo- 
.stnnze un signore , di nome Galeteta', andò a 
liovare la madre del gran maggiordomo per 
informarlo dei mezzi d’ impadronirsi dell’isola, 
onde ella mediante il figlio suo il comunicasse 
all’ imperatore. I mezzi furono concertati con 
up’ accortez/à che sortì Un buon esito, e l’isola 
«li .Scio ritornò sotto la dominazione di Andro- 
nico, che vi niise una suIBciente guarnigione. 

Da quest’isola partì 1’ imperatóre per visita- 
re i possedimenti che 'aveva nell’ Oriente, e 


iOO ÀBt)T\f)«fOO H. f AfcBObOGO. 

formar trattati cogli emiri gelosi delta potenza 
<li Orcanò; il quale faceva ogni giorno nnovi 
progressi. Dopo essersi fatto riconoscere dagli 
«liìtaoti di Focea, ritornò - nella suia capitale , 
<lohde non mollo si recò a Oidimotica. Ar> 
rivatovi intende che un' ormata turca mandata 
da Orcano e di fresco sbarcata si avviava a 
Tra-janopoli. .Sprovvedalo in quel momento e 
in- quel luogo di truppe .regolate, riunisce tut- 
te l'e guarnigioni delle piazze vicine, si avanza 
alla loro gnida incontro ai Torchi , appicca 
zuffa con essi, e diporta una segivalata vittoria. 
INun ne scapolò che un piccolissimo numero di 
fuggitivi. Tale vantaggio rendette il buon suc- 
cesso ai Greci. Una perdita età sempre paressi 
di cattivo augurio^ e tenevano che èd essa do- 
vesse ituinaocahilmente sustegoitare un’ altra 
, perdita. Ed era !• stesso d’ una , vittoria che 
aembrava ai lor occhi l* infallibile prcsagip di 
un’ altra vittoria. L’allegrezza che^ provavano 
per quella testò riportata da Andronico fu 
turbata dal pericolo hcl.qpnle ,una malattia a- 
cnla gettò l' imperatore. Questo principe, aven- 
do imprudentemente preso un , bagno ti vide 
tofto sull’ orlo del, sepolcro.. Ridotto all’ultima 
estremiti, credendo la motte inevitabile, chia> 
ma a se i -grandi dell* impero, e gli unisce col- 
r imperatrice sua moglie.; li esorta a 'ricono- 
«cere G^utacuileUo, cleggendoio governatore ia 


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N 

t 1 B H o tr. ^0\ , ' 

‘^un vecè e t'accori! andnnclu ii luì la prìncìpes-* 
sa. Dietro gli ordini' di Andronico, il maggior- 
doiiko ricevette il giuramento dai seoatoli e ' 

dal popolo , cLe giui’àrono di riconoscere per 
sovrana la imperatrice Anna, e di ubbidire in 
tutto al maggiordomo. Siccome il dppoto Gp- 
stanlino, zio del giovane Andronico , era sem- 
pre in prigione a Didimotica, i gran dignitari 
teraevaou' non fuggisse per formarsi Oii pa,rti- 
Id, e far valere le pretensioni che aveva al 
trono. Andarono a trovare Gantacozeno per pro- 
porgli di torre la vita a Gostanlmo, onde sot- 
trarsi a una guerra civile. Il maggiordomo 
non dissimulò la indignazione cui gli cagiona- 
va tale proposta. Ricusò pur anche di far ca- 
vare gli occhi al principe, uso barhaio pro- 
prio di rjuel secolo per rendere inalali ^a| tro- 
no quelli che vi avrebbero avuto alcun dirit- 
to , e cui se ne voleva' allontanare. Intanto 
cresceva il pericolo di Andronico.: egli volle . 
morir monaco; ma Ceiitacuzeno , che non di- 
sperava deliavita di esso, vi si oppose,’ perchè 
se si ristabiliva rn salute, non poteva più risa- 
lire sul trono. Durò fatica a farlo rinunziare. al 
suo progetto. Sen^o poscia Andronico caduto 
in un profondo l’etargo, lo si {lentie per morto, 
e ^ià se ne apprestavano i funerali, quando ad 
un tratto cessò il sopore dopo due giorni. Il 
maialo diinaodò deir acqua d’ una fonte consa- 

6 * 


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^D2 u. PAI.EOLOÌÈO. 

crata alla Vergine sautissìioa, ne Ibcvve , slcU 
le meglio, e poco a poco ricovrò la salute , e 
fa risguarduto come un miracolo il suo ristai 
bilhnenlo. ' 

Il giovine Andronico, tornato alle sae fuozio-^ 
ni, ap-pfovò tnlte le misore prese da Gantaca- 
Zeno nella sua lauga malattia. Una sola fa bia- 
simata, ed il fatto giustilìcò il principe. Il mag- 
gipi'dumo aveva eletto Siigiano governutore 
deir Occidente, e le truppe erano sotto i suoi 
ordini^ Andronico, che non si era dimenticato 
.della condotta di quell' imbroglione, trovò che 
Gantacuzeno evea commesso un'^ imprudenza, 
E tutti se ne convinsero tosto, quando si sep- 
pe die In imperatrice madre dell’ imperado- 
re, credendo certa la morte del Gglio , volen- 
do regnare dopo di lui, non amando ne la 
principessa, alla quale egli lasciava U'cornna ,* 
nè Gantacuzeno a cui egli c^mferiva il potete, 
si accinse a foimarsl ' un partito. Perciò «Ila 
ricercò Sirgiano, ch’ era statp sempre 1’ ogget- 
,to del suo disprezzo, lo adottò per figliuolo, e 
gli confidò i suoi interessi. Richiese dagli ubi.,, 
tanti di l.’«»salonica un giurumento , pel quale 
riconos'cevanta a sovrana , e, si obbligavano a 
cumbultere per lei. Il ristabilimcnlo di Andro- 
nico maodò in dileguo i progetti dell’ apabi<^ 
ziosa principossa. Il maggiordomo propóse di 
ricluauiare Sirgiano* L’ imperatore preferì di 


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l I B H O cv. ^03 

lasciarlo nel «uo governo. Fece mcllere in li- 
Lcrtà Coatantioo , lodando Caiitacu^eno della 
reslftlenzra che aveva opposta ai grandi che sbri- 
gar si volevano di esso. Mctochitn fu parimen- 
te restituito alla società. iDurante la inialuUia 
di Andronico, I’ avo suo si fece monaco, e pre- 
se il nome di Antanio, Wiceforo Gregora af- 
ferma che vi fu forzato dal jprolostratore. Can- 
tacuzeno presenta questa azione come spoiitar 
nea dalla parte del vecchio imperatore. E cer- 
io eh’ essa avvenne durante 1’ assenza e la ma- 
lattia di suo nipote , e che questi per cor»se- 
guenza fu ad essa straniero. E probabile che 
il vecchio , conoscendo le disposizioni che as- 
sicuravano il trono alla vedova e 1’ autorità u 
'' Cantacuzeno , non isperando di esserne sì ben 
tl'iiltato come il nipote , preso abbia il solo 
mezzo che gli guarentiva la pace. !^e rideltia-» 
rao alle inclinazioni di Andronico II ; se ci ri- 
sovveniaino ch’egli amava sommamente le di- 
spute teologiche ; se pensiamo alla conside- 
razione di cui godevaiu» i montici in quel se-, 
colo, affermeremo ch’ei non si poteva tippì- 
gliare a miglior partito, sia che volesse rima- 
nersi tranquillo , o rappresentare ancora un 
personaggio nel mondo, allora era grande 
la intlucnza dei religiosi, quella d^ un impe- 
ratore monaco doveva essere assai considere- 
vole* 


^•14 • AHanONICÓ li. PALEOLOliO. 

I Turchi ricomparvero io Tracia a ctrap- 
pelli che saccheggiavano la provincia ; Amlm- 
nico si mise alla lesta delle sue truppe, e li di- 
scacciò ( an 433t. ) Dopo la quale "spedizione 
lispinse i Servj , che' assediavano Acride ; o 
prese al cralo parecchie fortezze. Mentr’era in 
(polcidica, Arsenio Zamplacone, pnpia , gli de- 
)ionziò .Sirgiano come un cospiratore, li prin- 
cipe radunò un consiglio, dinanzi al qu.'ile ilo- 
Vi!?» l** accusatore addurre le sue pruove. Pa- 
recchi avvenimenti fecero andare in lungo il 
jìiocesso. Una nuova scorreria dei Turchi for- 
/ò ;Ì giovine Andronico di andare a scacciarli 
I da Kedesta, di cui si erano allora allora impa- 
^^rouiti. or incalzò, è li costrinse a rimbarcar- 
si. Fu meiìo avvec\turoso contro i Servj. 

Michele, re de’ Bulgari, suo cognato,' era as- 
salito dal oralo di Servio , di cui ripudiato 
aven la .sorella per isp.osare quella di Andro- 
nico. Mandava a pregar* c^^uesto che colle sue 
truppe lo soccorresse in una guerra in cui 
egli non poteva non prender parte. L’ impe- 
ratore si mise in> campagna; ina f^ritna di rag- 
giunger Michele intese che questo re era poc* 
anzi morto, dalle conseguenze di una ferita ri- 
levata in uh.combaUimeoto contro il cralo, il 
quale, violando una tregua cònchiusa, era 
' piombato sopra di Iwi* Noti avendo forze a ba- 
slaaags, Andronico si ritirò. Tornato a Costan« 


t I u K o cv. IG5 

\ìnopoli, inio&e che Oroano assediava Nicorae- 
tVm , città la quole , sebbene avesse per;lulo 
del suo antico splendore, era tuttavia impor- 
tante. Riparte subito per volare iir soccorso di 
essa. Orcano, avvertito dell’ arrivo dell’ impe- 
ratore, gli manda deputati afRnclic scelga o la 
yjace o la guerra. Si concbiude un trattato, col 
renale il sultauo s’ impegnava a non inquietare 
giammai le imperiali citta dell' Oriente, nò 
turbare la^buona/ intelligenza nella quale si ^ 
proponeva di vivere con Andronico. 1 due prin- 
cipi si fecero .de’ presenti a vicenda. Il sultano 
mandò cavalli, pelli di liopardo, tappeti , cani 
da caccia, e ricevette vasi d’, argento , drappi 
di lana e di seta, con un ve^'tito dell’ impeì'a- 
I loro. Presso gli orientali era questa' una testi' 
monianza di stima particolare. 

Andronico, non avendo più nimici sulle sue 
braccia, fece ripigliare il processo di Sirgiano. 
ZanipJacone produsse una moltitudine di lesli- 
mooi, che aggravarono 1’ accusato. Quest), pa- 
ventando l’esito, sollecita un nuovo indugio. 
Zamplacoue reclama e dimanda cbe 'Sirgiano 
sia arrestato dichiarando eh’ ei si recava in 
prigione, conforme all’uso cbe allora correva 
di assictirarsi cosi dell’ accusatore come del- 
l’ accusato. Sirgiano espone che basta dar cuu.-' 
zioni, e fa che Centacuzeno acconsenta a ser- 
virgli di mallevadore. Mu la notte susseguente < 


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^06 IWDRONICO II. PAIEOLOGO. ' 

il reo g’ invola , e si nascoude nei sobborgo di 
Galatà, L’ imperatore , sapendo quanto costui 
era pericoloso , comamjia che sin cercato. Sic> 
come non lo si trovava , imagiiiando che ciò 
fosse per la neglTgenza de’ suoi emissarj , andò 
a Calata a far ricerche egli stesso, o piuttosto | 
per sopravvedere coloro che le facevano per 
ordine suo. Esse tornarono inutili. Sirgianu era, 
come si è saputo in seguito , nella casa stessa 
dove slava I’ imperatore , circostanza che im- I 
pediva di sopporre che il faggi tivo si fosse 
colò ritirato. Dopo la partenza di Andronico , ^ 

egli 8* imbarcò, si fece sbarcare in Eubea, tra* 
versò il paese dei Locresi e degli Acarnani''^ 
Ì>ér andare in qqello degli' Albanesi ^ presso 
alla Tessaglia. Mentre che era stato governa- 
tore d’ Occidente 'si era fatto conoscere dà 
que’ popoli. Ricevette da essi la ospitalità, po- 
Écia i mezzi di riparare presso.il oralo di Ser- 
TÌa j nimico di Andronico. Il criilo gii rimise 
il comando generale delle truppe. Egli comin- 
ciò dall’ assediare e prendere la città di Ga- 
sterea. L’imperatore partì per Dimotica col di- 
segno di applicarsi ai mezzi di punire quel 
ribelle. Un sénatore, di nome Frantzè, andò ad 
offrirgli i suoi servigi. Fu convenuto eh’ egli 
anderebbe a difendere le piazze sitiuite pres- 
sa o Gasterea; che fìngèrebhé dì tradire gl’ in- 
teressi del suo padronè ; che procurerebbe di 


\ 

l I B R .0 CV. -f07 

aLhoccnrsl con Sirgiano, « allora arresterebbe 
quel traditore e le consegnerebbe alle ^truppe 
ìniperiall. Come Franlzè arrivò nella città ^'di 
cui era eletto' governatore^ Sirgiano gji mandò 
a proporre di abbandonare il partito di An- 
dronico, e unirsi a lui. Il senatore accettò; fa 
conchiu^o un trattato; Sirgiano, ingannato per 
la prima volta , persuase facilmente il oraloj 
e gli fece conoscere quanti mezzi troverebbe 
tra i Greci, poiché i senatori abbracciavano si 
apertamente la sua causa. Il cralo fu avanzare 
le sue truppe sulle rive rlelT Assio , nelle vi- 
cinanze di Tessalonica.- L’ imperatore dal canto 
suo si appressava a questa città. Franlzè ave- 
va renduto al cralo la piazza , nella quale co- 
.,1 mandava. Corn’ era stato convenuto, l"* im- 
peratore dichiarar lo fece reo di alto tradi- 
mento, ne confiscò i beni, ne mise a taglia la 
testa. Il senatore, sorridendo dei pericoli, volle 
ollVettare lo scioglimento. Avendo pregalo Sir- 
giano di accompagnarlo in una passeggiata 
presso ad un fìumicello' detto il Galice, lo fe- 
ce trucidare dai suoi soldati. Cantocuzeno af- 
ferma che abbia oltrepassato gli ordini di An- 
dronico, e Niceforo che non lece altro che con- 
formarvisi. Questi che non si lascia sfuggire 
nessuna occasione d' infamare I’ imperatore, lo 
presenta come an assassino , e biasima la di 
lai azione. Sirgiano aveva tradito tante volte > 


: -===.gk 


Di - - 


-108 AltDR05ICO li. PAtROLOGO. 

die noti is|>ir« nessan int«resse; e »’ è vero che 
ìli poHtiea la utilità gitìstificavu un delitto', I» 
ticcisioue d’ 'un traditore , la cui morte rende 
]a pace al popolo, noti merita nessun rimpro- 
vero. ' ' . 

Nel mese di febbrajo ( an. 1332. ) il vecchio 
Andronico mori nella notte che successe a'uua 
còuferenza che aveva avuta con alcuni dotti , 
siila quale era presente Cimonida sua 6gUa, ve- 
<lova di'^ Servio. Egli stveva settantaquattr’ anni.- 
l! suo storico e 'fedele .servitore Niceforo Grc- 
gora, giudicando cbe la morte di questo mona> 
co, dimenticato da ben due anni che viveva 
sotto la cocolla., fosse un avvenimento tanto io- 
teressante che la terra esser ne dovesse ant»ci- 
■jialamente avvisata, racconta cbe parecchi pre- 
sagi -I’ annunziarono.. Un’ecclipsi del sole ac- 
caduta li 30 novembre 1 331 , un^ altra della 
luna li 5 dicembre, noa violenta procella non 
ebbero luogo se non se perchè il vecchio An- 
dronico doveva' morire li 12 febbrajo. La storia 
del suo regno, anche secondo il suo panegiri- 
sta Gregora, prova eh’ era un principe medio- 
cre quanto ai doni dello spirito. Il suo popo- 
lo fu tormentato da fanatici eh’ egli incoraggiò 
oppresso da ministri cuj ricolmò di favori in- 
vece di punirli; rovinato dagli appaltatori, cui 
egli stesso autorizzò; saccheggiato da barbal i , 
a’ quali per .la sua iiicapncdà nun seppe lesi- 


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l I B R o> cv. 109 

alcre;' e lacerato da- guerre religiose di cui egli 
stesso accese la face. Ebbe sul trono la su> 
perstizìosa divozione d’ nn monaco ignorante. 
Non si ravvisa in Ku^. che la sola virtù della 
sobrìet^^ il solo talento della' disputa. Senza 
essere malvagio fu talora cattivo figlio, cattivo 
padre, cattivo fratello , e sempre cattivo' re. 
Metochisto^ degno ministro di tal padrone , lo 
seguì da presso, e trovò in Niceforo. nn pane- 
girista così .veritiero intorno al favorito, come 
intorno al principe. 

La nascita di Giovanni Paleologo ricolmò An- 
dronico di allegrezza. Egli ordinò pubbliche fe- 
ste, giostre, tornei ,■ esercizj portati da Savoja 
dai cavalieri .che accompagnarono la impera^ 
trice. L’ imperatore vi si distinse a segno di 
esporsi a pericoli. Subito dopo tali spettàcoli 
partì per fare la guerra ai Bulgari, che allora 
allora;.aveano scacciato sue sorella Teodora per 
dar la corona al principe Alessandro, figlio di 
Michele Strnscrmiro' j e nipote dell’ ultimo re. 
Alessandro, appena sol trono, raccoglie le sue 
troppe, vi nnisce un corpo, di Tartari, 'e pren- 
de alcnne città di frontiera 'sottomesse ai Gre- 
ci. Andronico entra in Bulgaria col suo eser- 
cito, mette. tutto- a sacco, ripiglia Mesèmbràa , 
e parecchie fortezze costrutte sul monte Emo 
contro le correrie dei barbari; Non ebbertepi'po 
di prendere Anchiala innanzi all’ arrivo di 
Le-Bcau T. XF. P. L 7 ’ 


■410’ JkKDROniCO Tl. PAL'BOLOGO. 

’Alessandrd^ i dae eserciti per gran pezza rimas- 
sero ^di fronte ad osservarsi. Il re dei fialgari' 
fece domandare la pace. L' imperatore vi ap-* 
pose pér condizione, la rese di Ancbiaia. Essa 
venne accettata^ e si concbinse il "trattato do- 
po alcune diifico ltà sopra una clan sòia dkcam- 
Lio. Andronico si òbbiigava a -dare in iscambia 
Diampolì, città di < assai nteno importanza. U 
gi.orno innanzi a quello in cui si doveva ese- 
guire il cambio , un corpo di Sciti arriva al 
campo di Alessandro, il quale contro da fedo 
dei giuramenti approfittar si volle di’^tale rin- 
forzò per assalire Andronito.'Ma siccome I’ im- 
peratore avea' conchinso un trattato di pace- 
con que’ barbari , il 're di Bulgaria diede foro» 
n credere che 'combattessero contro suo zio cbe 
gli disputava il trono. Andronico, avvertito da- 
gli e*<plpratori,' dispone la sua artista, di cui 
per> isventura congedato aveva - fina, parte. A- 
vunzandosi, intese' il rauco ’e duro' suono della 
tromba degli Sciti che ‘dissipò ringainnò nel . 
qual era, non 'volejndo prestar ' fede alle reta-' 
zionì'cbe gli erano state fatte , e non potendo' 
supporre che i sOoì alleati "marciassero contro 
di loi. Quando , gli eserciti furono a fronte , i 
Tarinri si allontanano, fanno Un giro, e piom- 
bano sulle: falangi che formavano la relrriguap- 
dia- deM' esercito di Andronico. Esse furono fa- 
ciiiiicuie messe In rotta a quell' urto ina<Tpel-‘ 


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£ 1 B B O CV. Ut 

tato. Il principe ed i signori che lo accojnpu- 
(•navano non erano più sostenuti che da sei 
falangi. Si battono oon tal valore ^ -che i Sal- 
inari lono costretti a cedere ma tosto raffor- 
zati dagli' Sciti, ripigliarono il vantaggio, e ri- 
spinsero i Grecia Andronico e Gantacuzeuo si 
trovarono per no istante divisi dalia loro gen- 
te, e (Corsero i più grandi pericoli. Raggiunto, 
r esercito che si ritirava in buona ordinar^za , 
rientrarono in Rosocastro, dove il nimico non 
osò di attaccarli. La domane Alessandro, quan- 
tunque vittorioso , mandò all’ imperatore uno 
de^ principali suoi sudditi, di nome Evan^ per 
proporgli d\o8servare il trattato, di cui erano, 
convenuti. Vi aggiungeva per condizione I’ obr 
Lligo di maritare la figlia di Andronico, al fi- 
glio di Alessandro. Artdronico rispose che vo-. 
lentieri acconsentiva al trattato, perchè vantag- 
gioso alle due .nazioni; ma che accordando sua 
figlia con tale precipitazione, si, argomentereb-, 
be che^ lo avesse f^'ttu per forza , e quindi es- 
sere necessario ponderar bene la cosa , e trat- 
tarla col mezzo di ambasciatori , quand’ ei fos- 
se tornato nella sua capitale. Dopo inutili i- 
gtnnze su tale oggetto , il re fu costretto di 
contentarsi del trattato che fu rinimvato, -e del- 
la speranza che gli si diede di vedere l'attro 
affare condotto a termine giusta isuoi deside-:* 

V . . ' 


4<2 AKDnOTClOO! 11. PAI.BOLOGO. 

li. Si, Repararono' i cine principi dopo le feste, 

che si son dati a Ticeuda: 

Andronico, aleno ietnpo dopo, iotendendo che 
A m ir, saltano d! Ionia, 'minacciava di lare ano 
sbarco io Tracia ’per' sacobeggiarla ^ raccozza 
troppe, e le còndoce sai litloraii per osserva» 
re i Turchi, eh’ erano a bordo d'ana floUa^dì' 
settantacfnqoe vasceliii E^ai sbarcarono a Poro. ' 
1 dne eserciti s’ incóntrarooo a' Panaiia e re- 
alarono di fidente per on intiero giorno senza 
attaccar baltagira. 1 Tarchi, non conoscendo il 
paese e temendo le imboscate, e perchè qaanr* 
tniique fossero piì^ namèrosi dei' Greci ,,sap» 
ponevano questi sostenuti da altre truppe, ri- 
tornarono ai loro vascelli in tempo di notte. 

Versò la fine dejranno chiuse i suoi giorni 
in Napoli Filippo di Taranto i ebe^portava il 
titolo d’ imperatore, di Costantinopoli. Questo 
titolo passò dalla sua vedova a Roberto , suo fi- 
glio , le cui pretensioni non . doveano sortire 
miglior' effetto che quelle di Filippo. Avrebbe- • 
ro avuto mestieri dei soccorsi di tutte. le po- 
tenze'di Europa , ma queste io quel tempo' 
erano o divise tra-loro. , o impigliate in altri - 

attiri: v • . . 

U trono patriarcale, era vacante per la morte 
allor aijora sao9essa d’ Isaia. ( an. 4^33. ) An- 
dronico si curava assai meno che I’ avo dell’e- 
lezione del nuovo prelato. Cotesta indifferenza 


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1-F B ,R,0 K 13 

aatorlztò molti competitori, e nascer fece delle ^ 
pratiche. Cantacuzeno proteggeva un antico 
cappellano della sua casa ; di nonne Giovanni 
Gnleca, cui aveva ascritto al clero deJla corte. 

I vescovi, che^ si trovavano nmiliati da tale pre- 
erenza, fecero alcuna obbiazioqi, alle.qóali ri- 
sposo il gran domestico. Quando egli conobbe 
che il resultato deir assemblea non gli 'sarebbe 
favorevole la ruppe , e convocò dieci giorni 
dappoi on nuovo iìnodo: In quel mezzo ebbe 
agio di faro i passi necessari per aggiungere 
il sno scopo. Avvedendosi della inutilità de'saoi 
sforzi, uso di un artifizio con buona liustita , 
e fu di far le vista ‘ di rinunziare alia sede di 
Costantinopoli par^Caleca , e di contentarsi di 
quella di Tessalonica, non per ancha occupala. 

L’ assemblea immaginandosi di liberarsi- dalle, 
importunità che la assediavano , elegge a vóti 
nnanimi quel prete ad arcivescovo di Tessalo- 
nica. Cantacuzeno fece ‘ distendere *e ‘sottoscri- 
vere la nomina. Com'ebbe l’atto nelle foi me 
legali, dimandò ad essi perchè, dopo avef giu- 
dicato Caleca degno del vescovato, lo escludes- 
sero dalla sede di Costantinopoli, dove le fun- 
zioni ed i doveri' erano gli stessi che in Tes- 
aalonica, come* se il persistere nel loro ri6ulo 
non fosse no disobbligare pensatamente e lui 
ed il principe, a cui laiitò slava a cuore la u-- 
nione. I vescovi cedettero , e Caleca fu. eletto. 


pjaJSrea by CiHigle 


414 AlfDROIflCO II. PAIEOLOGO. 

Quegli ern un uomo mediocrH , ' cui la natura 
negato aveva il dono'della parola ; e Gantacu- 
zeno sforzando a fare siffatta scelta non con- 
sultò l’ interesse della chiesa. 

.Ricominciando i Torchi le scorrerie, predan- 
do i vascelli che 'incontravano nelle marittime 
loro corse, mettendo a guasto la terre dell'im- 
pero, Aiidronico' 8^ avvisò di non potere giam- 
mai guarentirsi dal nimico senza il soccorso 
dei Latini, • cho uno de' mezzi piò efficaci per 
'Ottenerlo sarebbe di porere ineiineto a rappa- 
'ciar le due chiese. Era stato questo il motivo 
di Michele Paleologo noi progetto abbandona- 
to dal fìgliu senza ^ riflessione. Andronico rese 
consapevole delle sue disposizioni i due missio- 
nari che passarono per la capitale. Reduci a 
Roma iurono essi solleciti a trasmettere al pa- 
pa la confìdauza dell’imperatore. Gluvauni XXLl., 
il quale conobbe quanto la riunione della 
chiesa greca illustirerebb» il suo pontificato , 
'scrisse àl> principe una lettera • affettuosa , sti- 
molandolo ad eseguire il suo progetto, procac- 
-ciaiido di pr'òvare che questo era il solo mez- 
zo di liberarsi dagl' infedeli. Il sommo ponte- 
fice non tralasciò in quella negoziazione d* in- 
tirizzarsi alla' imperatrioa allevata in Savo|a 
.nella religione cattolica romana, non meno t:he 
«1 pattiarca, ai vescovi principali,' ai magnati 
, doli' àinpero; iiiAntenae segreto carteggio con 


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LIBRO CV. TI’ 

Giovaiini Pisani, fami^J'^re .U Andronico. Co- 
ine seppq che i principali Greci non si oppo- 
nevano al progetto, ilepntò ad Andronico • duo 
missionari, dopo averli falli vescovi , pfer for- 
nirli dì un carattere più imponente. Ma nella 

negoxiazione era posto in dimenticanza il po- 
polo, il quale, dietro la mania del vecchio An- 
dronico, ed il suo trasporto per le discussioni 
era avvez*o a figurare, poiché tali discussioni 
erano, sempre pubbliche. Arrivali appena i mis- 
sionarj, fn conosciuto T ogptto della loro am- 
basciata, ed il^ popolo richiese che 4l patriarca 
si misurasse con essi. Caleca , che assai poco 
sapeva parlare, incaricò di tal cura Nicefoi^ , 
laico, il quale era rinomalo per eloquenza. Tal 
pa^so cangiava la piega che l’ affare aveva pre- 
so , rompeva la nego^ia^Ione , • e rimelteva m 
questione un gran numero di argomenti d’ m- 
terminahili dispute. Niceforo temè di mettere 
in compromesso la sua dottrina e la sua fuma 
cimentandosi, contro,,! teologi della, sanja se'de. 
Tenne al .patriarca ed ai vescovi* eh* erano in 
<iostantinopoli un discorso nel quale si' prefig- 
geva di provare il pericolò e la. inutilità di 
tali controversie, il cni-^effelto ei*a sempre di 
confermare ciascuno nella sua opinione. Gl in • 

viali, del papa furono congedati, e si ahbando- 

tìh il progetto di unione. 11 papa fli applicala 
nello stesso tempo' a quello d’ una crociata , 


1 f6 ANDSONltO lU PALÉOtOGO. 

ina mòri sul fìuire dell’ anno. Benedettio XU , 
'successore di lui, non abbandonò la impresa. 
( an. 1335. ) Capo ne- doveva essere il re di 
Francia; quello di Napoli, i Viaiziani, i Geno- 
vesi, tutti i principi latini che avèano posse- 
dimenti ‘nell’ Impero greco , avrebbero sornmi- 
nistrato danaro e truppe , e f<itto parte della 
spedizione. Andrònico rispose all’ invito del 
papa^ che lo pregava di entrare nella confe- 
derazione; allestir fece una flotta, cui volle co- 
ttiaiidure egli medesimo, contro il parere della 
' imperatrice "Anna e della eorte. La- quale op- 
posizione dui lato di ' una principessa nàta ia 
Euiopa è degna di osservazione. dSssa ‘ lodar- 
rebbe a credere che (jìovanna di Savoj^à, cal- 
colasse meglio del marito' fa situazione d’ aa 
im'^peratoire di Costantinopoli,, il quale doTendo 
considerare sè stesso come tra due scogli, quan- 
do ha da uA canto i Tùrchi per nimicì, e dal- 
1’ altro per amici crociati, rton aveva miglior 
partito da prendere che far uso dei suoi mez- 
zi e, della sua potenza per esserè in condizione 
di resistere- ai primi senza nessun soccorso, stra- 
nièro, di far à meno<^dei secondi, e d’inspirare 
a tutti l ispetio per la sua autorità. Doveva Àn- 
dronieo jraperè che di quei principi l’ uno a- 
vevrt pretensioni all' impero greco,' 'gli altri a' 
porzioni dello- stesso imperò, e temerè'xbe in-' 
vece di andare a cornhatlciie gl’ iufbdei , non 


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. " l i B R O qy. r m 

rimanessero presso lui per far valere tali pre- 
tensioni. Checché De siai egli V imbarcò su Ja 
sua flotta in primavera, si recò al luogo indi- 
cato dai Latini, come convegno, gli attese gran 
per.za , e non li vide comparire ( ao. <336. ). 
Una contesa tra i Viniziani ed i Genovesi, un 
altra tra Filippo di Valois ed il re d'Inghilterra 
aveano poc’ anzi distrutta l'alleanza. 

Le spese di Andronico' per questa spedizio- 
ne non furono de] tatto inùtili. Mentr’ egli 
incrociava aspettando i Latini , Domenico Ca- 
lano s* impadroniva 'della nuova Focea , ciii 
suo padre , dal quate^ redava , teneva in fendo 
dell' impero. 'Avendo Domenico armato per 
questa spedizione ondici galere genovesi, l'itn- 
peralore si dolse amaramente coi Genoves i di 
Calata , minacciandoli di ' vendicarsi sopra' di 
loro del torlo che ricevevo. Ma sendosP questi 
messi in ano stato di rispettabile difesa , An- 
dronico risolse di vendicarsi direttamente di 

» 

Galano , e perciò parli dalla rada di Costanti- 
nopoli sopra ana flotta numerosa, e' si • diresse 
verso Gallipoli , per andare dappoi a Lesbo» 
Ma invece di seguire tal proposto, che gli sa- 
rebbe riuscito, perchè i Lesb) ed i -cavalieri 
di Rodi abbandonavano Domenico, andò a sbar- 
care air isola di Scio , senza motivo , ciocche 
diede tempo a Galano di fare gli appresta^ 
inenlt beéussàrj per assicurare e prolnugare là 

r 


I 


i id XNbRomca U. PALlBOtOOo. 

«tua redìslehzA. La posiziona diill* imperatore 
.(livaoiva per colpa «qa tanto critica- , che Ge> 
nova armava .venti galera per loocorrere Ca- 
tano , ed i Oenovési dt Galàta cospiravano coi 
principali signori delia córta di Costantinopoli. 
.Àndronico sarel^be infallibilmente soggiacciate 
senza V imperatrice, e Gantaenzeno. La prima , 
ajutata dalla sposa del aecoado , scoperse la 
congiura, e la soffocò. Il maggiordomo, legato 
già d’ amicìzia con qn sigoore - genovese chia- 
mato Giovanni Spinola , ebbe conferenze còu 
.lui , e colla sua mediazione e col credilo che 
uvea sopra Domenico, fece cl^e costai si' sotto- 
mettesse ; lo che 'permise all' imperatore .di 
tornaf/e a Cos In q tino poli , e gli die’ tempo di 
fare i necessarj apparecchi per l'eseg ni mento 
dei due progetti che meditava. U primo ri- 
sgnardava l’Albania, ed il secondo TAcama- 
tvra , i quali paesi volea far rientrare sotto il 
. suo dominio^ Gli 'Albanesi, natnralmenle in- 
quieti e sediziosi, pigliavano e deponeyano 'al- 
ternativamente le arine, secondo le circostanze. 
Saccheggiavano , e colla loro tattica Io faceva- 
no impunemenle. Dopo essersi radunati per 
V attneoo, si disperdevano^ e fuggivano cqbbot* 
tino ^nlle rapide loro montagne. Nulladimeno 
furon soggiogati , ed i Greci raddussero nu- 
merosi arménti da qnel paese;, (a) Oltre un 

. .. . t 

(a) Caatacuzeno asserisce che vi fossero treccniomila 


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t I r. R o cv. -I \ \) 

secolo <1a poi, i crociali conqaistrtrooo 

Costantinopoli, I’ Acarnania , 1’ Epiro, V Etóliu 
ed una parie della Tessaf^lia 'non appai teneva- 
ìio piu all' impero. Michele Angelo Coinneno , 
giovandosi delle circoslanze se ne rese padro- 
ne, anzi sovrano assoluto. I suoi successori no 
godettero al paro di lui. Nell’ epoca in cui 
siamo, que’ stati erano governali dalla vedova 
deir ultimo principe,, figlia di Palfeologo pfo- 
tovestiniio e reggente in nome di Nici;foro fi- 
glio Suo primogenito. Ella avea fallo avvelena- 
re suo marito. L’imperatore scorse nell’ età 
pupillare del giovine principe o nella reggen- 
za r occasione jfavorevole per riunire ai' sUoi 
possedimenti quelle pvovìncie che n’ erano sta- 
le divelle da un ribelle. Mandò ambasciatori 
agli Àcarnani per avvisarli* delle sue intenzio- 
ni. Il consiglio fu discorde: alcuni abbandonar 
non volevano la casa dei Comneni-, a’ (|uali 
nveano giuralo fedeltà; altri, credendo che fos- 
se impossibile resistere all’ imperatore , ernn 
d’ avviso di soltomellersi. Da ambe le parli si 
risolse di rimettersi alla decisione della vedo- 
va principessa. Ella consigliò che si ^dope- 

f 

bovi , e un milione clugentomila rnooloni ; esngprazione 
ridevdle. smenlit.T dallo stesso fatto. Questi anneiiti sup- 
pongono un popolo agricoltore e tr.iuqiiillo; e, secondo la 
storia, gli Albanesi saecheggiavano seiivprc da .tulli i la**» 
e rijiaravani» poi nalle loro ruccie.- 


4 20 ' ANDROUltiO II. tALEÒLOGO. . 

ra$»e dì li'tahiera da scansare una rottura ch^ 
)irodur poteva soltanto fastidiosissimi effetti. 
Siccome' ella conosoéva T ascemlenle ' che avea 

‘ I 

Cantacuzeno sopra Androaicoy tenne che il ‘<ii> 
mandare -all* imperatore dì accordare la figlia 
del maggiordomo al principe Niceforo sareb- 
Ló un mezzo d’ interessare Ganlacuzenu. Tale 
dimanda ^ la permissione^ data. agli Àcarni^iri 
di vivere sotto le loro leggi e cousuetudini , 
furono i due articoli che li caiinarono. Alca> 
lii anabascialofi si trasferirono a Costantino- 
poli. Androniuo approvò il uiatrimonjo , ma 
trovò che gli si faceva ,uu’ ingiuria non volen- 
do vivere sotto le sue leggi. Per conseguente , 
rispose ch'era per marciare contro gli Acar- 
nani con tutte le .forze dell’ impero. Gli am- 
basciatori, che pe’ secreti loro mandati doveano 
• accousCntire a tatto per. evitare la guerra , 
sottoscrissero ai voleri del principe \ il quàle 
partì per visitare' i nuovi suoi stati. Alcun 
tempo dopo ( an. 1337. ) uu' partito di mal- 
contenti rapì Niceforo il giovine, e lo fece im- 
barcare di notte, sopra un. vascello che lo con- 
dusse a Taranto.' Fu consegnato il principe a 
Caterina di Vaioìs," imperatrice titolata di Go- 
• >slantinopoli. Tale azione teadeva ad inquietare 
]' i.uiperatore , riconoscendo diritti sopra una 
‘ parte de’ suoi patrimonj in un principe estra- 
uiu dalia sua puleuza, di cui si potrebbero far 


Dii '"I b> =.^OOgI 


l I B R.O CV. ^2^ 

Valere le preleiisioni. Siccome il rapimento fu 
fallo mentre Andronico soggiornava tra gli 
.Acarnaiii , egli prese il partito di mettere in 
ogni città un governatóre a lui addetto , e di 
conferire il comando generale delU pr'ovincia 
al protostratore Sinadeno. Cotéste misure si 
attraversavano ai ribelli. 

» , j* 

Il principe) reduce alla sua capitale , fu in- 
formato del progetto che avevano i Turchi di 
venir ad assalire Costantinopoli. Fece ) d' ac- 
còrdo con Cantacuzenò, tutti gli appre slamanti 
wecessar) per respingerli. Ma essi misero pie’ a 
terra in altro luogo, e commisero molti deva- 
tilaiaenli 'per tutto il tempo, che fu necessario 
all’ esercito per raggiungerli. Finirono fcoll’ es- 
sere compiutamènte battuti. < ' > ' 

A tale spedizione susseguito il matrimonio 
di Maria Paleologina con Michele Asan , fi- 
glio di Alessandro, re' di Bulgaria./ Androni- 
co provava Una grande ripugnanza a dare 
sua figlia al capo di un popolo cui considera- 
va come barbaro ; ma seudo tale unione una 
condizione del trattato di pace , era necessa- 
lio licorrére alle armi e I’ impero era minac- 
cialo da tutte le parti. Il principe scontava 
le colpe e la negligenza dell’avo, il^quale'in- 
' Vece di prendere misure vlgofose contro i. ni- 
mici dello stalo ^ non si era applicalo che a 
religiose quislioui. Per rimediare al male , 


^ 22 A.nDOOKICO li. iPALRoipCfO. 

^ece un nuovo tHotativo presso papa lic.nei^cl*- 
to XH , e gli deputò un monaco di Calahrla , 
chiamato Barlaamo, che parti scortato «la Ste- 
fano Dandolo. Muniti, di credenziali di Rober- 
to re di Napoli , eh’ erano tenuto in conto di 
valentissimo teologo , si recarono il) A.vignone» 
Il papa li ricevette in pien concistoro. Questi 
inviali espressero in nome dell’ imperatore il 
desiderio che questi aveva della rianione delle 
due chiese,, e mostrarono la necessità di an 
concilio ecumenico per decidere la quistìone 
che da sì gran tempo separava i Greci ecl i 
Lntmì. Aflìnchè il concilio fosse realmente ge- 
nerale , duopo era che i quattro patriarchi ed 
ì vescovi della chiesa di Oriente vi entrassero,- 
ma essendo i Turchi in possesso dei ps^ssaggi 
nell’ Asia minore ^ era impossibile congregaro 
quei prelati. Così avrivava il monaco alla ne- 
cessità di SQucciare gl’ infedeli , de’ quali con- 
sidcrav« la espulsione come un indispensabile 
preliminare. Il papa ed il sacro collegio, riguar- 
dando la quistinnu come decisa dai concilj , 
che avevano definito che lo Spirito santo pro- 
cede dal fìllio come dal padre , risposero 
cu’ era inutile provocare una nnova decisione, 
quindi raccogliere un concilio ecumenico ; e 
che prima di tutto dovevano i Greci rientrare 
nella cliiesa latina. Fecero da tale condizione 
dipendere i .soccorsi dimandati. 1 deputati ri- 


LIBRO et. “^2.^ 

partirono malcoutenti dell’ esito della loro 
missione. ; i . 

Nel corso di tale 'inutile negoziazione , una 
spaventevole congiara era scoppiala nell Acnr- 
iinnia. Bftailitzo e Cabasiln , due signori, po- 
tenti di quel paese, si’ erano impadroniti del 
protostratore , luogotenente dell’imperatore,, 
e delle piazze di Roga e di Aria, tutte .e duo 
i un portanti. Quaranta congiurati occuparona 
Tomocastro , porto di mare del golfo A<iriati- 
co , donde i ribelli mandarono a dimandate a 
Caterina di Valois il giovine Niceforo,^. cui vo- 
levano mettere alla loro testa , ed anche soc- 
corsi. Caterina promise al principe una delle 
sue figlie in matrimonio, e Ip fece partire con 
alcune truppe. Andronico entrò nell’ Acarna- 
nla , preceduto, da un numeroso esercito , cui 
divise in tre corpi per assediare le tre cìUimIì 
occupate doi ribelli. Egli s’ iiicaricò, di quella 
d’ Arta; ;m» essi oppose una resistenza o.sti naia. 
Il principe non fn piò forlnuato impiegando il 
mezzo delle negoziazioni. Gabasila non voleva 
niente ascoltare. Finalmente Canlac'uzeno , che 
un tempo era stato legato d’amicizia col ri- 
belle, arrivò a trionfare del suo odio. Rese la 
piazza di Roga , e quella d' Aita segui tale 
esempio, dopo parecchie conferenze, tra Rasi- 
lit/o cd il maggiordomo. Gabasila fu, fatto, co- 
nestabile. Agli altri fu dato del denaro, o quàl- 


“1 


f24 ' ANonoiriGo n. palbaiogo. 

che dig^nitìi. Toinocasto oiinacciitva ancora im~ 
peratore. La preseoEa di Nùceforo inanimiva gli 
abitanti é.Ià gaainigióua.' Gli aased iati, padro- ' 
ni del mare, ricevavanó «accerti. Gaotacazeoo, 
'valente nell’ arte di uegor-larcj ne fece uao con 
buon riasciuiento. Accordò X condizioni vantag- 
giose e . onorevoli , e presentò Nicéforo alK im- 
peratore , che fece al giovine principe la piii 
graziosa ^accoglienza , e gli. conferì La dignità 
ó'-ipersebasie, Go»l. terminò la ribeiiione de(- 
V Ac'arnania. Probabilmente si adoperano per 
caliiiàrlo mezzi piò . efficaci dell'’ eloquenza di ' 
Gantacuzeno, che ad no tempo è P eroe e lo 
'Storico della impresa; ma siccome non ne par- 
la, si può credère^ senza inverÌNÌmigIianza, che 
la o6Ferta delle dignità e dei pressati abbia da- 
to a tale eloquenza ~on gran peso ,*e 1* abbia 
rèndula vittoriosa. , t . . v 

Durante' il susseguente inverno ( an. 1340 , 

1’ imperatore, che lo passò nella città di Tessa- 
louicHy diède in moglie a à|utteo,'fìglió primo- 
genito .di Gantacuzeno , 'la'fìglia del despoto 
Demetrio, uno dei Ggli d’ leene e del 'vecchio 
Audronrico. Dopo le %sté -date dn ' quella oc- 
casiòne , U protòvestiario Apoeauco , arrivato 
da Gostaotinopoli , pregò il gran domesticovdi 
ottenére da' Andronico, la continuazione dei 
favori , di''pQÌ godeva pei suoi, figli , e per dui 
la permissione di farsi monaco. G aolacnzeno 


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l I B R O et. ^25 

volle dìslorlo da tal progetto ; ma il prolove- 
»tiario iusistè con sì grandi dimostrazioni di 
pietìi, che il maggiordomo tenne di dover con- 
jcfire dal principe. Questi gli disse che il mi- 
glior mezzo di ritenere iipocauco era quello 
di accettare la sua dimissione e di cohdiscen^ 
ddre al desiderio che esprimeva di volersi ri- 
tirare dal mondo. Andronico non prese ubbagHof 
cd il protovestiario abbandonò il suo progetto 
non SI tosto che io vide snl ponto di essere 
adottato. Sèmbrando tal procedere senza- scopo 
e motivo, si congettura che. Apocanco Volesse 
scandagliare le disposizioni di Andronico a' suo 
riguardo. Riioruò all’ assalto .'presso Cantacu- 
zeno, ma per un' altra proposizione. Prolferse 
ili allestire unà' (lotta a sue spese per discnd- 
ciare i Turchi che infestavano i mari e sao- 
cheggiavano le terre littorali' dell* impero. Di- 
mandava il governo di ' Oostantinòpolì e delle 
isole, e alcun soccorso. Il prìncipe, al qnale il 
lùiiggiordumo trasmise la offerta di Andronico, 
rispose che non avendo questo ministro acqui- 
stato espetienza che nelle operazioni di hitaii- 
ZB, ed essendo straoieio- alle errai sarebbe im- 
pi udente il confidargli una spedizione di tal 
natura. Avendo Cantacozeno ripigliato che con 
abili marinai Apocàdeo potrebbe avere alcun 
buon succeìvo, Àndronreo, non serua disgusto, 
lo^ lasciò padrone di fare eiò che volesse , de- 


!|26 AMnB{*mco ii. valeoloc.o. 

■Aidenin<l« ciie T avvenimento non cinslificasse i 
«aoi Apocauco fu dunque elelto gover- 

natore, della capitale e delle isole appartenenti 
air impero. Furono poste al di lai disposizio- 
ne considerabili somme per ^ compier quelle, 
delle quali annunziava dover fare il sacrifizio. 

■ Hitorn^ a Costantinopoli , ebbro d’ allegrezza , 
prende ordini per avere in segreto le, somme 
del tesoro pubblico , la'scia credere al popolo 
eKe la spedizione si deve fare a sue «pese , e 
raccoglie dovunque lodi c benedizioni. Tutti 
questi appareccld non, ebbero altro esito che 
tuia, passeggiata del nuovo, governatore.sul ma- 
re , eJa présa di nove galere, tonebe , {colle 
quali entrò trìoarunté nel porto di Coslanlino- 
pcli. Il maggiordomo fu tosto costretto di ri- 
conoscere, che I’ imperatore meglio di lui ave- 
va giudicato del protòvestiario. 

. Contro di Andronico .arsente erjino state or-' 
dite parecchie, congiure. ( an. 1341. ) Se ne 
formò procèsso. Tra i conginrati vi prano al- 
cuni signori di alto ^(Fare , ed ^ncl^e dei pa- 
renti del principe. Egli perdonò ad essi, quan- 
,do appunto si addoltava che fossero puniti , ^e 
•sf contentò di loro indirizzare dei rimproveri. 
Franlzè, quel senatore che assassinò Sirgiano , 
era, entrato in una di tali cos|>«razioni. Egli 
avrebbe figurato nel far sollevare le truppe 
che comB»)d;*’va, ma cbinse i suoi giorni prinia 
di eseguire il suo progetto. 


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i I r R o cv. ^“127 

Negl* inlervallì dn «na gnerra all'altra, An- 
dronico si abbandonava alla sua .passiono per 
le fabbriclie. Ha fatto erigere un gran no me- 
ro di fortetze , e si proponeva di rialzare Ar- 
cadiopoli , città fondata io Tracia da Arcadio, 
figlio di Teodosio il grande ; ma la morte lo 
prevenne. “ 

Bariamo, quel monaco calabrese di cui par- 
lammo, e ^cho dalla religione romana , nella 
quale fu allevato, si era trasferito a quella dei 
Greci, aveva ottenuto il perdono della sua 
apostasia r quando andò ambasciatore al papa. 
O.aVess’ egli, finché .soggiornò in Avignone , 
preso gusto allo discussioni teologiche , o la 
superstizione dei monHci greci gli. cagionasse 
una giusta ripugnanza, scrisse contro di loro 
dopo avere scritto per difenderne la dottrina , 
e particolarmente gli atUccò intorno alla ‘pro- 
cessione dello Spirito Santo. 1 religiosi del 
monte Atos., dediti alla contemplazione, pre- 
tendevano' di gustare ineffabili beatitudini cur- 
vando la testa sul petto , e di veder uscire 
dal lor ombelico un raggio Inrniuoso affissan- 
do la regione delio stomaco. Rinnovavano la 
Retta degli onfatopsichi. Bailaamo denunziò* 
tal follia^ Questa pei vecchio Andronico sa-' 
rebbe stata ad un tempo una bella occasione 
ed un gran diletto, ohe non avrebbesi lasciato 
sfuggire. Suo nipote , ^ più ragionevole o più 


1 2^ ANDROMICO Tl. PALCOLOOO. 

ìnilifFereri'te V àon'-S^'imniischiàva in tal cootft- 
Ra, quando non potè naHadiiiieno dispensarsi 
dal convocare nn sinodo per la dimanda che 
gliene fa fatta. Palama , arcivescovo di Tes- 
sàlonica , s'eta assonta la difesa dei monaci. 
I due atleti si distinsero per nnu pari loquaci- 
tà. Pare che Barlaamo prevalesse in qneir as- 
salto di soSsmi I se se ne giudica dall' effetto. 
Alcune griifa minacciose mandale dai monaci , 
che pel numero ' sigcoreggiavano P adnnauza , 
ruppero le parole in bocca aìP oratore , e gli 
fecero prendere i! prudente partito di osserva- 
re il silenzio., e quei silenriò fu interpretato 
come una tacila confessione della sua sconhtta. 
Egli, riparò poco ‘dappoi in Italia. Il papa, on- 
de 'rimerilurne .il zelo, _lo, fece véseovò'di Gio- 
raci in Calabria. Al tri affermano ehé ottenne 
tal véscovato per sollecitazióne del Petrarca 
ài quale aveva insegnato il greco nel sno viag- 
gio di At’igirone. Avendo Uri discepolo di Bar- 
laaino rinnovata la contesa, un secondo conciliò 
condannò 1a' dottrina e chi la diferideva. ^ 

' L' imperatore , cui la no^a e la Innghezzó 
della 'séisióne • avevano affaticato, ne* «i'*c\ in- 
di'^posio', ei sf ritirò nel^monistero *degli Ode- 
gi ; it male frce ròpidi' progressi ; in pochi 
giórni ai disperò della ^salute-* di Andronico. 
F'urono consuUati i"inedici ‘greci e persiani , 
ed anche gli astiH)iugì. L^'ainure délu vita fece 


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t I B R o cv. . , . 29 1 

pn|*are da Andronipo il tributo al sao seculo. < 
Egli pregò Ntc«fi>ro Gregora d’ interi ogare 
gli astri# Mentr’egli lottava colla morte, Apo- 
caaco si presentò a Cantacuzeno per esortar- 
lo a indossarsi, la porpora imperiale,, asserendo 
che avendolo il principe voluto associare all’ im- 
pero, tale azione non farebbe stupire nessuno^ 
La maniera, nella, quale fu ricevuto, la indi- 
gnazione che gli fu dimostra, n non disanimaro- 
no quel raggiratore. Andò egli a trovare la 
madre del maggiordomo, la quale gl’ impose 
silenzio, pi^oibendogli di dare a suo Bglio con- 
sigli cosi perniciosu * i . - ^ 

Gantacuzcno, scorgendo che non vi era nes- 
suna speranza di conservare Andronico, si re-, 
cò presso l’ imperatrice , onde persuaderla a, 
provvedere alla sua, p'opria sicurezza j e dei 
suoi figli. Ella lo lasciò padrone di prendere 
le necessi^rie disposizioni. Condusse f due fi- 
gli, nel palazzo, di cpi raddoppiò la guardia, e . 
mise a canto ad essi persone , dalle quali ben 
sapeva eh’ erano amati. Le precedenti coo- 
giore chiarivaoo giuste tali precauzioni. L’ im-, 
paratore morì nel inercpiedì 15 giugno 1341 , 
nell’anno quarantacinqUesimo di sua età,,» 
decimoquinto del suo regno, contando da quel- 
lo della sua consecrazione. Due volte ammo- 
oliato, avea preso le sue mogi» tra le |)rinci- 
pesse di Germania e d' Italia. La prima era 




^30 AWDROWICÓ.U. PiLEÓlOGO. 

figlia d^l daca di Bruoswick, stipite della ca- 
sa di tal nome', e allora piccolissimo sovrano 
d’ un paescf indigente e selvaggio. { Gilrbon. t. 
-I2. c. 63. ) S’ignora in qual modo Andronico 
scoperse Agnese, la qqale, per piacere ai Gre- 
ci, cangiò il suo nonte ih quello d’ Irene; sic- 
come Giovanna^di Sàvoja, seconda moglie del. 
principe, a.<;sDnse quello d’ Jnna per lo' stesso 
motivo. Irene rnprr senza figli. Anna ne aveva 
sei quando pei'dette Andronico: Giovanni, Em- 
inànuele, Teodoro^ principi, il primo de’ qua- 
li successe ài padre, e tre figlie: una sposò il 
figlio del re di Bulgaria ; la secondo fu marir 
tata a Gattehisio ^ nobile genovese, e signore 
dell' isola di Lesbò. Niente si sa del desiano' 
della terza. ' • r 

•Tulti gli storici hanno giudicato il gioviiie 
Andronico troppo ' severamente ; non dimen- 
ticarono abbastanza le tempeste della stia gio- 
ventù. Questo principe non aveva ■ cooservato 
delle passioni di quella- etò che un trasporta 
troppo vivo e troppo dispendioso per la cae- 
GÌa. ’l rimproveri che gli fa Nicefbro Grego- 
ra, quelli che lo tratta più male, sebbene alla 
di lui mòrte recitato n’ abbia la funebre . ora- 
zióne , non perméttono una spriósa discussio- 
ne, e spariscono air esame. Una delie più gra- 
vi accuse cnhcertie la indifferenza , colla quale 
Andronico lasciò che' ciascuno si vestisse alla 


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1 1 » a o cv. ISl! 

«aa foggia, menilo 1 ’ avo suo avea fatto i pia 
severi regoluiheoti sulla iorina delle vesti e 
delle acconciature , corno un oggetto di som- 
ma importanza. Sotto il nipote si videro per 
le vie di CostantinopoH abiti alla bulgara, al- 
1 italiana, di tutte le forme, di tutti i paesi, e 
i giovani abbandonarono la maniera naziona- 
le. Così p^jssanclo da uu eccesso all* alfro, e da 
una insopportevold intolleranza alla più com- 
piuta indifferenza ,. si cadde .nell* inconvenien- 
ti che 11’ erano inseparabili. 

I ialfi comprovano, che Andronico era atti- 
vo: la intenzione di correggere- i molti abusi 
che si erano introdotti nell’ amministrazione , 
qualche generosità , perchè perdonò pressoché 
sempre e troppo spessp ; (ìnalmeute il compa- 
rire alla guida dei suoi eserciti , e mettere a 
repentuglio la sua persona; ben diverso claM’ avo, 
il quale, pel corso triste e lungo d*. oltre inez- 
zo secolo, non si feòo vedere che ne' concili 
e nelle pubbliche ceremooiei . ' 








0 ' , .1 • \‘ 


t i‘ ' 




LIBRO evi. ' 

' .' GlOTAHirt Paleo&ogo... 

• • t ' •■ >. . 

N .S » • 

.BAgiri contro Cantacuzéno. Egli perde il 
coraggio^ e vuole ritirarsi. Consente a prendere 
le redini del governo, i Congiura contro di lui. 
Cospirazione di, Apocauco. Progetti intorno la 
Moredi Ritorno di Cantacuzéno. Suo errore 
nel far impiegare Apocauco. Strana condotta 
di Cantacuzéno. Triplice pratica di Apocau- , ' 
CO; “J.® presso il, patriarca; 2.® presso Asan , 
suocero di Cantacuzéno \ 3.° presso il gran 
drungarioy e lo stratopedarcoi Suoi mezzi a c^ 
corti e, perfidi. La^ imperatirice, cede. Conse- 
guenze delia sud debolezza. Gli amici di Cah- 
tàcuzeuo vogliono acclamarlo imperatore. Mi- 
sure che prende. Prima incoronazione di Can- 
tpeuzeno. ,Principio duella guerra civile. Ritor- 
no di Sinadeno. Cr'el^s si offerisce di servir- 
lo. Disposizioni per- la sicurezza di Didimoti^ 
ca. Nuovi tentativi .di Cantacuzéno per otte-, 
nere la pace. A t^damenti dei congiurati. Can- 
tacìszeno deputa i monaci del monte Atos alla 
impératrice. Ri sul lamento infruttuoso àclla- 
deputazione, tncqranazione di Giovanni Pa^ 
leologo. Tirannia di Apocauco. Perseguita la I 


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' ns 

madre di Cantacuzeno. Morte di questa prin- 
cipessa. Campagna di^ Cantacuzeno. Defeziohe 
di Sina denò e dì parecchi amici di Cantacu- 
zeno. Villa e crudeltà di Jpocauco. Negozia- 
zione tra Cantacuzeno ed il cralo di Sérvia. 
Conchiusione di un trattato. Lettera insolen- 
te di Apocauco agli abitanti di Didùnotica. 
Loro risposta. Si rinnova il giuramento di 
fedeltade a Cantacuzeno. Ribellione in Didi- 
motica. Pratiche per inimicare il cràlo e €an^ 
tacuzeno. Cantacuzeno dà in ortaggio il ^glio 
suo primogenito.' Suoi tentativi infruttuosi 
sulla città di Feres. Descrzione delP esercito. 
Rumore della ritirala di Cantacuzeno al nion-'. 
te Atos. Effetto prodotto da tal nuova. La 
Tessaglia si assoggetta Uberamente. Circostan- 
za degna di osservazione intorno le intenzioni 
di Cantacuzeno. Duplice raggiro co foralo di 
Servia. InutHe tentativo sitila città di Feres , 
e crudeltà dei Suoi abitanti. Imbarazzo di 
Cantacuzeno, da cui esce per un fortunato ac- 
cidente» Passo imprudente d’ Irene presso il 
re di Bulgaria. Amir, Sultano d* Jonìa, muove 
in soccorso di Cantacuzeno. Riparte colla 
Stessa prontezza. Cantacuzeno si trae da un 
grande impaccio. La città di Berea lo rico- 
vosce a sovrano. Pericoli ihcorsi da Canta- 
cuzeno. Nuovi rigiri di Apocauco. Cantacu- 
zeno si beffa di lui. Apocauco ppr vendicarsi 
Le- Beau T. XV. P. I. 8 


434 . . 

eonvova un'Àuskmblea, là quale non adotta la 
di dui' opinione. Egli arriva a staccare il oralo 
da Cantacuzeno.-' Vuol far assassinare V im^ 
peraiore. di torna a Costantinopoli. Atnir si 
reca a soccorrere Cantacuzeno. Crudeltà degli 
abitanti di TessalonCcà. Cantacuzeno dimanda 
nuovamente'^ la pace. Prende' alcune misure 
per continuare là guerra. Conquista una par- 
te della Tracia. La Corte di Costantinopoli 
eccita contro Cantaòuzeno il re di Bulgaria-^ 
e con' esso corichiude un vergognoso trattato 
Pratiche per distaccare i Turchi da Cantacu- 
zeno. Amir manda àlV imperatrice ambascia» < 
tori che- si distinguono con una condotta no-' 
bile e generosa. Pericolo ' incorso da Cantava- • 
zenol Partenza di Amir. Esito fo r lunato < del 
suo ritorno.' 

\ • 1 'ì • . ■ •. . . . . . - 

» « ■“ ' ■ r* » * 

Oantacozeno, bai Andronico avea voluto as- - 
spcciarsi all’ impero^ e che fu sempre il fedele 
conrpagno delle sue co re, doveva naturalmente . 
godere la ‘ con6den*a della imperatrice. ( an. 
4344. ) 1, cortigiani, gelosi del favore e credi- 
to di lui, speravano che, alla morte del prin- 
cipe, egli perdcs.'e I’ Uno e l’altro vantaggio 
rntv scingano ai «ino. nella loro espettazione , .ve- 
dendo le dieposiziuni prese dal maggiordouio. 
Eglìcseaza jndagiQ. si comportò da ta|or(L del 


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LIBRO r.VT. ■<35 

giovine principe e rcggenle dell’ impero. Rin- 
novò le commissioni di talli i governatori, de- 
gli agenti del pot<?re, e dei ricevitori fiscali, di 
mi la morte dell’ imperadore sospendeva le 
fónzioni. Nelle lellére che fece spedire ai fi- 
nanzieri, aggiungeva od nicnni avvertimenti • le 
minacce, qualora fossero- tentati di approfittare 
del mutamento di padrone per prevaricare nel- 
1’ esercizio del loro carico. Tali misure fecero 
nitamente mormorare i suoi nimici. Allo loro 
testa vi avea quell’ Alessio Apocauco, di cui si 
è potuto osservare lo spirito inquieto ed il gu- 
sto pel raggiro. Egli ritolse di rannodare’ in- 
torno a se tutti i malcontenti e di adoprarsi 
presso la imperatrice, Aveva, già, rappresentato 
pur anche Cantocuzeno come un ambizioso, che 
voleva impadronirsi del trono, ma tate accnva 
non avea prodótto nessun effetto sull’ animo 
della principessa. Un altro nimico , delle cni 
intenzioni non si sospettava, qnel prete eletto , 
pnlriarca per cura del maggiordomo , preten- 
deva di dover eSser reggente, dappoiché An- 
dronico, partendo per In ultima sua spedizione, 
do aveva incaricato di sopravvedere la impera- 
trice ed i suoi figli,- e D'elle sua mslaltia lo a-, 
\eva allora allora pregato di scagliare scomu- 
niche contro chiunque volesse perturbare lo 
stato. Egli accampava una massi, ma? col, il clero 
si contentava di mettere in pratica; ed era; che 


r 


13(5 GioTAam viA^oìfOoo. 

■ta, chietn xiòvcvfa gQpernare lò stato rame V 
anima governa il corpo. Sa tale, massima, e 
sulle roccomamlazioni del :moribondo impcrato- 
' re fondava, le sue pretensioni. Trascurando i 
doveri patriarcali; andò a 'stanziare nel palazzo 
presso alla .imperatrice » cui sempre impor- 
^tunava co’ suoi ' avvertimenti. Un procedere 
tanto inconveniente ed andito prova che l’nin- 
l>izioSo prelato contava sulla debolezza di Can- 
tacuzeno, il quale avrebbe dovuto esprimere 
'il suo «degno contro un servo, ingrato, cui ri- 
colmò §veva di onori e posto sulla prima se- 
■de d'‘ Oriente. A^izicb'è farlo condurre in un 
convento , si contentò^ d' indirizzargli alcuni 
rimproveri pieni, di dolcezza , degnandosi pur 
anche di. scendere a 'confrontare la validità 
dei titoli, che . ciascuno' di doro 'aveva da f,ir 
valere. Un accidente forzò il patriarca a dif- 
ferire il suo progetto.. Il rè di Bulgaria , mal- 
grado i suoi trattati, volea cogliere T, occnsid- 
iie che offrivano una^ minorità cd una- reggen- 
za pressoché sempre -barrascose, per Ingrandi- ' 
re il’ suo regno a scapito dell’ impero. Cercan- 
do un pretestp, reclama Sìsmano, ano dei fìgli 
di Michele ; «uo predecessore j'che viveva in 
Costantinopoli come uoirio privalo. Dim.andan- 
dolo dichiarava che Io metterebbe à morte 
appena 'lo avesse ,nel|e mani, c farebbe la guerf- 
ra' se sf* differisse' di -darglielo. La corte di 


sigili; 5d by Gcx)gk 


i . 


, l I B R 0 CVT. 137 

(joslanllnopoll fn imbarazzata, Cantacuzono t'e- 
«e cot^vocar« ijn consiglio pcr sapere qual 
pallilo si dovesse premiere. Il mal umore s’ irti- 
inischiò nella tliscusslon e. Giorgio Gumpo , so- 
prastante alla sala clel.la^real mensa parlò il 
primo i quantnnque non av esse nessan grado, 
dicendo che non si doveva badare alle qualilà 
di coloro' che componevano l’assemblea; che 
uopo era discotere un consiglio, quand’an- 
che venisse proposto da pn uomo oscuro. Tale 
proposizione era evidentemente diretta contro 
Canticuzeno. Egli stette io silenzio , tenendo 
che 1’ imperatrice scaccierebbe Gumno. Niente 
facendo la principessa , D eVnelf io ' ^Totnice in* 
terpretò con grande -alterezza II discorso del 
soprastante, d]man<lando. se si . volesse can^giare 
la costìtnzione dell’ impero in uno stato popo.- 
lare. Era per insorgere una disputa , quando 
1’ imperatrice la fece terminare con un ordine 
preciso di attendere all’ oggetto su cui, si do- 
veva diliberare. Il rnaggìordomo, per non par- 
late, si fìnse indisposto. Le opinioni si divi-se-^ 
ro: alcuni dissero che uopo era saeiifìcate Si- 
sinano all’ interesse dello stalo , altri cbe'il 
consegnarlo sarebbe un disonorarsi. Giascutip 
persistè nel soo senlitnento con tale pertinacia, 
clic la discussione era s ul momento per dege- 
nerare io Urta saoguhiosa contesa. Il patriafea 
s’ avvisò di ricouciliare tutti gii animi propo- 


*I3B • GlOTAWni PALBOtOOO. 

nenflò di far- rnfjtlere Sismann nella chiesa tll 
B. Sofìa, che sarebbe' iln inviolabile asilo. Oan^ 
tacnseDo- inviata della ' imperali ice a' dii^ il 
suo parere, fece osservare che sondo soltanto 
' un pretesto la ditnaiula che Alessandro faceva 
• di Sisoiano,‘SÌ èra . trasandata la qnistione prin:- 
cipa-Te; dovenrf csartiinare s’ era necessario far 
la -guerra « quei re , se si' era in punto , e 
prendere i mezzi d»^ esservi. Chiuse il discorso, 
con alcune riflessioni , la quali provavano che 
Bvea posto mente alla ingiuria di.Cumno. La 
domane andò a pregare rj^ patriarca di dichia> 
rare da parte sua alia imperatrice eh* era dispo^ 
sto ad eseguire senza indugio il progetto che 
da, gran tempo formava di abbandonare gli 
affari per vivere nel ritiro. Il- patriarca fece le 
Ir.imostranze chè la decenza «sigeva dal canto 
suo, e si sdebitò della commissione. La impe^- 
-ratjrice..si mostrò afflittissima, e quando seppe 
ebe 'il discorso tenitto da Gumno neil’ assemblea 
era una .dei motivi def partito, che il, mag- 
giordomo prendeva. 't ricusò di accettare la di 
lui dimissione, e incaficandq il prelato di far-^ 
-lo risovvenìre dell' antica amicizia eh’ era pas- 
sata tra Andronico 'é luì le promessa che 
avea' fatto al principe dì proteggerne i figli, e 
di reggere d limone degli affari , gli fe’ dire 
che il discórso di un .uomo turbafento non lo 
potea far maucare alia sua parola. La inteu- 


t I B R o gvi. -130 

%'ione cìic Cwntacuzetio esprimeva era ella sin- 
cera ? avea ella per motivo il bisogno del ri- 
poso ed il desiderio del ritiro, o solamente la 
stizza cl »0 gli cagionava la impertinenza im- 
punita del soprastante dei palazzo e la mira di 
conoscere i veri sentimenti della imperatrice? 
Non essendoci stati trasmessi tali particolari 
che da Gantacuzeno , è diflicile conoscere la 
verità con certezza. Ma probabilmente non è'oa 
discoslarsi da essa il credere al concorso di 
tutte queste cause. Checche ne sia, il patriar- 
ca fece un altro passo inutile, e Gantacuzeno 
gli parve inflessibile nella sua risoluzione. Nu.1- 
ladimeno , dopo avere dicbinrato che nessuna 
cosa non poteva rimuoverlo- dal suo preposto, 
aggiunse che se la patria uopo avesse de* suoi 
servigi, se alcun pericolo 'la minacciasse, usci - 
rebbe dal ritiro per volare a soccorrerla. Il 
patriarca manda tate risposta alia principessa, 
la quale in un discorso lunghissimo riferito 
dallo storico ( giudice e parte ) esprime il 
pili profondo dolore j e fa al maggiordomo , 
onde persuaderlo a rimanere presso di lei , si 
commoventi preghiere, eh’ ei non potò più re- 
sistere. ' ^ 

Si recò presso 1/ imperatrice, colta qtiale én- 
tro in lunghe spiegazioni , provandole che- se, 
siccome se n’ era- fatto correr la voce , avès'O 
voluto impadronirsi del po,tere^ lo avrebbe 


1 


M40< ,, GIOVAIJiri PALEÒtOGÓ. 

td senza ostacolo, e scongioraotlola lii non ascot-' 
farcii discorsi malevoli, dì\ cui ' i' invidia o 
l^odio lo rèndevano il zimbello. La prevenne ri- 
pigliando il timone degli affari, che si propo- 
neva di amministrare cpn severità e di rendere 
una rigorosa giustizia ; e che dovendo tale con- 
dotta aumentare il numero de’ suoi niniici, ' di- 
verrebbe infallibilmente loro vittima, se V impe- 
ratrice lo abbandonasse e continuasse d dare 
.ad essi "ascoltò. Ànqa convenne della verità del- 
le osservazioni di Cantacnzeno , dichiarando 
che da lui solo sarebbe stato 1' impadronirsi 
dèli’ autorità, che lo potea tuttavia, e che non 
'possedeva V impero soltanto per la sua mode- 
razióne e viltà. Gli promise con giuramento 
di lion ascoltare giammai i di lui nirhici e di 
non abbandonarlo. Egli, dopo tale giuramen- 
to >' fatto alla presenza del .p^atriarca , accon- 
senti di ripigliarè la direziòne de^li affari. Il 
' prelato ed il maggiordomo, presp coibmiata 
dalla imperatrice , si trattennero a' lungo ih- 
‘ sicme nella chiesa dei martire s. Demetrio, ,si- 
.tuala nel recinto del palazzo, Càntacd’z/eno, ri- 
jcordendo al patriarca tùltdtiò che aveva fat- 
to per lui, lo pregò di difenderlo contro i' suoi 
•'invidi presso la imperatrice finché fosse lon- 
* tano.. Il prelato rispose colle' più grandi , pro- 
tèste , e promise di fare quanto . il suo bene- 
laUore gli dimandava. Per non lasciare nessun 


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"itero evi. 14 f 

V1nl)l)Io sulla sua sincerità , ivcitò sopra il di 
lui capo r inno del trisaglo, egiorò di non, 
ingannarlo. Liliorato dai suoi sospetti e pien-» 
di speranza , Cantacuzeno risolse di applicarsi 
al governo dell’ impero. (2) Nel giorno sosse- 
guente convocò nel palazzo, imperiale gli i\m- 
hascia’fori del re dei Bulgari, ssi comparverT» 
con iun altiero contegno e mostrando il trat- 
tato di pace tra il loro re e Andronico , di- 
rriandarono che si ripigliasse tale trattato , n 
che ad essi consegnato foSse Sismano. Avendo 
r imperatrice ordinato a Gantaenzeno di ri- 
spondere, questi disse loro che non erano ve- 
nuti pel soggetto che avrebbe djavoto condurli, 
il rinnovamento dell' alleanza; che i Romani noi\ 
erano avvezzi a consegnare coloro che veniva- 
no a cercare presso di essi un asilo; che tale 
nsiln era inviolabile ; che Sismano dimandava 
soltanto il riposo e non il reg’no, del qual era 
stato spogliato; che il darlo in loro potere sa- 
rebbe un’ infamia ; finalmente che , se persi- 
stessero nella Ipro inchiesta, le truppe imperiali 
condurrebbero Sismano nella Bulgaria, e com- 
batterebbero per lui. Entrò con una sorpren- 

I 

(1) Inno, in cui la pafoLi santo è vipelma Ire volte, 

e xhe incominciò ad usarsi u^la chiesa di Costantinopoli 
sotto il pairi.arcalo di- Pro^Io^ nel 446.. . 

(2) Tali sodo le sue proprie espressioni.,- i 


■142 OJOVAH7»! PALEOLOGO, 

tlenfp franchezz'ìi a partifìobiizzare i meizi che 
aveva per' cdmhatlere, il, loro rfr : ciò e-rnho 
Arntr, il più potente dei sultani d’ Asia , che 
TnetlpTa Irt sua 'armata a di lui disposizióne ; 
uri- gran namóro di Bulgari malcofitenti che si 
arrolerehbcro sotto gli Stendardi di 'Sismono 
tQStochè lo vedessero protetto dalP impero. Ter- 
minò coll’ assegnar loro venti giorni per an- 
dar a recare al loro padrone la precisa dichia- 
razione che faceva , e conoscere* la' di lui ri- 
S^posta.. Gli ambasciatori , che'‘non sì aspetta- 
vano quel linguaggio , cangiarono di tuonò , 
e richiesero an più lungo termine, promel- 
tendó di usare la maggiore Sollecitudine. Canta- 
cuz^o accordò ad essi uu rtiese, dentro cui dove- 
vano far conoscere la risposta del loro re, eh’ es- 
ser doveva o la pace o la guerra. 

Dopo la loro partenza, il maggiordomo pre- 
se tali misnre da poter combattere 'i Bulgari, 
e diede ordini per raccozzare la troppe ma 
siccome non erano state pagale, ricosaron esso 
'di ubbidire. ^ndo‘ esausto il tesoro, CantacQ- 
zeno era nel più grande impaccio, quando ne 
fa tratto fuori da' un uomo os'ctiro,' di nome 
Patricioto, che aveva ammassato immense ric- 
chezze col distendere e nianleneie gli stati ed 
’ì ruoli dei soldati. I rimorsi che provava gli 
impedivai«o di, farne liso. Per sottrarsene ave- 
va risotto di dare niia parte' delie sue rìc- 


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» I fi E o . cvr. , ^43 

chezze ni< molaci , ma teraéntlo non fors’ cigli- 
no .ne abusassero, le aveva 'allora allora offer- 
te a Cantacuzeno • per i bisogni dello- stato. 
Avendogli cfueslo il maggiordomo quanto de- 
naro somokinisti ar potesse , rispose che ovea 
■ ceiitoinila bisunti ,.d’ uro in moneta e quaranta 
mila in elfetti mobilK 11 maggiordomo sprpre-- 
80 e forse internumente adiruto a si scandalo- 
sa fortuna^ nel primo suo, trasporlo gli coman- 
da di versare tal somma. Palrìciuto ubbidiva 
senza mormorare, quando Caritacnzeno, riflet-' 
tendo cb’ era cosa- più sicuia lasciarla nelle 
mani di lui;, gli. disse di ^custodirla, ed. esserne 
depositario; soggiungendo che si ilrizzerebbe a 
lui quando -urgesse^ il bisogno. Dispone cogli 
ulliziali il pagumento delle tiappe^ e non ac- 
cetta da Patricio-to che la somma rigorosamente 
necessaria. Lo ristabilisce nel suo/uflìzio, 'giu- 
dicando con ragione che i rimorsi e gli scru- 
poli gliel farebbero' esercitare con maggiore , 
probità. I soldati, pagati,, gridarono che co'rn- • 
batterebbero sotto gli ordini .del reggente e lu 
seguirebbero dappertutto. 

Canlàcuzeoo essendo all’ ordine contro le im-' 
prese del re dei Bulgari,, tenne di dover con- 
sigliare air imperatrice Anna di far consecrare 
e incoronare Giovanni Palcolugo , il primoge- 
nito de’suoi figliuoli. Tùie consiglio saggio e 
prudente doveva distruggere tulli i sospetti , 


LIBRO CYI. ' ' 

ne, sospetti sopra i snoi divisarneoti: di cotesti 
assalti, di rado diretti, ma ripetuti ogni giorno 
con accortezza, poteva tanto meno fallire l’effet- 
to suir auiiDo della imperatrice, quanto che non 
si prendeva -nessuno il pensiero di difendere 
Gai) tacuzeno. Il p atriarca , sul_ quale avrebbe 
creduto di poter contare, perchè tratto lo ave- 
va dalla oscurità per collocatio sul primo trono 
della chiesa di Oriente, si univa ai suoi nirnici. 
Egli era segretamente alla loro guida, e da lui 
prendeva consiglio la principessa còti maggiore 
fidanza. Ella dunque era sempre soggetta alla 
influenza di un concerto unanime di secreto 
delazioni. SI cominciò dal persuadetla che non 
era convem'eiite la consecrazione del giovine 
imperatore ptopòsla dal reggente. Le fu rap- 
presentato eh’ egli offendeva la decenza e feriva 
tutt’ i riguardi dovuti alla memoria di Àndro- 
nico, poiché la consecrazione e la Incoronazio- 
ne erano sempre accompagnate da feste e al- 
legrezze. Invano Gantaenzeno addusse |* uso e 
gli esempi, invano mostrò l’oliliià del consiglio 
che dava, insistendo sul pericolo delle miuorità, 
enlla necessità di far riconoscere solennemente 
il principe, e di renderne più rispettabile la 
persona con nna ceremonio imponente e sacra; 
la imperatrice persistè ne’ suoi rihuli, pregan- 
do il reggente di permetterle di pagar tributo 
alla pubblica opinione, che biasimava qualuo- 
hc-Beau T. Xr. P. /. 9 


V, 


l I B K'O evi. ^ i47 . 

solmani*, allestito una flotta in gran parte a 
ape»e; ma commi^e un grave errore confidando 
il comando di essa flotta ai gran duca Apo- 
caoco. Disposte cosi le cose , andò a prender 
congedo dalla imperatrice , lasciò sua madre 
presso di lei, e parti da Costantinopoli, per re- 
carsi a Didimotica , seco menando una parte 
della nobiltà della capitale , che lo segui sola- 
mente per rispetto umano, e perch’ ei le rrm- 
proverava l' ozio suo vergognoso.' Adoperò in 
egual guisa con quella di Tracia, cui forzò del 
pari a servire. Essendo in Didimotica , intese 
che Alessandro, re di Bulgaria, osteggiava pres- 
so Stiibna, citlò di frontiera. Gli mandò a dire 
che sendo allora allora spirato il termine con- 
venuto, uopo era eh* ei si spiegasse e facesse 
sapere se volea la guerra u la pace. Il re, ve- 
dendo che 'si avea riso delle sue minacce, e che 
invece di consegnargli Sismano , parea che vi 
fosse la disposizione di difenderloi dimandò la 
pace , rinnovò i trattati , e toroosseiie al suo 
palazzo di Teroova. 

Terminata in tal maoiera la spedizione cou- 
tro la Bulgaria, il reggente condusse il suo e- 
sercito oel| Gbersoneso , il quale i Turchi met- 
tevano a guasto. Li battè in due diversi con- 
flitti , lo che forzò Glasse loro condottiere a 
conchiuder la pace. 

B-tturnato a Didimotica si applicò a far nuo- 


■ hy Googlf 


^48 giovannì pai.eologo. 

ve leve p6r dar compimento alle soe troppe. 
Durante la di luì assenza 'dalla capitale, Apo- 
canco formò il progetto di rapire l’impepatore, 
e chioderlo nella torre di Epibale f che aveva 
fatto ^costroire con grande- spesa vicino a Co- . 
stantinopoli. Essa era d’ ona sterminata altezza 
e 'grossezza. Se in tal colpo fosse riosoUo, for- 
zar voleva la impératrice ad eleggerlo primo 
ministro, dispensatore di totte le dignità, e ad< 
acconsentire al niatrimonio del giovine princi- 
pe con nna delle sue figlie. Cosi regnato avreb- 
be' sotto il' nome del genero. Al ponto in cui 
era per essere eseguilo tale progetto , uno dei 
suoi compiici Io discoperse alla imperatrice, la 
quale raddoppiò la guardia dell’ imperatore, e 
prese tutte le precauzioni necessarie per far 
andare in dileguo il disegno di Apocauco. Egli, 
scorgendosi scoperto, si rinserrò nella torre di 
Epibale , defèrrninato di difendersi , se mài si 
tentasse di assaltarlo. Canlacozeno mandò Em- 
inanuele Tércaniota, di sopraodome Curlrice , 
od investirlo con truppe. Apocauco .gli fece, 
dire che non si rifuggiva in qóella fortezza che 
per sottrarsi ai suoi niruici , ~i quali , dopo a- 
Verlo calnnuiato, privar lo voleano di vita; che 
consigliavalo d’ imitarne T esempio , evverten- 
dolu che la sua vita eziandio era in perìcolo. 
Il reggen te rispose che desiderava che Apocau- 
co fo.sse iunocente, esortandol»> sé non lo era, 


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.11 n it o evi. ' ' 

a ritornare alla ul)h>dieraa , poiché allrimcoli 
sarebbe rigniosameiite punito , nè la sua for- 
tezza lo Camperebbe dalla giuiìtizia. 

lo quel -mezzo gli abitanti del Peloponneso 
rlepularono al maggiordomo Giovanni Sidero , 
governatore di pareeelne citih di quel paese , 
od il vescovo^ di Gonna. La popolazione della 
More» si cuinpone%n allora dei nativi e dei La- 
tini. Tulli andavan d’ accordo per iscuotero il 
giogo dei priiioipi d' Occidente ,■ i quali non 
pensavano ad essi che per farli pagare le im- 
posizioni. Durante il viaggio di Andronico in 
Ac/irnama, aveano mandato in soccorso di Ni- 
telbi’o <la' soldati , che tornarono cantando le 
Indi di Cantacuseno, pel quale si aveva conce- 
pita nel Peloponneso una s) grande stima^ die 
bi voleva averlo a governatore. Cosi terminava 
la lettela portata dai deputati : - «^.Se la ini- 
« peratrice e tu aggradite le offerte che vi 
« facoiamo di vivere sotto la signoria de’- Ro- 
si moni, non avrete ultra briga che di venire a 
« piender possesso delle nostre città, e gover- 
« Darci a vostro talento. » - Cantacuzeno rice- 
vielte con magnificenza gli ambasciatori, e pro- 
mise di andare nella susseguente primavera a 
visitare il loro paese. Per dare una caparra 
della fedeltà della sua promessa, confidò ad es- 
si Giaoopo Brilla , suo amico , che seguire li 
doveva nella iVloreu e ivi aspettai lo. Bruta era 


1 50 6IOYAIT!fl PAlB^'IiOGO. 

incnricato di slndiare i co»tomi, ^li QBÌ,1e di- 
Aposizìoni degli animi. Gantacazeno conoscevi» 
tolta la importanza di quell* acquisto (i)|e ri- 
chiedeva la prudenza che conosoea-te eziandio 
la reale disposizione degli animi e lo stato del- 
ie cose per non adoperare da oom leggero; 
Questo fu probabilmente il motivo per cui man- 
dò r ami co sQo oel Peloponoeso. Gonzooque 
sia , ona priri {colare circostanza sarebbe statit 
capace di reoder sospette le sua intensioni, ae 
egli ne avesse avute di cattive (2). Parlo dello 

(1) Il psysooagglo elte CsuUtcuMOO .rappresenta negli 
aTTentmealj, di cui tesso la stuiia, deve IiupiraM natural- 
mente qualche diffidenti' e per guardami da ogni pre- 
Tenzione, confrontar ai devono i suoi racconti con quelli 
di Niceforo Gregora , ciocché ora facciamo. Cantar, uaeno 
presenta l’ acquisto della Movea come uo possesso utilis- 
simo all' impero, di cni distende i confioii Gregora come 
una conquista, e la miasioue di Bruta come un maalu : 
lo, che potrebbe fa> credere che pon vi avesse, ohe pn par- 
tito di congiurati.. Ma Cantacm eno non poteva allora pen- 
sare, come si l'ìieverà dalla sua condotta, a prendere le 
redini deli' impero. Vi fa egli foruto dalla circostanze; o 
pretese di esserlo stato. 

(2) Il csvatlere di CsnlacuzMio nòn è che quello di Un 
ambiaiuMi e fino a che fu ridotto a correr. 1* aringo , di 
che reniva accusalo , dimostrò che non ' vi era acconcio. 
Non conosceva gli uomini , li sceglieva male, perdonava 
fnor di proposito, credeva alla sincerità delle proteste 
quando la esperienza gl' imponeva di non prestarvi fede. 
Quanto non è slato gabbato da Aporauco, anche dopo i 
reiterati di lui tradimenti ? 


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libro evi. ‘ 

r 

int3Ì9creto procedere de' suoi umici, i qiiuli gii 
resero, o piuttosto gli vollero rendere omiiì 
ilovoli soinmente al sovrano. Eraii dossi Siint^ 
deno, prutostrature e governatore di Tessaloni- 
oa, Crelo, Custanlino Paleologo, zio dell’irnpt- 
ralore, Giovanni Lango, Zamplauone, gran pa- 
lila,- e lutti quelli eh’ erano preposti a’ go^et * 
ni. Gli inaiidaron èglino dei deputati, i quali, 
dietro le loro istruzioni, spiarono la occasione , 

«ì prostrarono a terra mentre andava a dipor- 
to a cavallo, e lo ricondussero, a casa a pie-ti. ^ 

Ei dimostrò loro il suo disgusto eoo asprezza, 
e minacciò di congedar quelli che lo salutas- 
sero altrimenti che non dovevano. O tal trat- 
tamento gli disaffezionasse alcuni , o in ,quel 
numero' vi fossero delle spie che non volevano 
<jhc scandagliarlo, ne vedremo^in breve' parec- 
chi mettersi fra 'suoi niniici , e accusarlo di 
aver macchinato di usurpare, la corona. ' 

Siamo vicini all’epoca, in cui la lega segreta 
che noo aveva sino allora attaccato il reggente 
che in una maniera 'indiretta , disponevasi a 
farlo a forza, aperta, e si giovava di lutti i uiez- 
zi di costringerlo colla ingiustizia e colia vio- 
lenza a- commettere il delitto, di cui>venivH 
accusato. Prima 'di entrare nei particolari di 
tali pratiche e iniquità, egli è necessario 
un cenno delia condotta di Stefano , oralo di 
Scrvia. Alla nuova della morte di Andronico ^ 


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i 52 GIOYAWWI PAtKOLO.GO. 

Vedendo lo scettro nelle mimi d’nn fsncinllo di 
nov’ ann>) egli si^iuòr percorse la Macedonia, e, 
sacci» egig tata questa provincia ^ si avanzò sino 
al dì di Tessalonica. Gantacuzeno avrebbe 
yiotuto farlo pentire della sua mata fede , -uia 
inteso alla spedizione del Peloponneso cui vo- 
lea pi opo( re ' alla imperatrice, ed al progetto 
,di recarsi presso a lui per farla couieulire a 
late impresa, amò meglio contentarsi delia so> 
messione del oralo, e rinnovare l’antico tratta" 
to. Terminalo questo affare, parti per Gostanti- 
iiopoli. 

Quando era. per entrare in quella capitale , 
vide parecchi , distinti per fortuna o grado , 
che avvisati ‘ del suo arrivo gli erano venuti 
incontro. Non. . appena lo videro che smonta- 
rono di cavallo per complirlo. Siccome era 
imovo quell* uso , il reggente non dissimulò il 
rammarico che gl» facea provare siffatto prò* 
cedere. Si recò poscia presso T imperatrice. 
La trovò inquieta, agitata, d* mnor matinconi- 
co e tristo. Ella attribuiva la sua melaucoiiia 
ad .una indisposizione che le -era sopraggiunta. 
Cantscozeno, per distrarla, le rese conto delle 
sue operazioui , la intertenne sul progetto di 
acquieUre il Pelopoiiueso , sull’ l’ffertti degli 
tthllHiiti di quella regione, e le lece ve.lere 
gV innumerevoli vanlaggi cui tale po»k«>dimeuto 
piocaccerebbc. Terpiinò esoitandola axl ayere 


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L< I B O CTI. 153 

maggior fiJaiiza in tnli promosse, di cui tra 
oou molto vedit'hhtì 1’ effetto. > 

Ogni giol ito visitara la imperatrice , e tut- 
tadue si accordavano sulle misure da pren> 
(ierii per I’ interesse dello stato. Un giorno fu 
turbata lo conferenza da un rumore che scm- 
Lrava venire dalla parte del palazzo occupata 
dai tribunali. 11 reggente s’ avvisò che quella 
fosse una disputa di litiganti ; ma ricrescendo 
considerabilmente lo strepito, egli uscì per co- 
noscerne la cagione. Scorse 1’ atrio inondato 
da soldati che appartenevano alle principali 
famiglie della corte , o dello stalo , ed il pa- 
triarca nel mezzo di quella nòbile gioventù, o 
che disputava con esso. Trattavasi di Cantacu- 
zeno I al quale affermavano qoe’ giovani phe 
non si rendevano i dovati onori. Si adiravano 
col patriarca , il quale si difendeva con gran 
calore, sostenendo che il reggente riceveva lut- 
tociò eh' era prescritto dal cèremoniale. (I) Al 

(t) Non v’ era cosa più particolarizzata ed insieme 
-jjiù impurl;mic di quei cerimoniale, (jostantino, fopdnto- 
re della nuova Roma , lo pregiava soiumatucntc. I rego- 
lamenti di esso cercnioniale formarono una legge fond-a- 
xuentale dello stato, che assunse il titolo à\ Qerarthia di- 
vina. Da tal legge ogni grado era marcato con uno scru- 
polo religioso; una ruoltiludine di ceremonle, di saluti , 
<li riverenze, di posizioni, di ge.sli , erano indicati con 
esattezza puerile* Erano in si gran uuniepo , che per co- 

. ■ 9 * 


454 GrovAwm palbologo. 

ponto n cni la discussione ern tanto yìta da 
degenerare in contesa , Cuntacuzeno 'compar- 
ve , e la sna presenza impose silenzio a tutti. 
Fece terminare r imbarazzo deF prelato, ia cui 
situazione cominciava a divenire assai critica. 
Ma il reggente, dopo aver gettato sn quell* a- 
dunanza sguardi severi, indirizzò la parola al 
pati'iarca, e lo rimproverò di mettere in com- 
promesso la sua dignità disputando con gio- 
vani storditi. Per raddolcire l* acrimonia, colla 
quale aveva ripreso (4) •! prelato, lo rtcondns- 
se sino al suo cavallo , quantunque il òeremo-" 
niale gli proibisse di passare ia porta interna 
del palazzo. Gantacnzeno andò senza indugio a 
render conto all’ imperatrice di ciò eh’ era av- 
venuto , e la pregò di fare a que’ giovani i 
rabb nifi che iherìtavano, soggiongèndo 'che gljl 
avrebbe puniti egli medesimo, se non li doveva 
condurre sempre c^n essolui. La principessa 
fece venire i principali, e loro indirizzò severi 


noscerll ci volea un liin^o ftudio , gian tempo , e molu 
altenEione; e si coasideratra tale studio per grate cosi , 
eh’ era uu sacrilegio il irascurarlò. Il codice Teodosiaiio 
lo esprime formalmente: sit piane sacrilega reus qui di- 
vina praecepta negléxerit. Cantacureno non dice sé ì i*e- 
clami di qué’ giovani in suo favore fossero conformi alla 
divina gerarchia o se in sua difésa il patriarca si appog- 
giasse a tal legge. 

(1) Parole proprie di Caotacuieno. (I. 4. e. 13. ) 


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( 


l T B R O CVt. '155 

l'itìtlproveri sulla doppi» in^iustizin , di cui si 
reudftvan colpevoli, si verso di lei, suppooendo 
eh ella non rendesse f^inslizia al reggente , si 
verso il patriarca, il quale pel suo c»rattere « 
per le sue funzioni meritava da essi tutto il 
rispetto. Questa lezione fu data alla presenza 
di Cantacuzeno. 

Apprestandosi alia partenza, pensava al mez- 
zi di assicurare la tranquillità dello stato. Era 
d’ avviso che il non rendersi padrone tli Apo- 
cauco, mettesse a repentaglio T impero. L’ im- 
peradrice pensava che non fosse necessario 
imporgli altra pena fuor quella a cui sembra- 
va eh' ei medesimo si condattoasse chiudendosi 
in una fortezza. Il reggente divideva tale opi- 
nione; ma siccome clovea condurre 1’ esercito 
in occidente, avrebbe volato non lasciare T im- 
pero esposto ai tentativi di quell’ ambizioso. 
^Essendo inespugnabile la di lui fortezza, o ri-, 
chiedendo, per esser presa un qualche spazia 
di tempo, e tali mezzi, rimpiego de’ quali 
sooocertato avrebbe tutti i progetti , Canlacu- ■ 
Zeno propose di perdonargli , e servirsi di lui. 
La imperatrice non dissimulò la sorpresa che 
le cagionava una si strana proposizione. Ciò 
che io rende vie raaggìormeule incsplicabilo 
did canto di colui che la faceva, si è la minu- 
ta descrizione, che in tale incontro egli fa nella 
sua storia della origine e della vita di Apo- 


Oi 


456 OJOVA]\N1 PiXEOLOjkO. 

caudo } la quale patliuularilà comprova cb’ ei 
TiOD era degno dì alcuna conGdeuza. ^alo nel- 
la Bitinia da genitori oscuri, Apocauco avea 
cominciato il suo aringo dall’ essere comutea»o 
dei iMceviloii delle iinposiziooi. Kntrò a^li sli- 
pencl] di Andronico Asau , zio dell!, impei alo- 
le. Lo abbandonò tra non molto- per darsi a 
quello eh’ era incacicato delie contribuzioni 
nell’ Occidente , e che gli affidò i suoi proprj 
f >ndi- e lo', inviò verso il vecchio Andronico. 
ApocaucQ gli rimise i fondi del suo padrone , 
come fossero suoi , ,« ottenne per ricompensa 
J« carica del suo' benefattore. Ma avendo male 
amfliÌDÌstrato T impiego, si nascose, e fece of- 
frire il suo servigio da Sirgia al giovine An- 
dronico. Egli ne abbracciò il. partito più per 
sottrarsi àlla incorsa punizione, che per adetto 
verso il principe. Cantacuzeno lo fece fare mi- 
nistro di stalo sotto i suoi ordini. Egli entrò 
in tulli i raggiri di Sirgia contro il maggior- 
domo , e in quelli della imperadrice madre. 
Avendone Cantacuzeno trionfato, Apocanco non 
tiovò migliore espediente che quello di diman- 
dargli perdono. ottenne, e fu eletto genera- 
le della flotta contro i Turchi, poscia insignito 
della dignità di mediatole. Avendo denunziato 
il maggiordomo, fu deposto dalle Sue caiicbe, 
m<i poi n’ ‘ebbe di nuove. Dopo una lunga enu- 
mci anione , di cui non preseutiuiuo che un 


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LIBRO evi.- “<57 

sommano, il re^^enle dimaoda ' un’ altra volta 
Itoti solHiuciite la grazia d.i Apocaiico , ma pur 
itnciie il di Ini ri^ilabilimento r nell' esercizio 
delle sue tunzioni. L^iinperadrice si lasci» svol- 
gere non senz.i fatica. Furono mandati quat- 
tro coimnessarj alla, torte di Fpihate per of- 
irire al perfido Apucauco il perdono. Egli non 
1,0 valle credere , e rispose ohe persisteva nel 
|jrogelto di difendersi. Abbassò di tuono quun- 
»i.> il reggente stesso, nel partire da Coslanli- 
iiopuli, gli andò a dichiarare , che non .Bdan- 
dosi che in lui, si ri ruetteva i.uteraineute alla 
sua disposizione , senza nessuna condizione o 
liservH. Cantacuzeno , sempre ingannato, gli 
consigliò di andare a gettarsi a pie’ della iin- 
peradrice , e conti nuò il suo viaggio per ite- 
carsi a Didimotica ,\e apparecchiarvisi ..alla 
guerra. 

Prima della di lui partenza , la imperatrice 
gli avea dimandato la sua figlia maggiore in 
iualrimo.nio pel giovane imperatore. .Cuiitacu- 
zeno rimise gli sponsali ai suo ritorno, addu- 
cendo. in iscusa che gli affari pub])lici non po- 
tevano sofli ire nessuna dilazione : ma di fatto , 
die’ egli medesimo, per deferire ai suoi «mici, 
che pregato lo avevano di niente couchiudeie 
senza lóro purticipc^zione. ’L' ine.splicabite ri- 
fiuto die’ luogo a molte cougetture sulle., iu- 
tciizioui di Gautucuzeuo: tale matrimonio lirdescar 


N 



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^58 QlOtàKVI PALPXOGO. 

doyoTa l* ambizione che gli aacrivono I sttot 
nimici. Se sf «oppone eh’ egli stesso volesse 
regnare, è ds' convenire che più volte aveva 
rigettata volontariamente la occasione di s«»d-> 
disfare al suo desiderio. Ci sembra più verisi- 
mite di attriboire il ribotò alla incosteoza del 
eoo carattere, all’ inQoenza che gli amici e«er> 
citavano sopra di lui ; e tutta la soa condotta 
aino al momento in che fu ridotto alle strett e, 
rafferme tal congettura. 

Apocaoco seguitò il consiglio del reggente , 
e fece umili sommessioni alla iinperadrice. Dal 
palazzo di essa si recò presso alla madre di 
Cantacuzeno, le rinnovò le sue proteste , offe-* 
rendo di aggiungervi de’ giuramenti ch' ella 
ricusò, perchè amava meglio gli efifelti che le 
promesse.' Dipoi andò a trovare il patriarca, e 
gli tenne tutt’altro linguaggio. Invece di ricono» 
scere, come poc’ anzi ave» fatto, le obbligazio- 
ni che avea al maggiordomo , finse di non 
averne che al prelato', di credere ch^ei aves- 
se pensato sempre a difencie.rlu; finalmente che 
doveva a lui non solamente la liberlù, ma pur 
anche la fortuna e la vita. Non vi erano «acri- 
fizj grandi abbastanza per rimeritare tali be- 
neficenze ; quindi andava egli a confidargl i un 
segreto della più alta importanza, e che ne in* 
teiessava la persona. Dupo tutte le precauzioni 
necessarie per eccitare U curiosili del patriar- 
ca, gU disse che il maggiordomo discacciar lo 


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\ t B tt o evi. 159 

voleva dalla sua sede , e sustìtuirgU Gregorio 
Palama, suo antico- amico. Il prelato nttonito si 
espresse che ne dubitava , e dimandò alcuna 
prnova. Apocauoo, il quale non ne aveva, ado- 
però in iscambio i più esecrabili giuramenti,- 0) 
e per meglio persuaderlo del suo attaccamento 
e della sua intenzione di dividerne i pericoli , 
gli propose la 6glia sua pel figlio'di lui , do- 
vendo tale parentela rendere tra loro comune 
ogni cosa , le felicitò ed i disastri. Tale pro- 
posizione colmò il prelato di gioja. Gli articoli 
furono stabiliti, le disposizioni prese, e secon- 
do l’oso de’ Greci, i due contraenti fecero il 
cambio delle reliquie che portavano al collo ; 
formalità che attaccava la idea di sacrilegio 
olla rottura d' una promessa ", e non faceva 
quasi sempre che accrescere il delitto di chi 
violava i suoi giuramenti. Si accordarono di- 
poi tuttadue sulla maniera di comportarsi con 
Cantacuzeno. Apocauco fece conoscere al pre- 
l.do qnal imprudenza sarebbe lottare aperta- 
mente contro l’ uomo più potente dell’ impero, 
e quanto necessario interessare per essi la im- 
peratrice. Quindi Dopo era che ,il patriarca’ 

(t) Tali sono le proprie espressioni' di Cantacuzeno. 

( lib. c. 3. I8. ) Ci siamo dimenticati di dira che Gio- 
vanni era ammogliato, c che area figli. Quando lu eletto 
palrÌM-aa, la moglie dì lui fu posta in un cunvenlo. 


IGO GiOVANNi PALEOIOOO. 

.confidasse alla principessa il .progetto èbe ave- 
va il maggiordomo di scannar lei , non meno 
che i giovani princìpi « per impadronirsi 4Ìei 
trono;, se la imperatrice vuole alcuna pruova , 
è di mestieri farle vedere che la ricerca esige 
qualche .tempo; che il menomo >, indugio ca- 
gionerà la di lei perdita ;iche .oo deuso velo 
copre tutti i passi dei congiurati) che sebbene 
adoperino nella oscurità , non sono dessi meno 
solleciti; che sono pronti a vibrare il loro col- 
po ; finalmente tali asserzioni dovranno essere 
accompagnate da quel linguaggio persuasivo 
che il patriarca sa così bene far intendere. 
Tali furono. le istruzioni ed i consigli di Apo- 
C90CU. Egli si .assumeva di combattere Canta- 
cuzeuQ , $,e lo imperatore lo autorizzava , ed il 
- prelato isa^ebbe. fatto allora primo ministro ) e 
terrebbe le redini del governo. 

Procacciò di attirare al suo vpartito le per- 
sone dell’ impero che presso Asan , cognato di 
Cautacuzeuo , avevano maggiore ' influenza e 
autorità , e si rivolse più particolarmente a 
quelle che , potendo avere molivi di querela 
contro il reggente, sarebbero meno disposte a 
difenderlo che a combatterlo. Cominciò da 
Asan Andronico , cognato di Gantacozeiio. Da 
sei anni in poi languivano i due suoi figli in 
una prigione di stalo per delitti che ad essi 
venivano apposti, e ooa tendevano a meno che 


Digilktc' 



* 

L I a p cTi. ^61 

a metter sossopra T impero. Ejili aveva latto 
dei passi sempre inutili in diversi tempi éd 
anche di fresco, presso al genero , per ottene- 
re la loro liberti. Avendogli il reggente fatto 
osservare eh’ ei non poteva assumersi il carico 
di aprir la prigione ai due suoi fìgli, senza, re- 
care una grave ingiuria alla imperatrice , e 
senza cagiofiare a lui giuste io(|uie tudipì , e 
ch’era d’ uopo disporre anticipatamente la 
principessa alla indolgenza, Asau era stato tan- 
to più soddisfatto di tali osservazioni , quanto 
che il maggiordomo le terminava colla forma- 
le promessa d' impiegare la sua mediazione pel 
di lui ritorno d’ Occidente, e di rendersi mal- 
levadore della fedeltà de* suoi d ue fratelli. (^) 
Apocauco presentò sotto un altro ponto di vi- 
sta questi fatti e la promessa. Non durò fatica 
a provare che , se Cantacuzeno si fosse alcou 
poco interessato alla sorte de’ suoi cognati , lo 
avrebbe fatto conoscere cogliendo le occasioni 
die mille volte si erano a loi presentale: ne 
richiamò parecchi ; mostrò che il maggiordo- 
mo godeva di on assoluto poterà; cercò i veri 

(4) Anche qnpsi* circn8lant,n dimos'lra l.i JahoUiza 
del caraUere di Canlacuxcno. Sé avesse avulo la fermez- 
za , necessaria in un nomo di stato , avrebbe preso uu 
p.triiio prò x> contro • duo fratelli,' secondo eh' eVam» i|i- 
uocenti o rei. 'v ■ , ' 


c-;;* 7Ù.) jy Google 


'162 GlOVARHl PALEOLOGO. 

motivi d^ta sua condotta, affenoando che quel- 
lo cui' àssegnava non era che una scónfitta ; 
finalmente dichiarò, apertamente ohe a lui era 
dovuta ta prolungazióne delia loro prigionia. 
J^er dissipare tutti i dnbbj , diede molte par- 
ticolarità sul favore che avea godalo presso il 
reggente, sulle confidenze che gli avea fatte 
nell' epoca della loro intrinsichezza, e mise nel 
numero di tali confidenze il progetto di lasciar 
vivere e morire in prigione i doe figli di Asan, 
perchè H vàlore a ì talenti loro rendevanii 
pericolosi. Tali ' ragionamenti «peciosi fecero 
impressione sull' animo d' Asan , e lo svolse- 
ro. La tenei'ezEa che aveva pei suoi figli lo 
rendea credulo ; e la parte che Apocanco gii 
faceva rappresentare nel progetto che g li cu- 
ìnnnicava , diede compimento ali' opera. Il 
progetto jera quello che avea reso noto al pa- 
triarca; e la parte , quella stessa che il prela- 
to aveva accettata , cioè il governo dello sta- 
to'; poiché' l* accorto cospiratore presentava a 
ciascuno I’ esca lo più potente. P rima di riti- 
rarai giarò al suocero ..di Cantacuzeno- fedellh 
ed ubbidienza. 

Coqtinaaodo con un’attività meravigliosa il 
corso delle sue pratiche , Apocauco, appena 
uscito dalla casa di Asan , andò a trovare i due 
suoi fratelli, il principe Co stanti im> ed il gran- 
duca Isacco. Li fece vergognare dell’ ohblio 


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1 I s n o evi. ’ <63 

nel qnal erano iBjoiali, e acconsentivano a vi- 
vere, mostrando loro che non occupavano nel- 
lo. stalo il posto al quale aveano diritto; esor- 
tandogli a scuotere il giogo di Gantacuzeno, e 
insegoaadoof} loro i mezzi nell’ unirsi a lui 
per Car cadere il reggente dalla grazia del- 
I’ imperatrice , e ottenere da essa I’ ordine di 
combatterlo. Era d’ uopo approfittare della di 
lui assenza per colpirlo con maggior sicurezza. 
Terminarono 1’ abboccamento le proteste di 
ubbidienza. I due principi' promisero a quello 
scaltrito di far causa comune con lui. 

Apocauco dal palazzo dei due principi si 
recò alla casa di Giovanni Cabala , grande 
drungario , giunto non ha guari dalla Servia , 
dove il reggente lo aveva mandato. Lo spa- 
ventò confidandogli falsamente le cattive in- 
tenzioni del reggente rapporto a lui. Questi 
lo accusava di tradire lo stato per il cralo che 
lo aveva sedotto , e del quale era spia. Non 
rimaneva a Cabala che il partito di unirsi ai 
personaggi che , conoscendo i perniciosi dise- 
gni del maggiordomo, aveano risoluto dì sbri- 
garsene. I giuramenti, il cambio delle reliquie, 
e la profferta che Apocauco fece di sua figlia 
giò promessa, cons,umarono il trattato. 

Al gran drungario fece Apocauco succeder 
Cumno , grande stratopedarco. Questa conqui- 
sta sembrava più facile di qualunque altra.' 


*464 GIOTAK»! «ALEOLOOO, 

CuT^no «veva «po«a|o la', cugina del raggirató- 
re: con u^n discordo ingiurioso > offese- il reg- 
gente nella conferenza- cbe fa tenuta alta pre- 
senza degli arobasjcialurt del r» di Bulgaria. 
Apocaoco, lo asstoura che CantacuZ'Sno eia' sem- 
pre e«aloerato da quel dUcoreo, e ohu si pro- 
poneva di vendicarsene. €aui0O| oOnosceodo la 
dolcezza del di lui oarattero , ns dubitava, ma 
If amico gli tolse ogni dubbio co’ «noi giura- 
menti , e lo persuase che il solo partito che 
avesse a prendere, era di entrare nella oougia* 
che gli fece palese. 

Per noo trascurerò nessuna cosa , 'Apocauoo 
tenne di doversi iùdiriezara ai servitori ì' pi& 
afiezionati. dell’ imperatore , affinchè la princi- 
pessa, udendoli parlare collo stesso liuguaggio ^ 
dei cQtigiarati ^ fosse- più inolioata's oredore ^ 
all’accusa, di cui Cautacuzeoo' sarebbe l’og- 
getto.- Tra quelli -che erano più aecreditati 
presso - Giovanna > vi avea Artot:, venuto da 
Savoja con essa. La prudenza ed il valor suo 
lo fecero stimare da Andronico. Apooauco gli 
diede a credere cbe ri reggente teneva intor- 
no a Zampea di lai madre e‘« Ini medésinu) 
i--più disobbliganti discorsi^ mal soffrendo che 
ricevuti si fossero degli siraoieri, e ohe si aves- 
se in essi la menoma Confidenza. Gli stessi 
mezzi produssero il medesimo effetto ; e l' Ita- 
liano fu vinto dalle 'proteste, dai giuramenti , 


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1 1 s ai Ov evi. 165 

ddlln offerta un reliquiario ^ e da qdialia di 
Olia fìgtia giii due volle promessa. 

Tali sono in compendio i particolari che 
Cantacuzeno ci .soinministra sulle prime prati- 
che di Apocaaco nella congiara , che fra po- 
co vedremo eseguita. A scanso di ripetizioni , 
abbiamo a bella posta omrnessa una particola- 
rità che si 'ritrova in tolti i discorsi tenati da 
Apocaucu ai congiurati : la confessione della 
impostura e della falsità deli’ accusa in aggra- 
vio dì Cantaenzeno ; una esortazione ( sempre 
la stessa ) a sostenere la menzogna e io sper- 
ginro. Sembra poco verisimile la confessione^ 
Presentando il reggente come uno che divi- 
sava di sbrigarsi delia imperadrice •'"dei. gio- 
vani principi, era meglio esserne persuaso che 
convenire non' esser ciò vero. Era un togliere 
olle protèste ed ai giuramenti tutto il loro va- 
lore, nn inspirar dubbj anziché confìdenza , e 
correre il pericolo di produrre un effetto con-; 
trario al proposto. Un’ altra inverisimigliunza 
è la triplice proposizione di matrimonio per 
la «tessa hglia, offerta successivamente al figlio 
del patriarca, al grande drungario, finalmente 
all’italiano. La menoma indiscretezza smasche- 
rava Apocauco. Tali contraddizioni fanno pre- 
sumere che lo storico siasi permesso di coq- 
gt'tturaie sui mezzi adoperati segretamente dal 
suo nimico , i quali di fatto gli era difiìcile 


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466 GIOTANICI PALBOIOGQ. 

conoscere: ma siccome ì fatti comprovano il 
raggiro e la congiora^ s’ è permesso aver dab- 
bj saUa esattezza dei mezzi|, non io è- di con- 
servarne sopra quella del raoconto degli avve- 
nimenti. 

Apocanco dedicò a tal congiura^ di coi era 
l’ anima, tatti i momenti della sna vita. Raccol- 
se più volte ì congiarati nel palazzo del pa- 
triarca. Ivi si fermò la maniera da cond'arsi : 
cioè di andare separatamente presso la impe- 
ratrice, di tenervi lo stesso lingoaggio sul reg-’ 
geote^ onde tale conformità di pareri e di ac- 
cuse colpisse maggiormente l’animo della prin- 
cipessa. Àsan e soo fratello Costantino furono 
ì primi ad aprirsi, e dopo aver rinnovato' la 
dichiarazione del loro attaccamento agrititeres- 
8Ì di Anna , denunziarono formalmente Ganta- 
cozeno come cospiratore contro io stato. Aona^ 
attonita, li ricevette assai mate, e risposa asoint- 
tamente che non avrebbe mai il menomo dub- 
biò snII’ affetto di Cantacazeno. Impose si- 
lenzio a Zampea , non meno che a soo fìglio , 
che tennero lo stesso discorso. Corono, soo 6- 
gU'o, Strategopulo soo genero, ed il gran dran- 
gario , non ottengono migliore accoglienza , e 
ricevon ordine di non più parlare in tal goisa, 
perché 'il maggiordomo al sno ritorno vendi- 
care ni potrebbe giostameote delle loro calun- 
nie. Tale successo disanimava i congiurati , i 


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LIBRO eri. ^67 

quali, senza Apucauuo , avrebbero abbandonato 
la impresa. Ma egli si era avanzato di maniera 
ebe non polea nè fermarsi nè ritrarre il piede 
senza il più gran pericolo. Rappresentò loro 
che il reggente era per essere informalo di 
CIÒ che allora allora era accaduto , e che sa> 

1 ebbero spacciati senza riparo. Restava un e- 
spediente messo in riserva, siccome quello che 
doveva essere vittorioso il doppio intervento 
del suocero di Cantacuzeno , e del patriarca. 
La testimonianza del primo , che era legato al 
reggeote pe' vincoli del sangue e delTamicizia; 
quella del secondo, ministro di pace,- apostolo 
della verità, dovevano per tali circostanze dare 
un gran peso all’ accusa. Entrambi si appre- 
sentano alia imperatrice. Il palriurca pionun- . 
ziò un discorso, in cui tutto era cumbimito con 
un'accorta perfìdia. Il prelato rammemorò tut- 
te le obbligazioni che aveva a Ciiolacuzeno, gli 
innumerabili' benefìzj che sempre ne ricevette, 
il suo innalzamento sul trono patriarcale , e 
parlando della sua riconoscenza, non vi mette- 
va altri limiti che un rigoroso dovere il quale 
forzavaio ad esporsi al rimprovero della più 
riera ingratitudine facendo un passo tendente a 
salvare la imperatrice e lo stato. A tale esòr- 
dio susseguito la denunzia contro il maggior- 
domo , la quale non udì la imperutrioe senza 
una viva commozione per la età, il carattere , ' 




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GloTÀHlfl PALBOl^kOO. 

e gli tiffizj dell^ oratore. Natxliineno ella non 
dissimulò' la ripugnauza ohe aveva a credergli. 
Il- prelato ripigliò che ne aveva egli stesso pro- 
vato una eguale, e che si era arrenduto sòltaii- 
to alla evidenza. Auna aveva solennemente pro- 
messo a Cantacozeno di non condannarlo mai 
senz’ aftCoUarlo. Volendo mantenere la parola , 
disse al patriarca esser d' uopo intonuarsi in 
segreto, raccogliere con diligenza tutte le cir- 
costanze per-giudicai'Q il reggente al suo ritor- 
no. Gli sarà dato lenapo di difendersi, e s’è ri- 
conosciuto colpevole , sarà condannato. Siffatta 
risposta fece tremare (1) il prelato, che tentò 
di 'mostrare il pericolo che si correva col oie- 
nomo indugio , rappresentò il partito che i) 
reggente aveva nella capitale come forinidahile 


(t) CaoUcfizeao dice che poco mancò non morisse di 
paurai e cootultociò gli. dà tal presenza di spirito da ri< 
spondere a quanto di ragione'^oie o di spe/ioso si poteva 
dire nella circostanza. Dimenticandosi di arer mq dà piin- 
cipio rappresentato il patriarca come un uomo da nulla , 
e cattivo parlatore, gli mette in bocca i pià 2et discorsi 
del mondo- Cantacuzeno non si'può sottrarre al rimprove- 
ro d' incoerenza o contraddisioue.il primo è meritato 
daU'elezione del patriarca , cui ottenne dal clero impie- 
gando la forza e Tastusia, e dalla cunfess ione che fa della 
indegnità deircletto , il secondo dal racconto eh* fa di 
parecchie azioni del prelato, eh* smentiscono l’idea che 
ne dà la .storia. 


Diàiìized by CjOOgl» 



1 I B B O CT».' '♦GS 

ppt numero amici e dei loro mezzi ; tal 

niifuero non farà die ricre»cere; e la presenza 
dì Cantacuzeno, il quale oon ritornerà egli so- 
lo, consumerà la rovine dello stato. Termina il 
discorso pregaudo la principessa di ascoltare 
Asan, nel quale oon si poteva supporre la in- 
tenzione di far capitar male il genero suo eoo 
calunnie, e d' immergere la sua propria figlia 
nella disperazione. Gli argomenti di Asan ave- 
vano, uopo è convenirne, ona irresistibile for- 
za, perchè il buon esito della supposta congiu- 
ra lo collocava nel primo grado col fame im- 
peratrice la figlia: sacrificava adunque, denun- 
ziando il genero , il suo proprio interesse a 
quello dello stato. Sr servi del rifiuto che Can- 
tacuzeno' avea fatto alla principessa intorno al 
matrimonio tra sua figlia e Giovanni Puleologo 
e da tal rifiuto lilrasse una prova delle sue 
cattive intenzioni verso li giovine principe (t). 
L'^attaccamenlo di Asan doveva sembrare tanto 
più grande, che il secolo , in cui si vedevano 
atti di tal natura, era trascorso da lunga pez- 
za, e la seconda Roma (2) nou ne .aveva pre- 
sentato nessun esempio.' 1 costunai del tempo 

(<) Ama meglio di essere imperatore che di avere un 
genero che lo sia. Tali sono le espressioni rapportate da 
Cantacuzeno. 

(2) Così cbiamavasi Cosiantinopoli. < 

Is-iicau r. xy. P. I. 10 



^70 GIOTAXim PA&EOlinOO. '■ 

rd il carattere dei Greci lendevnnn poco cre- 
dibile un éi grande eccesco 'di tirtù. Lu posi- 
zione^di Àsai> e le relazioni eh’ egli aveVa con 
suo genero giustibcavaoo .queèto compiotauien- 
fe, « doreatio far couchiudere eh* ei nonai di- 
chiarara contro Caotacozeuo se non sé perché 
non aspettava niente da luì , e scorgeva più 
vantaggioso il mettersi nei numero dei con- 
giurati. Ma coleste riflessioni non^ si possono 
l'sre che dopo 1’ avveuimeoto ; e i’ imperatrice 
per difendere il reggente aveva soltanto la sti- 
ma che gii portava,' e che da gran tempo ve- 
niva alterata con ripetuti attacchi. 

La principessa che, a detta dì Gantaenzeno, 
noo poteva nè credere ciò che te sembrava in- 
credibile, nè ricusar di credere ciò che le af- 
fermavano tante persone degne di fede, ahban- 
dobandosi ai più vivo dolore, pretesi cielo in 
testimonio dalla purezza delie sue intenzioni, e 
rimise i suoi interessi e quelli de’ suoi Agli 
nelle mani del patriarca e di Asan, lasciandoli 
padroni di deliberare sulle misure dettate dal- 
la prudenza e dalla sicurezza dello stato. Non 
appena fu dato il consenso, che i congiurati 
fecero guardare a vista la madre del maggior- 
doiho, Andronico suo Aglio, la moglie di Mat- 
teo suo primogenito, i quali tutti e tre allora 
erano in Costantinopoli. Apocauco fu creato 
governatore di questa capitale. Ben presumen- 


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1 I B n o cvt. 4 71 

do che dorerebbe faiìca<e farsi abbìdìre dulie 
persone die formavano le classi superiori del 
popolo, egli avvisò che fosse d'uopo incornine 
dare duir allerirle, e per conseguente dall’ar* 
mare il popolo e concitarlo. Questo in breve 
si raduna, va alla casa di Cantacuteno per sac- 
cheggiarla ed adeguarla al suolo : ma fattasi 
vedere la madie dei reggente da un terrario 
pei inlòrrnaisi di ciò che veniva richiesto , la 
veduta di quella donna rispettabile mandò ia 
dileguo ia folla. Allora il nuovo . governatore 
voltò il suo furore contro gli amici ed i par- 
tigiani del maggiordorno. Gli uni furono arre- 
stati, gli altri fuggirono per la piccola porta 
di Poi Rrogenito ; essi erano al numero di 
quarantadue, e condotti da Apelmeno, intrin- 
seco amico del reggente. Questi ultimi usciti 
di città mandarono all’ imperatore come depu- 
tati Niceforo Gaiitacnzeno, cugino del maggior- 
domo, e Giovanni Gabala , che non si era per 

anche dichiarato. Tuttadue erano incaricati di 

/ 

scusare presso la principessa la loro uscita 
dalla capitale, offerendo di toste rientrarvi, pnr- 
ebè fossero assicuruti che niente aveaiio a te- 
mere. Gabala, unKÌchè sdebitarsi della sua com- 
inissìone , biasimò la condotta di quelli che 
gliel’ avevano data, accusò il reggente ripeten- 
do lo accuse de’ congiurati, e si uni al patriar- 
ca. La impcialrice, per rimunerarlo, fecelo 


172 GIOtAfini PAIEOLOGO. 

protosebaste, e più lardi gran lagùteta^ Nìcefo* 
ro fu posto in prigione. 1 beni degli assenti 
furono saccheggiati^ a alcune case deiuoUte. I 
fuggitivi, non sì tosto intesero la perfidia di 
Gabala, scorgendo non esservi più spetanAa di 
salvezza per essi rientrando nella ci|pitale , si 
recarono, a Didimotica presso il reggente^ «gli 
narrarono ciò oh* era avvenuto. Egli sulle pri> 
me ricusò di credere^ tanto gli sembrava io- 
verisimiie il cambiamento della imperatrice; e 
avvisando eh’ essi, dopo averla disgnsUta, aves» 
cerò inventato alcuna favola per discolparsi , 
disponevasi a congedarli, quando la nuova^ sul- 
la quale egli era perplesso , fu confermata da 
parecchi successivamente arrivati da Costanti* 
nopolì. Prima di appigliarsi al par;tito richia- 
bU> dalla prudenza e dall’interesse della sua 
conservazione, tenne di dover adoperare tu Ili i 
mezzi per iscansare la guerra civije , e perciò 
mandar deputati . alla imperatrice. Trascelse 
Caura ^ superiore di un monastero , e ch’ era 
salito in grido per la sua avvedutezza, la pra- 
tica che aveva del mondo,, e le sue virtù. Lo 
fece, accompagnare da Sguropolo , il più intel- 
ligente ed il più ben affetto de* sool domestici. 
Eran dessi mandati ad attestare la di lui in- 
nocenza, a pregare la imperatrice di mantener 
la promessa che fatta gli aveva di no» m«i 
condannarlo senza udirlo, a dimaDdailc uo tii« 


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i I B * o evi. 473 

l)UM«iile e <le ’ {^iimIicì. Noi» appena arrivarono a 
Selivrt-n, che ale uni sei vi tli Apocnuco s’ iin- 
i)d li» uni SI Olio de’ loro cavalli, do' loro effeUi , e 

t ^ ^ 

Il meltono in prigione. La nuova di tale oltrag- 
gio muove <» sdegno tutta Didiaiotìca. Si vuo- 
le dar di piglio alle armi , andar a liberare, i 
prigionieri, e vendicare la ingiuria. Cantueuie- 
iio duro fatica a calmare gli animi , e non ne 
venne a capo che facendo conoscere che era 
stato violato il diritto delle nazioni senza sa- 
puta della imperatrice. 

Di falli Anna, inteso appena 1’ avvenimento , 
si inostiò adirata, fece restituire ai due invia- 
li ciò che loro era stalo, tolto, e diede ordine 
preciso di condurli alla sua presenza. Quando 
le furono innanzi , esposero il soggetto della 
loro imbasciata, ditnatidando giudici per Gan- 
tacuzeno, e offerendosi eglino stessi in cauzio- 
ne della di lui esattezza a comparire» li silen- 
zio del consiglio provava che non si potevano 
lifiutare coleste proposte, quando il solo Apo- 
c.iuco si alzò in piedi. Conoscendo egli il pe- 
licelo, cui gli faceva correre siffatto procedere, 
che avrebbe manifestato ia sua impostura ed i 
suoi divisainenli, fa cenno colla mano' di voler 
parlare; e quantunque 1’ uso ed il rispellu lo 
obbligassero a chiederne la permissione alla 
impeialiice, incominciò dal vomitale mille in- 
giurie contro il leggente, chiamandolo furbo, 

10 * 


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GlOVànm P&LKOLOGO. 

spergìut'o , e tentando d’ iul'amai'lo con altre 
parole ancora più scoiicte- e più pungenti (4). 
Besi ardili <da quel lioguaggio i Mtoi partigia- 
ni si heftuno dei due ninbasciatori , i quali , 
dopo essere stuli il zimbello de’ loro motleg- 
gìaiuenli, sono di nuovo ricondotti in prigione. 
Tale scena fu rappreseulala dinanzi alla impe- 
ratrice, quale non dando alcun segno di biasi- 
mo o di appi ovazione , sembrava straniera alt* 
oggetto dell’ assemblea , o eh’ ella conoscesse , 
ina troppo lardi, di non essere più padrona, <> 
dividesse i senlinienli dei congiurati coiitra 
Gantacuzano. Apocauco, autorizzalo da quel si- 
lentio^ non si tenne più in treno. Si raddoppia 
la guardia della madre e «lei tìgli del leggen- 
te; ’si ta scrivere lettere circolari al giovine im- 
peratore per proibire ai suoi sudditi di dure 
asilo al maggiordomo. Caplacuzeno è diebiara- 
lo trudilore della patria, ed è dato rordiue di 
arrestarlo, o di cornbatlerlo, se resìste. 

Cantacuzeno, comecbè iolorrnalo di tali cir- 
costanze, sempre fedele al »uo sistema, sempre 
indogitttore, non volle operare se non quando 
fa spirato il termine da lui stesso assegnalo al 
ritorno de’ suoi inviali. La imperatrice gli spedi 
1’ uiliziale Siraqe con una lettera , in cui gli 

(I) EsjiveBsioDÌ di Canlacuzeiio 1.3. c. 23, Iradutione di 
CcÀisio. I 


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LIBRO evi. ^'y5 

proibiva <.!’ ini in ischi orsi negli afTari pubblipt , 
<li uscire <l« Didimotica , c di comandare le 
truppe, dicendo che. non gli adduceva il moti- 
vo di tal divieto , perchè giè lo sapiebbe li a 
tìOn mollo ^col pubblico. Apocauco aveva seni - 

10 dal canto suo una lelleia oUraggiosa, ma la 
principessa non volle che tosse mandala, e non 
1' ottenne che assai dilliciliueute , e valendosi 
della sua autorità. 

1 partigiani di Cantacuzeno , in leggendo la 
lettera della imperatrice, fremettero d’indigna- 
zione, e proposero di dar di piglio alle. armi. 

11 leggente ne fece consulta. In un discoiso 
lunghissimo rammemorò i suoi servigi, e pro- 
testando che la guerra civile lo inorridiva , e- 
«presse il desiderio di abbandonarsi all’ impe- 
ratrice per iscàosare un U>>gcllo sì grande. 1 
suoi partigiani risposero che tal passo non lo 
impedirebbe , perocché soltanto osgiourerebhe 
l’autorità suprema al più vile, ai- più sprege- 
vole degli uomini, e non vorrebbe nessuno di 
loro soggettarsi egli ordini di Apocauco. Tutti 
dichiarai ooo che piuttosto chiamerebbero m 
loro soccorso il re de’ bulgari , od il cialo di 
Servia , per rilasciare ad uno dt e^si principi 
le provincie , di cui orano governatori , o le 
piazze nelle quali comandavano. Terrninaror.o 
esortandolo a indossarsi i segni del.ht imperiale 
dignità per adempiere alle inleuzjoiii o pini- 


GIOVAMHI PALEOtOGO. 

. • / 

tusto agii oifdiQÌ di Andronico ■, il quale nel 
rorso della sua vita lo avea voluto associare al- 
1’ impero, e negli ultimi istanti gli prescrisse , 
per la salvezza dello astato , di stringere le re- 
dini dei governo. Non sembrando gli amici del 
reggente pi^hevoli nella presa risoluzione , 
Clantacuzeno trovò il loro consiglio ragionevole 
r giusto^ e intanto ebbe. Parìa nel discorso, di 
dare al suo consenso tutti i caratteri della ras- 
segnazione; Fece intendere che il buon esito 
delia causa dipendeva dall' essere tutti dello 
stesso sentimento, e pregò^ quelli che ne aves- 
sero uno diverso intorno al partito obesi pren- 
deva, di manifestarlo con franchezza e di riti- 
rarsi ^ finalmente avvertì che stabilirebbe un 
buon ordine, una disciplina severa, e ebe quel- 
li i quali, non vi si acconciando , saccheggias- 
sero o inquietassero i cittadini, sarebbero con 
rigore castigali. 

Cantacuzeno, nelle disposizioni che avea pre- 
se per la guerra d' Occidente, s* era fatto pre- 
cedere da >^ppe stipendiate , che lo arpetla- 
V’ano in Galcidila, città di Tracia, sotto gli or- 
dini di Matteo, il primogenito de'suoi figli. Le 
fece venire a Didimotica per assistere alla sna 
incoronazione. Mandò sna moglie alla fortezza 
di Berea per mettere in libertà i due suoi 
fiatelH che vi erano detenuti. Così d' una ma- 
niera inaspettaU ebbero compimento i voti di 


Dit r- "' by 


LIBRO evi. i'n 

Asan. Il reggente mbinjò banJi mlle ciuà òi 
Trac!» e di Macedonia per farvi |•icol»osc''| e 
son autorità, congiuntamente a lettere parti- 
colari Indiritte ni comandanti. Queste lellei*i 
« questi bandi furono ricevuti da alcuni coiv 
rispetto e intenzione di ubbidire, e da altri 
con sentimenti contrarj. Essendosi gli ageull 
di ÀpocHuco abbattuti in Hlcuni di coloro ciir^ 
li recavano^ gli arrestarono, « li mandarono in 
ceppi a Costantinopoli. I congiurati eran ebbri 
di gioja per .avere in mano le pruove della ri- 
bellione del maggiordomo. Le rimisero alla im- 
peratrice dopo averle pubblicate. La imperatri- 
ce mandò lati lettere aliai' madre di Cantacu- 
zeno per convincerla del dejilto di suo fìgbu. 
Ella , dotata di una gran fermezza di carattere, 
rispose che sarebbe necessario convincere Can- 
tacuzeno,r e avcoltarlo nel tempo delle accuse; 
che se si osservasse tal condotta, la in^peratrir 
ce scanserebbe molti mali; che avendo quella 
donna non poche pruove del|a ingiustizia del 
g<»verno che la trattava sì male, rinserrandola 
nella stessa sua casa, e' violando il iiii;itlo del- 
la genti verso gl' inviati di suo figlio, egli 'sa- 
rebbe ridotto alle strette; 6nalrnente ch’ella 
credeva di dare un buon consiglio rammentan- 
do che le qualità, la esperienza ed i talenti di 
Can!ft^u^eno dovevano far ben riflettere sul 
pattilo cittì si pi cadeva verso un uoutu. tiiclt- 





^178 OIOVikNNl PATOLOGO. 

nato più ai (uale che al bene. Per- ricompensa 
della sna sincerità fu tratta dallo sua casa per 
raettei la in prigione oeir interno del palazzo , 
(iaceheggiandòue gli effetti lùobiiif e coiifìscan- 
done i beni. 

Quando furono in pronto gli ornamenti im- 
periali, si fissò il giorno 26 ottobre per la in- 
coronazione. Ecco il racconto che ne fa Can- 
tacuzeno (f). -« Tutti quei eh’ erano in'Didt- 
<> motica, di qualunque condizione si fossero , 
« si affollarono dinanzi al palazzo del nuovo 
« imperatore. Ivi egli priinierauiente si pose tn- 
« dosso la toga imperiale alla presenza dell'a^ 
« duoanza. Prese poscia i borzacchini di por- 
« pora. I suoi parenti gli calzarouo il piè dé- 
« atro; ì principali dei I<atini stipendiali gli 
« calzarono il sinistro. Egli stesso prese il ber- 
« retto eh’ era stato posto a piè della Madre 
« di Dio, e se lo mise io testa. Quando fn ve- 
« stilo in tal foggia , ihctìininciaruno 1’ accia* 
« inazione quelli , a coi spettava tal carico. 
.« Furono primiei amante acclamati Anna la 
« im pelatrice, è Giovanni suo figlio I’ impera- 
« loie, e dopo di essi Giovanni Caiilacuzeoo , 
a e Irene sua moglie. Si osservò lo stesso or- 
« dine recitando i loro nomi nelle pubbliche 

(i) Storia d»-gl’Iniperatori Andronico s Giovanni Pa- 
leufogo, per OuUcuzeno 1. S. c. 27. ' - -t 


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» I R II O CTI. 

* preghierp, e si fece par anche menzione di 
« qnello di Giovanni patriarca di Costantino- 
« poli. Dopo l’acclamazione, l’imperatore scor- 
« tato da tutta là corte andò a far orazione 
« nella chiesa di san Giorgio , soprannomato 
« Palencastriano. Ivi diede 1’ ordine della ca- 
« valleria ad alcuni Latini. Ritornato al palaz- 
« zo , pranzò coll' imperatrice sua moglie al 
a cospetto di tutta la corte. Giovanni ed Em- 

• manuele, fratelli della imperatrice , e Gio- 
« vanni Angelo, cugino dell’Imperatóre, li, 
« servirono a tavola. Nel giorno susseguente si 
« ripigliò la gramaglia per la morte di Au- 
« dronìco. » (l) 



-> . I 

' = * J ‘ " j 

’ (t) Questa gramaglia si'poriava di color bianco. Il rac- , 
conto di Cantacuzeno, secondo il testo, può ammettere al- 
cune osservaziooi. A principio egli - non parla di se che 
servendosi del titolo d* imperatore: poi si fa nominare ul- 
timo nRll’acclamazione, e COSI riconosce l’ Imperatrice An- 
na e Giovanni Paleologo. Con' tal ordine riviver faceva il 
diritto che'' avea ricevuto da Andronico, il cui volere, a 
detta di Cantacuzeno, .era di assncciarlo aU'impero. I due 
figli di Asan rimasero con lui, ed il rnultamento della 
odiosa condotta del padre fu di vedere i suoi figli nel 
partito di uno eh' ei forzava alla ribellione: e sulla teste 
di sua figlia la corona cni avea fatto vista di rigettare de- 
nunziando il genero, e cui nou avrebbe Irei e avuto ^iam-«> 
mai, se il principe Asan fosse restalo fedele a Canlaau* 
xeno. 


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w tu . *ir>I PAlEotOGO. 

AIcnoR circostanze assai ■ particoUrizzate In 
Sf> stesse, ma aJle qnaTi lo spiritò del tempo e 
la mania d’ interpretare 'e di cercar presagi 
procacciavano una grande importanza, agitaro- 
no I’ animo di Gantacuzeno. Tra gli abiti che 
prese nel giorno della ceremonis', la veste' di 
sotto si trovò troppo stretta , e largbissini» 
quella che le era soprapposta ; un passo -del 
Vangelo del giorno annunziava agli Apostoli* 
persecuzioni e tradimenti. Se ne fece I’ appli-> 
cazione al nuovo imperatore; nella.-- veste trop- 
po stretta si vide un cattivo augurio , invece 
di scorgervi la rozzezza del sarto. Cantacazeno 
mandò a couso Itare il vescovo di Didimotica , 
il quale passava per on prelato dotto e virtuo- 
so: rna «‘gli era disgustato perchè nella incoro- 
nazione si aveft fatto a meno del suo interven- 
to. Rispose che non era co.sa' giusta il ricor- 
rere a lui per atfari già fatti ; che- quegli il 
quale ave» mangiato 6chi verdi, per necessità 
no doveva avere le labbra enBate ; gli ricordò 
1’ avvertimento che gii avea dato un giorno di 
non fidarsi di Apocauco , e la risposta che ri- 
cevette da Cantacazeno, che può un ovo contro 
una pietra? Nulladimeno il vescovo raddolcì le 
sue rimostranze predicendogli il successo della 
sua impresa , ma dopo molte difiicollà e osta- 
coli . 

' Caatacazeiio , avendo i’ animo più tranquU- 


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LIBRO CTI., . 

lo, si apparecchiò, alla guerra, e cominciò d-<l' 
1’ organizzare l’esercito. Ne fece adunare gli 
uiTiziali, e (juelli eh’ erano insigniti eli alcuna 
tlignità. Li chiari nuovamente della purezza 
delle sue intenzioni, prese il cielo in lestiiuo- 
nio della necessità in cui era di pigliare le ar- 
ine per sua difesa. Li ringraziò del loro zel>> , 
richiese che quelli i quali aveano la famiglia 
nelle città uitniche vi ritornassero , non volen- 
do che il loro affetto cagionasse la disgrazia 
e la ruina dei 6gli e delle mogli loro. Fece 
in appresso pagare le truppe , aggiungendo « 
loro imprestilo una gratiffcazioiie, e noo riten- 
ne presso di se die quelli i quali non erano 
ammogliati. Formò sedici coorti , di cui diede 
il comando a’ suoi due cognati Emmanuele e 
Giovanni, che dovevano prender posto ne’ din- 
torni di Costantinopoli, ed osteggiare sulle ri- 
ve del fìume Mela per impedire le sortite deL 
la guarnigione. Riservò a se stesso la cura di 
far dichiarare in suo favore Perinlo e Sellvrea, 
che volevano rimanere neutrali , e non ricono- 
scere nessuno dei due imperatori. Era impor- 
tante il possesso di Àndriuopoli. I princip»lt 
abitanti ricevettero con gioja le lettere di Cau- 
tacuzeno ; ma la plebaglia , eccitata d«i due 
artefici Brano e Francopulo, colse la occasione 
di saccheggiare i ricchi, rinserrarli in una tor- 
re, e portarsi agli ultimi eccessi. Fu questa la 

11 * 


'182 GIOVANNI PALEOLOCO. 

prinxA scintilln di an incendio , die mise a 
fooco e a fiamme tutte le città di Tracia e di 
Macedonia, di cui In popolazione fu, divisa sin 
cl’ allora in doe partiti, 1' uno in favore , P al- 
tro contro di Cantacuzeno. In tutte il clero Io 
combatteva con iscomunlche e libelli. Da tutti 
i lati, le persone che niente uveaoo coglievano 
il destro di saccheggiare gli altri. A tal pro- 
posito egli medesimo osserva che sembra es- 
servi maggiore probità in tempo di pace che 
in tempo di guerra, perchè il primo tempo non 
somministra T occasione di far male. 


Fine della Parte l, del Tomo Xf^ > 


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f-t ti ZO^ Z3 

Diarj.: .